Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2016, n. 3368

Agevolazioni fiscali - Esclusa l'agevolazione prima casa - Cantina di lusso per dimensioni e abitabile malgrado adibita a studio professionale

 

Considerato in fatto

 

Flavio W.C. propose opposizione avverso gli avvisi di liquidazione con i quali l’Agenzia delle Entrate ebbe a revocare l’agevolazione per l’acquisto di prima casa sul presupposto che la superficie utile complessiva fosse superiore a 240 mq e che l’area pertinenziale fosse oltre sei volte l’area coperta.

La Commissione Tributaria Provinciale accolse il ricorso ma la decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, è stata integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza indicata in epigrafe.

In particolare, il Giudice di appello, premesso che il motivo del contendere era costituito dalla valutazione di una porzione di fabbricato che il contribuente riteneva doversi escludere dal computo metrico, trattandosi di scantinato, riteneva che l’Ufficio avesse dimostrato che tale porzione di fabbricato, adibita a studio professionale, aveva tutte le caratteristiche per essere classificata utilizzabile a scopo abitativo. Egualmente per l’area esterna, la Commissione regionale riteneva non solo che la superficie fosse superiore a sei volte l’area coperta ma anche che il fatto che la destinazione fosse stata definita agricola non ineriva alla pertinenzialità all’abitazione.

Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle partili ricorrente ha depositato memoria.

 

Ritenuto in diritto

 

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis della tariffa parte prima allegata al d.p.r. n. 131/86 e dell’art. 6 del d.m. 2/08/1969, nonché dell’art. 2697 c.c. laddove la Commissione tributaria regionale, invertendo l’onere probatorio, aveva ritenuto che il locale cantina fosse computabile ai fini della determinazione della superficie utile a qualificare l’abitazione di lusso e che gravasse sul contribuente provare che al momento dell’acquisto la situazione fosse diversa da quella accertata.

2. Con il secondo motivo - rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis della tariffa parte prima allegata al d.p.r. n. 131/86 e dell’art. 5 del d.m. 2/08/1969 - il ricorrente rileva la superfluità della questione dibattuta in giudizio circa la rilevanza dell'area esterna avente natura agricola, in quanto il citato art. 5 non era, comunque, applicabile, avendo l’immobile, esclusa la porzione di cantina al piano terra di cui al primo mezzo, una superficie di mq. 193.

2. Il primo motivo è infondato con conseguente assorbimento del secondo.

In materia l'orientamento di questa Corte è, ormai, consolidato nel senso di ritenere che "in tema di imposta di registro, per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall'agevolazione per l'acquisto della "prima casa", di cui all'art. 1, terzo comma, Parte prima. Tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, occorre fare riferimento alla nozione di "superficie utile complessiva" di cui all'art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, in forza del quale è irrilevante il requisito dell’ "abitabilità" dell'immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello dell' "utilizzabilità" degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere "lussuoso" di una abitazione". (cfr., tra le altre, Cass. n. 25674 del 15/11/2013 la quale ha ritenuto legittima la revoca del beneficio ove, mediante un semplice intervento edilizio, possa computarsi nella superficie "utile" un vano deposito di un immobile (nella specie, in concreto non abitabile perché non conforme ai parametri aero- illuminanti previsti dal regolamento edilizio), assumendo rilievo - in coerenza con l'apprezzamento dello stesso mercato immobiliare - la marcata potenzialità abitativa dello stesso; ed in termini v. anche Cass. n.ri 10807/2012; 22279/2011 e di recente, con riguardo a fattispecie similare all'odierna, Cass. n. 9529/2015 la quale, alla luce dei superiori principi, ha statuito che, al fine di stabilire il carattere di lusso dell'immobile, anche l'ambiente strettamente adibito a cantina, ovvero a soffitta, costituisce comunque elemento da comprendere invece nel calcolo della superficie complessiva, da considerare come facente parte di "casa di lusso", allorquando, in concreto, esse siano strutturate in modo tale da essere abitabili, sì da perderne la tipica caratteristica). E’, altresì, principio espresso da questa Corte quello per cui, a fronte dell’irrilevanza del mero dato catastale, grava sul contribuente l’onere di provare, tramite idonea documentazione tecnica, che i vani in questione non erano utilizzabili a scopo abitativo (cfr. Cass. 21553/2011).

Ciò posto, nella specie, il ricorrente sostiene di avere fornito detta prova, tramite produzione fotografica sin con il ricorso introduttivo, laddove la controricorrente deduce (ribadendo quanto già rilevato in atto di appello) l’irrilevanza di detta documentazione, in quanto dalle schede catastali in atti, presentate dallo stesso contribuente, il locale, già all’atto di acquisto, possedeva le seguenti caratteristiche: collocazione al piano terra, altezza media di 2,70 m., dotato di ampie superfici aero illuminanti, con la conseguenza che il sopralluogo, pur se eseguito a quattro anni di distanza dall’acquisto, avvalorato dalle risultanze catastali costituiva una mera conferma della situazione di fatto esistente al 2008, essendo stata chiesto un mero cambio di "destinazione di uso".

3. Così ricostruiti i termini fattuali della vicenda processuale, deve essere osservato che la qualificazione di uno spazio non abitabile, p.es. una cantina, spazio di cui l'art. 6, D.M. cit. non tiene conto ai fini della determinazione della superficie, è questione di fatto che non implica un errar in iudicando e che può essere, pertanto, denunciata esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 4178 del 2007). Nel caso, in esame, a prescindere dall’erronea, in diritto, attribuzione dell’onere probatorio (peraltro, ininfluente, per quanto si è sopra detto), con il ricorso, oltre a dare per pacifici in atti fatti che tali non sono (come sopra esposto), non si censura, in alcun modo, l’accertamento compiuto dal Giudice di merito il quale, oltre a rilevare che tale porzione di immobile era stata adibita a studio professionale, ha evidenziato, con accertamento non attinto dal ricorso, che la stessa possedeva tutte le caratteristiche aero illuminanti, posta fuori terra e di altezza di mt. 2.40, per essere classificata ed utilizzabile a scopo abitativo.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, soccombente, alle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

5. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell'Agenzia delle Entrate delle spese di questo giudizio, liquidate in complessivi euro 1.800 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 131.