Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE NOVARA - Ordinanza 01 dicembre 2015

Imposte e tasse - Regime fiscale degli immobili di interesse storico o artistico - Riconduzione alla tassazione ordinaria dei fabbricati, con riduzione forfetaria del reddito locativo elevata al 35 per cento - Art. 4, co. 5-quater e 5-sexies, lett. a), D.L. n. 16/2012 - Art. 37, co. 4-bis, DPR n. 917/1986 - Questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3, 9 comma 2, e 53 della Costituzione

 

Fatto e svolgimento del rapporto contenzioso

 

 Il ricorrente F.V. impugna il rifiuto tacito dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Novara, all'Istanza di rimborso dei versamenti effettuati a titolo di IRPEF e addizionale per l'anno d'imposta 2013 lamentando l'incostituzionalità della disciplina impositiva relativa agli immobili di interesse storico e artistico ex legge n. 1089/1939, oggi d.lgs. n. 42/2004, così come applicata all'immobile di proprietà dello stesso sito in Verona, come modificata dalla legge n. 44/2012 di conversione del d.l. n. 16/2012, che ha ricondotto alla tassazione ordinaria degli immobili di interesse storico ed artistico alla tassazione ordinaria ex art. 37, comma 4-bis, d.P.R. n. 917/1986.

 Resiste l'Ufficio sostenendo, in punto diritto al rimborso, che il diniego è pacificamente avvenuto in applicazione di una norma di legge in vigore per il periodo d'imposta considerato e che, al riguardo, né l'Ufficio né questa CTP possono disporne la disapplicazione o concedere un rimborso contra legem. All'udienza del 5 maggio 2015, questa Commissione, preso atto che per analogo ricorso dello stesso ricorrente relativo alla annualità precedente (annualità 2012) questa la sezione sesta di questa Commissione aveva sospeso il giudizio rinviando a nuovo in attesa della sentenza della Corte costituzionale, provvedeva a sospendere anche il presente giudizio (annualità 2013).

 La Corte costituzionale con sentenza n. 145/2015 del 10 giugno 2015 dichiarava non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente.

 Con propria memoria illustrativa depositata in data 21 luglio 2015 parte ricorrente insiste chiedendo a questa Commissione di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per sollevare questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3-9, comma secondo - 53, dell'articolo 4, commi 5-quater, 5-sexies, lettera a), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44.

 Letti gli atti, sentite le parti come da separato Processo Verbale di Seduta, udito il Relatore dott. L.M. questo Collegio

 

Osserva

 

 La Commissione Tributaria di Novara con Ordinanza n. 502/06/14 del 30 settembre 2014 rinviava gli atti alla Corte costituzionale ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge n. 44 del 26 aprile 2012, di conversione con modificazioni del d.l. 2 marzo 2012, n. 6 (ndr d.l. 2 marzo 2012, n. 16), nella parte in cui ha inserito all'art. 4 di quest'ultimo i commi 5-quater, 5-sexies e 5-septies, in riferimento all'art. 77, secondo comma, della Costituzione, per difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle di cui ai commi medesimi.

 Ed è proprio su tale questione sollevata dalla predetta Ordinanza della CTP di Novara che la Corte costituzionale ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale eccepita.

 Senonché, parte ricorrente evidenzia, con propria memoria illustrativa, come dall'esame puntuale del dispositivo della suddetta sentenza della Corte costituzionale assumano particolare rilevanza le altre eccezioni, pure sollevate nel ricorso principale, di incostituzionalità del d.l. n. 16/2012 per contrasto dell'art. 4, commi 5-quater, 5-sexies e 5-septies con gli articoli della Costituzione:

 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

 E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

 9, comma 2: la Repubblica ... «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

 Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

 Dalla lettura delle considerazioni di diritto espresse dalla Corte risulta infatti che la stessa abbia rilevato come:

 punto 2: «... occorre evidenziare come le norme censurate abbiano sostituito il regime fiscale degli immobili di interesse storico o artistico previsto dall'art. 11, comma 2, della legge n. 413/1991 (...) secondo cui "In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 1089/1939, e successive modificazioni e integrazioni (ora in base all'art. 10 del d.lgs. n. 42/2004, recante "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 137/2002), è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.

 Sino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2011 per tutti gli immobili di interesse storico o artistico ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. n. 42 del 2004 - ... - il regime d'imposizione fiscale risultava completamente scollegato dal valore locativo o fondiario dell'immobile, ...

 L'art. 4 del d.l. n. 16 del 2012 - come integrato in sede di conversione - ha ridisegnato il peculiare regime fiscale degli immobili vincolati. Tale disposizione, abrogando l'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 413 del 1991 (art. 4, comma 5- quater), ha eliminato la possibilità di determinare il reddito imponibile secondo il criterio della rendita figurativa, in cui era irrilevante il canone di locazione, ed ha al contempo statuito con riferimento agli immobili di interesse storico o artistico non posseduti in regime di impresa e locati (art. 4, comma 5-sexies, lettera a)) ipotesi che si attaglia al caso oggetto del giudizio principale - che il reddito imponibile ai fini IRPEF sia rappresentato dal maggiore fra il canone di locazione ridotto del trentacinque per cento e la rendita catastale rivalutata del cinque percento calcolata applicando la tariffa d'estimo propria dell'immobile.

 In tal modo, dal periodo d'imposta 2012 (art. 4, comma 5-septies), il beneficio fiscale accordato risulta notevolmente ridimensionato e, rispetto al regime degli immobili non vincolati, la differenza si rinviene solo nella maggiore riduzione forfettaria del canone di raffronto, ordinariamente stabilita nel quindici per cento, portato al cinque per cento dal 2013.

 Alla luce della ricostruzione normativa che precede, si evince come le norme censurate abbiano sostituito il regime fiscale speciale antecedentemente previsto per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico con uno meramente agevolato». Da quanto sopra, parte ricorrente sostiene come la Corte stessa avrebbe sottolineato l'inadeguatezza della tassazione ai sensi del citato comma 5-sexies degli immobili vincolati, in raffronto al peculiare regime fiscale precedente di cui all'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 413/1991, rispetto al quale era stata sollevata a suo tempo questione di legittimità costituzionale per contrasto con l'art. 53 della Costituzione, questione giudicata dalla Corte manifestamente infondata, proprio in considerazione "dell'obiettiva difficoltà di ricavare per gli immobili di cui si tratta dal reddito locativo il reddito effettivo, per la forte incidenza dei costi di manutenzione e conservazione di tali beni" (Corte costituzionale, sentenza n. 346/2003).

 Con la stessa sentenza n. 346/2003, inoltre, la Corte avrebbe anche "... escluso la comparabilità della disciplina fiscale degli immobili di interesse storico o artistico con quella degli altri immobili ... in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall'art. 9, comma secondo, della Costituzione».

 Alla luce di quanto sopra questo Collegio giudica le eccezioni di parte meritevoli di accoglimento. Di fatto:

 1) Il Trattato sull'Unione europea, Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea, (art. 3, comma 3) stabilisce che:

 «L'Europa vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del Patrimonio Culturale Europeo».

 2) La Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio architettonico d'Europa (Granada 1985) che all'art. 6, comma 2, prescrive di:

 «... ricorrere all'occorrenza, a misure fiscali suscettibili di favorire la tutela di questo patrimonio».

 3) La Costituzione della Repubblica italiana espressamente prevede (Art. 9, comma 2) che:

 la Repubblica ... «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

 4) il d.lgs. n. 42/2004 recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» (premettendo che «In attuazione dell'art. 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale») espressamente statuisce:

 Fra i «principi» (art. 1, punto 5):

 «I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale sono tenuti a garantirne la conservazione».

 Fra gli obblighi conservativi (art. 30, punto 3):

 «I privati proprietari, possessori o detentori di beniculturali sono tenuti a gestirne la conservazione».

 Ne consegue che, per effetto dei suddetti principi supremi fissati sia dalle prescrizioni dell'Unione europea che dalla Carta Costituzionale italiana e dalle leggi ordinarie in vigore:

 a) Il patrimonio storico e artistico della Nazione deve essere tutelato;

 b) Che la Repubblica italiana si pone carico di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale;

 c) Che, per quanto, concerne lo Stato Italiano, tale tutela viene delegata in quanto posta a carico dei privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale e che, l'inadempienza di tale obbligo comporta la possibilità di incorrere nelle sanzioni penali di cui all'art. 733 c.p. per deterioramento del patrimonio storico o artistico;

 d) Che la tutela può essere attuata facendo ricorso, all'occorrenza, a misure fiscali suscettibili di favorire la tutela di questo patrimonio.

 Orbene, al Giudice Fiscale non resta che valutare se la nuova normativa fiscale introdotta col chiaro intento (così come premesso dalla Relazione Tecnica relativa alla novellata disciplina allegata al disegno di legge -- Atto Senato n. 3184 - XVI legislatura (vedi allegato 6 del ricorso principale)) di provvedere alla «Abrogazione del comma 2, art. 11, legge n. 413 del 1991, al fine di ricondurre gli immobili di interesse storico o artistico alla tassazione prevista per gli altri immobili» col fine di perseguire il solo recupero di gettito di cassa, stante che nella stessa relazione si evidenzia come per effetto della nuova formazione siano recuperabili (per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014) gettiti di maggiore IRPEF di € 15,6 milioni ed IRES di € 43,2 milioni (totali € 58,8 milioni, ad eccezione per l'anno 2012 in cui si prevede il solo acconto, al 99%, per cui si prevedono € 58,2 milioni di maggiore incasso), sia comunque conforme alle norme costituzionali vigenti.

 Dalla suddetta relazione tecnica, inoltre, risulta del tutto evidente come il solo giudizio espresso risulta essere quello formulato in funzione del quantum di maggiore contribuzione ottenibile con la norma in via di approvazione e non di quale possa essere l'impatto circa la salvaguardia del raggiunto equilibrio, attraverso la norma fino ad allora in vigore, fra la debenza tributaria e il ristoro dei costi sostenuti dai privati per la tutela del beni vincolati, che l'art. 9, comma 2, della Costituzione pone a carico della Repubblica.

 A giudizio di questo Collegio infatti, il comma 2 dell'art. 11 della legge n. 413/1991 aveva individuato un corretto equilibrio fra la debenza tributaria connessa agli immobili vincolati e la parte eccedente rappresentata dalla parte del bene oggetto di tutela costituzionalmente garantita e connessa ai maggiori oneri necessari alla conservazione del patrimonio artistico e culturale.

 In tale modo veniva attribuito:

 a) All'una (debenza tributaria) il riferimento al reddito degli immobili determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo relative alla zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato;

 b) All'altra (parte rappresentata dal patrimonio artistico) l'esenzione dall'imposta stante i vincoli e gli oneri posti a carico del possessore del bene per la tutela e conservazione dello stesso.

 Proprio in considerazione «dell'obiettiva difficoltà di ricavare per gli immobili di cui si tratta dal reddito locativo il reddito effettivo, per la forte incidenza dei costi di manutenzione e conservazione di tali beni» la Corte costituzionale con sentenza n. 346/2003 aveva considerato manifestamente infondata l'allora eccezione di incostituzionalità del regime fiscale fissato dall'art. 11, comma 2 del d.lgs. n. 413/1991.

 A maggior ragione, i commi 5-quater e 5 sexies, sostituendo il regime fiscale speciale riservato agli immobili vincolati con uno meramente agevolato (riconducendolo, cioè nel campo della semplice agevolazione), di fatto elimina la distinzione sostanziale fra la categoria degli immobili di interesse storico o artistico (rappresentativa di forze contributive necessariamente minori) e quella degli altri immobili, determinando con ciò una evidente violazione dell'art. 9, comma 2, della Costituzione ponendosi in contrasto con il principio di tutela a carico della Repubblica della tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione.

 Inoltre, a giudizio di questo Collegio, la semplice agevolazione fiscale, che estende agli immobili vincolati locati il criterio della riduzione forfettaria del canone locativo, in ragione delle sole esigenze manutentive (art. 37, comma 4-bis, TUIR 917/1986), omette irragionevolmente di prevedere adeguate misure compensative a fronte «della forte incidenza dei costi di conservazione e restauro e dei pesanti oneri e vincoli limitanti la libera disponibilità di tali beni» (Sentenza Corte costituzionale n. 446/2003), con la conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione quale effetto della evidente disparità di trattamento, in contrasto con il principio dell'uguaglianza ivi sancito, nonché l'ulteriore violazione dell'art. 53 della Costituzione, per violazione del principio della capacità contributiva, in quanto la tassazione del 65% del reddito locativo non trova la sua causa giustificativa in indici concretamente rivelatori di reddito imponibile, non essendo collegata ad una concreta attitudine del presupposto d'imposta alla effettiva produzione del reddito.

 

P.Q.M.

 

Ritiene rilevante e non manifestamente infondata, nei termini e per i motivi sopra illustrati, la questione di legittimità costituzionale della legge n. 44 del 26 aprile 2012, di conversione con modificazioni del D.L. 2 marzo 2012, n. 6 (ndr D.L. 2 marzo 2012, n. 16), nella parte in cui ha inserito all'art. 4 di quest'ultimo i commi 5-quater, 5-sexies, lettera a) in riferimento agli artt. 3, 9 comma 2, e 53 della Costituzione.

 Sospende il giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

 Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 24 febbraio 2016, n. 8