Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 gennaio 2016, n. 506

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Azione revocatoria fallimentare - Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie -Pagamento del terzo - Mezzo anomalo ex art. 67, co. 1, n. 2, L.F. - Condizioni

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d'appello di Genova ha respinto l'appello proposto da M.N.V. s.n.c. di R.M. & C. contro la sentenza di primo grado, che, accogliendo la domanda ex art. 67 1 comma n. 2 L. fall. proposta dal Fallimento della E. s.r.I., aveva dichiarato inefficace il pagamento della somma di € 41.609,85 che la società appellante - subappaltatrice di lavori di ristrutturazione e di recupero di immobili commissionati alla società poi fallita, con contratto del 2.6.97 dallo IACP (successivamente trasformato, ai sensi della L.R. n. 9/98, in ARTE, Azienda Territoriale per l'Edilizia) - aveva ricevuto in via diretta dall'ente committente.

La corte territoriale ha in primo luogo escluso che il pagamento potesse ritenersi effettuato da ARTE in forza della fideiussione rilasciata il 28.5.98 dallo IACP ad M.N.V. a garanzia di tutte le obbligazioni assunte da E. nei suoi confronti: ha in proposito rilevato che non solo, secondo quanto eccepito dal Fallimento, la fideiussione era inopponibile alla massa ai sensi dell'art. 2704 c.c., ma che, anche a voler ritenere superata l'eccezione, non v'era alcun elemento istruttorio che consentisse di riferire il pagamento dedotto in giudizio all'adempimento dell'obbligazione fideiussoria.

Ciò premesso, ha affermato che il pagamento in questione era stato effettuato da ARTE in forza dell'art. 21 del capitolato speciale d'appalto, che prevedeva l'obbligo di adempimento del committente in caso di comprovata inadempienza dell'appaltatore, e che, come da essa già ritenuto in fattispecie analoga, era sicuramente revocabile ai sensi dell'art. 67 1 comma n. 2 L. fall., in quanto era pacifico che ARTE avesse esercitato la rivalsa verso E. prima del fallimento, tramite compensazione della somma versata sino a concorrenza del maggior credito vantato dall'appaltatrice nei suoi confronti.

La sentenza, pubblicata il 25.0. 2009, è stata impugnata da M.N.V. s.n.c. con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui il Fallimento di E. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la corte del merito abbia respinto l'eccezione con la quale aveva dedotto che la domanda ex art. 67 II comma L. fall. proposta in via subordinata dal Fallimento nel giudizio di primo grado, e non riproposta in appello, doveva reputarsi abbandonata.

Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto il giudice d'appello non ha mai respinto - né esplicitamente, né implicitamente - l'eccezione, che non aveva alcun motivo di esaminare, in quanto assorbita dal rigetto del gravame proposto da M.N.V. contro la sentenza del giudice di primo grado, che aveva accolto la domanda ex art. 67 1 comma e non anche quella subordinata, limitandosi ad abundantiam a rilevare che anche quest'ultima sarebbe risultata, in ipotesi, fondata, essendovi prova della scientia decoctionis di M.N.V.

La corte territoriale ha, d'altro canto, precisato - nella parte narrativa della sentenza - che il Fallimento aveva concluso unicamente per il rigetto dell'appello, né dalla motivazione che sorregge la decisione risulta che sia scesa all'esame della domanda ex art. 67 II comma non riproposta (ciò che, peraltro, avrebbe comportato un vizio di ultrapetizione della sentenza che la ricorrente non ha denunciato); la corte ha, in contrario, evidenziato come, essendo stata accolta la domanda avanzata ai sensi del 1 comma, le doglianze con le quali M.N.V. lamentava che il primo giudice avesse ritenuto provata in concreto la sua conoscenza dello stato d'insolvenza erano, oltre (e prima ancora) che infondate nel merito, irrilevanti ai fini della decisione.

2) Il secondo motivo investe il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto la fideiussione rilasciata a M.N.V. dallo IACP priva di data certa anteriore al Fallimento. La ricorrente deduce, sotto un primo profilo, che la fideiussione era stata prodotta non già quale fonte di obbligazione negoziale della fallita, ma quale documento atto a provare il fatto storico (il rilascio della garanzia) nel quale trovava titolo il pagamento eseguito da ARTE.

Osserva inoltre che, in ogni caso, l'anteriorità della data della fideiussione rispetto al fallimento era desumibile sia in ragione della provenienza della garanzia da un ente pubblico che, come risultava dal timbro apposto sul documento negoziale, l'aveva regolarmente registrata e protocollata nel 1998, sia in ragione della trasformazione, intervenuta sempre nel '98, dello IACP in ARTE.

2.1)Anche questo motivo va dichiarato inammissibile, per difetto di interesse di M.N.V. a sentir pronunciare su una questione di cui la corte territoriale si è (inutilmente) occupata per poi implicitamente affermarne l'irrilevanza ai fini della decisione, laddove ha accertato che non v'era prova che il pagamento dedotto in giudizio trovasse titolo nella fideiussione mentre, al contrario, risultava che ARTE lo aveva espressamente riferito all'adempimento dell'obbligo assunto in forza dell'art. 21 del contratto d'appalto.

3) Con il terzo motivo M.N.V. deduce la mera apparenza della motivazione posta dalla corte del merito a sostegno del predetto accertamento. Il motivo è inammissibile, al pari di quelli che lo precedono, in quanto si limita a criticare la decisione in via meramente assertiva e non denuncia il travisamento del documento (lettera dirigenziale di ARTE del 12.5.99) sul quale il giudice d'appello ha fondato il proprio convincimento.

4) Con il quarto motivo la ricorrente contesta che il pagamento potesse ritenersi anomalo e fosse revocabile ai sensi del 1 co. n. 2 dell'art. 67 L. fall. Premette al riguardo che la clausola di cui all'art. 21 del capitolato d'appalto prevedeva semplicemente che, nel caso di comprovata inadempienza dell'impresa appaltatrice nei confronti dei subappaltatori, lo IACP avrebbe provveduto direttamente a corrispondere a questi ultimi l'importo dei lavori eseguiti ed osserva che, poiché il capitolato era stato sottoscritto ben prima che si manifestasse l'insolvenza di E., l'intento perseguito dall'ente attraverso l'assunzione di tale impegno non era certo quello di favorire i subappaltori in violazione della par condicio; assume, ancora, che la corte territoriale, limitandosi a rilevare che il pagamento era assoggettabile a revocatoria ai sensi del 1 comma n. 2 dell'art. 67 L. fall. in quanto lo IACP, pur avendolo effettuato con denaro proprio, aveva successivamente esercitato la rivalsa nei confronti di E., avrebbe omesso di pronunciare sulla questione che le era stata effettivamente devoluta, ovvero di accertare se la predetta clausola contrattuale integrasse, in sé, un mezzo solutorio anomalo.

Il motivo deve essere accolto.

Va ricordato che, perché possa ritenersi anormale il pagamento eseguito dal terzo, non è sufficiente che questi abbia poi esercitato la rivalsa nei confronti del debitore principale, ma è necessario accertare se l'effetto solutorio si sia realizzato attraverso un diverso negozio utilizzato dalle parti, in via mediata e indiretta, per eludere la regola della par condicio.

Nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa corte del merito (pag. 8, righi 9 e 10 della sentenza), il pagamento eseguito da ARTE costituiva adempimento di un'obbligazione che l'ente aveva assunto nei confronti dei subappaltatori in forza della clausola 21 del capitolato generale d'appalto, con la quale si era impegnato a corrispondere a questi ultimi in via diretta l'importo dei lavori dagli stessi eseguiti per il caso, poi verificatosi, di inadempienza di E.: è dunque sfuggito al giudice d'appello che la clausola, certamente pattuita in data anteriore al sorgere del credito, lungi dall'integrare un meccanismo solutorio anomalo, assolveva, al pari della fideiussione, ad una funzione di garanzia e che ARTE, provvedendo al pagamento, aveva estinto non solo il debito di E., ma anche il proprio debito, di corrispondente ammontare, sorto verso M.N.V. per effetto dell'inadempimento della debitrice principale.

Va aggiunto, a confutazione delle difese svolte dal Fallimento nella memoria ex art. 378 c.p.c., che non risulta che sia mai stato dedotto in causa che il pagamento era anormale in quanto eseguito con denaro messo a disposizione di ARTE dalla stessa E. (ciò senza contare che l'assunto troverebbe smentita nel fatto che l'ente ha successivamente esercitato la rivalsa).

Una volta esclusa l'anormalità del pagamento dedotto in giudizio, la sentenza impugnata deve essere cassata.

Resta conseguentemente assorbito l'ultimo motivo di ricorso, con il quale M.N.V. deduce di aver fornito prova della propria inscientia decoctionis. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., e rigettare la domanda ex art. 67 1 comma n. 2 L. fall. proposta dal Fallimento della E. s.r.l. Le spese del doppio grado di merito e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto e dichiara assorbito il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal Fallimento della E. s.r.l., nei confronti di M.N.V s.n.c.

Condanna il Fallimento al pagamento delle spese processuali che liquida in € 150 per spese, € 1000 per diritti ed € 2000 per onorari per il giudizio di primo grado, in € 800 per spese, € 2200 per diritti ed € 4200 per il giudizio d’appello ed in € 7.500, di cui € 200 per esborsi, per il presente giudizio di legittimità, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge per tutti e tre i giudizi.