Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 febbraio 2016, n. 2422

Rapporto di lavoro - Trasferimento - Inquadramento in posizione economica corrispondente alla categoria di provenienza - Violazione - Diritto - Risarcimento

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso al Tribunale di Messina M.D.S., già dipendente di P.I. s.p.a., ed inquadrato dapprima come operatore di servizio categoria IV e poi nell'area operativa (nella quale erano confluiti gli ex livelli IV,V,VI), espose che dopo essere stato comandato presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Messina, veniva definitivamente ivi trasferito, a decorrere dal gennaio 2002 per effetto del DPCM 2.10.2001; lamentò che, nonostante il citato provvedimento prevedesse per il personale transitato l'inquadramento in posizione economica corrispondente alla categoria di provenienza, egli era stato inquadrato in area B posizione B1 del CCNL; dedusse che egli, fin dal momento del passaggio e successivamente aveva sempre svolto mansioni corrispondenti alla area B (posizione economica B2) e che proprio tale qualifica, e non quella di B1, corrispondeva alla qualifica di provenienza; chiese pertanto il riconoscimento del diritto all'inquadramento in area B, posiziona economica B2, con condanna al pagamento delle differenze rispetto alla qualifica riconosciuta a partire dal passaggio, con interessi e rivalutazione monetaria.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell' Economia e delle Finanze e l'Avvocatura Generale dello Stato si costituirono in giudizio congiuntamente, eccependo il difetto di giurisdizione, e contestando nel merito la domanda chiedendone il rigetto. Assunta la prova testimoniale dedotta, con sentenza n. 3675\09, il Tribunale accoglieva la domanda riconoscendo il diritto all'inquadramento richiesto, condannando il Ministero dell'Economia e delle Finanze al pagamento delle differenze retributive conseguenti, oltre accessori.

Avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Avvocatura Generale dello Stato hanno proposto appello reiterando l’eccezione di difetto di giurisdizione per la natura di atto di macro-organizzazione del DPCM 2.10.2001, nonché di carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio; nel merito le amministrazioni appellanti evidenziavano che nella fattispecie ricorreva una ipotesi di mobilità volontaria o concordata, con la conseguenza che, avendo il dipendente svolto sin dalla fase di comando presso l'Avvocatura dello Stato mansioni formalmente corrispondenti a quelle del livello di provenienza e non avendo contestato tale inquadramento, vi era stata una novazione del rapporto intervenuta all'atto dell'immissione nei ruoli dell'Avvocatura.

Instaurato il contraddittorio, si costituiva l’appellato, ribadendo l'esattezza delle statuizioni del primo giudice, e notando che aveva svolto fin dal momento del distacco presso l'Avvocatura mansioni corrispondenti alla qualifica B2, e non già a quella inferiore attribuita dall'amministrazione.

Con sentenza depositata il 25 maggio 2011, la Corte d'appello di Messina, ritenuta estranea alla controversia la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso l'Avvocatura Generale dello Stato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell'economia e finanze, affidato a due motivi. Resiste il D.S. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Deve pregiudizialmente dichiararsi inammissibile il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, essendone già stata dichiarata l'estraneità al presente giudizio sia dal giudice di primo grado che dalla sentenza di appello, sul punto non censurata dalla parte interessata.

1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la "violazione delle specifiche professionali B1, B2 e B3 del c.c.n.l. Comparto Ministeri (biennio 1998-2001); degli artt 40-43 del c.c.n.l. 26.11.94 per il personale dipendente dell'Ente Poste Italiane (triennio 1994-1997); dell'art. 3 L 22.12.81 n. 797 (ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).

Deducono che la Corte di merito non aveva (erroneamente) raffrontato le mansioni della categoria appartenuta al dipendente presso l'ex Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e quelle della posizione economica attribuita dall'Avvocatura all'atto dell'inquadramento, non potendo adottarsi come riferimento la generica declaratoria dell'area operativa, introdotta dall'Ente Poste col c.c.n.l. 26.11.94, in cui confluirono le ex categorie IV, V e VI del vecchio ordinamento postale (di cui alla L. n. 797\81).

Si dolgono dunque che i giudici di appello, disapplicando l'inquadramento di cui al d.p.c.m. 2.10.01 (che equipara la ex IV qualifica funzionale dell'amministrazione postale alla posizione economica B1 comparto Ministeri) e riconoscendo al ricorrente la posizione economica B2, ritennero di dover prendere come riferimento la generica declaratoria che definisce l'area operativa del c.c.n.l. Ente Poste del 26.11.94 e che (implicitamente) non vi era equivalenza tra le mansioni di cui alla ex IV categoria dell'amministrazione postale con la posizione economica B1 (comparto Ministeri) attribuita presso l'amministrazione ricevente, laddove entrambe erano di tipo meramente esecutivo ed a contenuto prevalentemente manuale, laddove la posizione economica B2 era caratterizzata da un medio contenuto concettuale, con limitata autonomia e discrezionalità e con la possibilità di coordinamento di unità operative semplici.

2.- Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione del d.p.c.m. 2.10.01 in rapporto agli artt. 4 e 5 della L. 20.3.1865 n. 2248; dell'art. 53, comma 10, della L. n. 449\97; dell'art. 4, comma 11, della L. n. 223\91; degli artt. 1337, 1362, comma 2, e 1375 cod.civ. (ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.).

Lamentano che l'art. 53, comma 10, citato, statuisce che "al personale dell'Ente P.I. che, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in posizione di comando o fuori ruolo presso le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 29\93, si applicano le vigenti disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata". Da ciò conseguiva che l'inquadramento nei ruoli dell'Amministrazione di destinazione richiede il raffronto tra l'ultima qualifica funzionale posseduta presso l'Avvocatura dello Stato in posizione di distacco e la corrispondente area e livello retributivo attribuito con l'immissione nei ruoli, giusta le previsioni di cui al d.p.c.m. 2.10.01. Il richiamo alle disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata concretava infatti, a suo avviso, un rinvio al comma 11 dell'art. 4 della L. n. 223\91, secondo cui "Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire anche in deroga al secondo comma dell'articolo 2103 del codice civile la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte", da cui conseguiva la legittima possibilità di demansionamento, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3772\04; n. 11806\00).

Evidenziano dunque che il caso in esame non riguarda la mobilità obbligatoria (quale quella di cui all'art. 6, comma 2, d.l. n. 487\93, cui si riferisce il d.m. 10.7.97), generalmente informata al principio di salvaguardia delle posizioni economiche e normative dei lavoratori interessati, ma la mobilità volontaria, con cui si verifica un'adesione negoziale alle nuove condizioni di lavoro ed inquadramento, non essendo così neppure necessario un raffronto tra la posizione di lavoro occupata nell'amministrazione postale e quella attribuita presso l'Amministrazione di destinazione, occorrendo piuttosto procedere al raffronto tra la posizione rivestita dalla ricorrente in fase di comando (o distacco) presso l'Avvocatura, già accettata dal lavoratore per fatti concludenti (art. 1362, comma 2, c.c.) e non contestata secondo i principi di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 cc), e quella successivamente attribuita.

3. - I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

In materia sono da tempo intervenute le sezioni unite di questa Corte (sent. n. 503\11). In tale pronuncia si è escluso che in subiecta materia possa operare autoritativamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso d.p.c.m. - atto avente natura amministrativa, in quanto proveniente da una autorità esterna al rapporto di lavoro - non assolvendo esso alla funzione di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo all'esercizio di un siffatto potere, avendo solo la funzione di dare attuazione alla mobilità (volontaria) tra pubbliche amministrazioni come previsto dall'art. 4 L. n. 273\95 (che attribuì alla Presidenza del C.M. il solo compito di operare il trasferimento). Nella citata pronuncia questa Corte ha quindi ritenuto giuridicamente esatta la verifica compiuta dal giudice di merito sulla correttezza dell’inquadramento spettante al lavoratore, sulla base dell'individuazione in concreto, nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell'amministrazione di destinazione, della qualifica maggiormente corrispondente a quelle di inquadramento prima del trasferimento. In tal senso, da ultimo, Cass. 7.8.2014 n. 17764, Cass. 9.6.2015 n. 11923.

Deve allora considerarsi che nella specie la sentenza impugnata ha correttamente considerato che il primo giudice aveva condotto un esatto e concreto raffronto tra la qualifica assegnata e le declaratorie della posizione assunta dal lavoratore presso l'Ente Poste (area operativa). Quanto alla deduzione delle amministrazioni secondo cui dalla data del comando il lavoratore avrebbe svolto, prima in posizione di comando e poi definitivamente, le mansioni di cui all’ordinamento statale corrispondente al profilo di inquadramento (B1), la sentenza

impugnata ha accertato che le mansioni svolte dal D.S. al momento del comando, comparabili con quelle svolte presso l'Ente Poste nell'area operativa, erano professionalmente riconducibili al profilo B2 del comparto Ministeri e non già all'Inferiore profilo B1.

Tale accertamento non risulta adeguatamente censurato dalle amministrazioni ricorrenti, che si limitano a generici richiami alle declaratorie professionali in questione.

Né può condividersi il richiamo all'art. 53, comma 10 della legge n. 449\1997, per cui dovrebbe aversi riguardo all'ultima qualifica funzionale posseduta presso l’Avvocatura in posizione di comando, che nella specie non era stata impugnata. Ed invero, come esattamente notato dal giudice di appello, non si può prescindere dal raffronto concreto, di carattere sostanziale e non limitato ad una mera corrispondenza formale tra le due qualifiche, tra quella rivestita nell’ente di provenienza e quella più consona che deve essere attribuita nell'ente di destinazione. Non può infine condividersi la tesi delle ricorrenti, secondo cui nella specie vi sarebbe stata un'accettazione implicita, da parte del lavoratore, della posizione da esso rivestita in fase di comando presso l'Avvocatura. Ed invero, pur non potendosi prescindere dalla provvisorietà dell'inquadramento ricevuto in fase di comando, a tal fine sarebbe stato piuttosto necessaria la prova, gravante sull'Amministrazione, di significative circostanze denotanti una chiara e certa volontà della parte di accettare l'inquadramento ricevuto (cfr., sia pure in diversa fattispecie, Cass. 14 gennaio 2013 n. 701; Cass. 5 settembre 2012 n. 14916; Cass. 15 novembre 2010 n. 23057, etc.).

Risulta infine infondata la doglianza secondo cui il richiamo alle disposizioni sulla mobilità volontaria conterrebbe in sostanza un rinvio al comma 11 dell'art. 4 della L. n. 223\91 ("Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire anche in deroga al secondo comma dell'articolo 2103 del codice civile), trattandosi di fattispecie assolutamente diversa, inerente il lavoro privato (postulando la natura imprenditoriale dell'attività svolta dal datore di lavoro, Cass. n. 17787 del 07/08/2006) e contenente una autorizzazione alle oo.ss. di derogare alla citata norma codicistica, laddove la questione oggi in esame risulta regolata dai principi sopra esposti.

4. - Dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Presidenza.

del Consiglio dei Ministri, l'impugnazione va dunque per gli altri ricorrenti rigettata. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e lo rigetta per il resto.

Condanna le amministrazioni ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €100,00 per esborsi, €.3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.