Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 gennaio 2016, n. 1177

Tributi - Agevolazioni fiscali "prima casa" - Abitazione con caratteristiche di lusso - Superficie utile superiore a mq 240 - Risultanze degli atti catastali - Perizia di parte che attesta che lo stabile non supera i 240 mq - Annullamento dell’atto - Contenzioso tributario - Sentenza - Motivazione apparente - Annullamento della decisione con rinvio

 

Svolgimento del processo

 

L’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Busto Arsizio - notificò al sig. G.B.S. avviso di liquidazione col quale recuperava le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute, con applicazione d’interessi e sanzioni, in relazione ad atto stipulato in data 24 maggio 2004, con il quale egli aveva acquistato ad uso di abitazione un immobile sito in Busto Arsizio, più compiutamente descritto in atti, per il quale aveva beneficiato dell’agevolazione c.d. prima casa.

L’Ufficio con detto atto ritenne, infatti, intervenuta la decadenza del contribuente dal beneficio, in ragione del fatto che si trattava d’immobile di lusso, ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, in quanto avente superficie utile superiore a mq 240 (esclusi balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchine).

L’avviso di liquidazione fu impugnato dal contribuente dinanzi alla CTP di Varese, che accolse il ricorso.

Su appello dell’Ufficio, la CTR della Lombardia, con sentenza n. 144/4/09, depositata il 21 ottobre 2009, rigettò il gravame, richiamando succintamente quanto osservato dalla decisione di primo grado, che aveva rilevato che l’Ufficio non aveva dimostrato che l’immobile possiede le caratteristiche di abitazione di lusso previste dall’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, ed osservando che detto rilievo non era stato superato dall’Ufficio con il suo appello.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione sulla base di sei motivi.

L’intimato resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce "nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Costituzione, comma 6, 132 c.p.c. comma secondo, n. 4, 36 D, Lgs. n. 546/1992, comma secondo, n. 4, perché priva di motivazione o con motivazione solo apparente, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.", essendo la sentenza impugnata del tutto priva dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, e comportando l’estrema concisione della motivazione in diritto, che si risolve in un mero rinvio alla decisione di primo grado, l’impossibilità di consentire l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni della decisione.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione ricorrente lamenta ancora la "nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Costituzione, comma 6, 132 c.p.c. comma secondo, n. 4, 36 D. Lgs. n. 546/1992, comma secondo, n. 4, perché priva di motivazione o con motivazione solo per relationem, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c." non consentendo il generico rinvio alla decisione di primo grado di verificare che alla conferma di detta decisione il giudice d’appello sia pervenuto attraverso il vaglio critico dei motivi addotti dall'Ufficio a sostegno dell’appello proposto.

3. Con il terzo motivo la ricorrente Amministrazione deduce "nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4", nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare sullo specifico motivo d’appello con il quale l’Ufficio aveva censurato come viziata la pronuncia di primo grado che si era limitata a pronunciare l’annullamento dell’atto impugnato dal contribuente, sebbene lo stesso fosse idoneo a delimitare nel merito l’oggetto della controversia in ordine alla sussistenza dei requisiti atti a determinare l’attribuzione della natura di lusso dell’immobile in oggetto.

4. Con il quarto motivo, recante analoga rubrica, la censura dell’Amministrazione ricorrente investe la sentenza impugnata nella parte in cui, secondo la ricorrente, la decisione della CTR ha omesso di pronunciare sullo specifico motivo d’appello con il quale si era dedotta l’erroneità della pronuncia di primo grado, che aveva affermato l’insussistenza dei requisiti per l’attribuzione all’immobile della caratteristica di lusso, sebbene fosse stato comprovato che l’immobile aveva superficie utile complessiva superiore a mq 240.

5. Con il quinto motivo, l’Agenzia delle Entrate deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e ss. d.m. 2 agosto 1969, in combinato disposto con gli artt. 1 e ss. Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3", nella parte in cui ha escluso che, nella fattispecie in oggetto, l’immobile per il quale il contribuente aveva beneficiato della cd. agevolazione prima casa, dovesse qualificarsi come di lusso, sebbene l’Agenzia del Territorio, nell’esercizio della sua funzione istituzionale, avesse con nota prot. 4992/06 attestato espressamente che esso risultava in possesso "delle caratteristiche di abitazione di lusso previste dall’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969".

6. Infine, con il sesto ed ultimo motivo, la ricorrente Amministrazione deduce il vizio di "insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso ai fini del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5", non essendo il generico rinvio alla decisione di primo grado minimamente idoneo ad indicare l’iter logico della decisione, che ha trascurato totalmente di esaminare i puntuali elementi di fatto come allegati dall’Amministrazione nell’atto d’appello, corroborati dalla richiamata attestazione dell’Agenzia del Territorio di Varese, che determinava in mq 251,15 la superficie utile dell’unità immobiliare acquistata dal contribuente.

7. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente tra loro, in quanto strettamente connessi.

L’Amministrazione adduce la nullità della sentenza impugnata, perché totalmente priva della motivazione quale elemento strutturale imprescindibile della decisione, in virtù delle norme di diritto richiamate in rubrica, sicché resta assolutamente impossibile ricostruire non solo se alla conferma della decisione di primo grado il giudice d’appello sia pervenuto attraverso un esame critico dei motivi addotti a sostegno del gravame dall’Amministrazione, ma la stessa individuazione del thema decidendum con riferimento al quale la CTR della Lombardia era chiamata ad esprimersi.

I motivi sono fondati e, come tali, meritevoli di accoglimento.

Omessa qualsiasi esposizione, sia pur succinta, dei motivi in fatto, quanto all’individuazione di quanto richiesto dall’Ufficio con l’avviso di liquidazione ed ai motivi d’impugnazione addotti a sostegno del ricorso dinanzi alla CTP, nonché ai motivi di appello, come richiesta dall’art. 36, comma 2° n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, in combinato disposto con l’art. 61 del citato decreto, la sentenza impugnata - dato atto unicamente della produzione di perizia giurata da parte del contribuente, dalla quale sarebbe emerso che lo stabile non superava i 240 mq - quanto all’esposizione dei motivi in diritto si limita a trascrivere, come segue, un passaggio della decisione di primo grado:

"L’ufficio... si è limitato ad affermare che, sebbene l’acquirente avesse dichiarato che l’immobile era destinato ad uso di abitazione non di lusso, dagli atti catastali, risulta che l’immobile ha le caratteristiche di abitazione di lusso previste dall’art. 6 del DM 2.8.1969, senza produrre una descrizione puntuale delle ragioni per cui l’immobile sarebbe da considerare di lusso. Né ha dimostrato che l’immobile possiede le caratteristiche che lo farebbero rientrare, ai sensi della normativa vigente, fra gli immobili di lusso.

Detto rilievo così chiaro dei giudici di primo grado non è stato superato dall’Ufficio con il suo appello".

Appare invero di assoluta evidenza come il succitato passaggio argomentativo si risolva: a) in una motivazione apparente, laddove, riportando uno stralcio della decisione di primo grado, senza che risulti in alcun modo individuato il thema decidendum, la stessa mera trascrizione di quanto osservato dal giudice di primo grado nei termini sopra riportati (cfr. Cass. civ. sez. lav. 8 gennaio 2009, n. 161), non consente di valutare se essa risulti o meno condivisibile e per quali ragioni, l’unica circostanza che può ricavarsi dal riferimento all’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969 essendo quella del fatto che si controverte tra le parti in ordine al calcolo della superficie utile, ma senza alcun riferimento ai vizi addotti dell’atto impositivo dal contribuente, e con un mero generico richiamo agli atti catastali di per sé inidoneo a comprendere se da questi fosse possibile desumere (come ad esempio nel caso di deposito di planimetria catastale) o meno la superficie utile; b) in una motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, che si sostanzia però in una mera acritica adesione al decisum della CTP, giacché, essendo la pronuncia in esame completamente carente nell’illustrazione delle critiche mosse alla sentenza di primo grado e delle considerazioni idonee a superarle, rende impossibile la verifica del se alla condivisione della sentenza impugnata la CTR sia pervenuta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. civ. sez. V 7 agosto 2015, n. 16612; Cass. civ. sez. V 4 giugno 2014, n. 12467).

La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento dei primi due motivi, ciò determinando l’assorbimento dei restanti motivi.

La causa va dunque rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso in relazione ai primi due motivi, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.