Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 febbraio 2016, n. 2521

Contratti di formazione e lavoro - Inps - Agevolazioni contributive - Requisiti - Recupero

 

Svolgimento del processo

 

L'INPS impugnava la sentenza del Tribunale di Chieti n. 872 del 15.9.2008, che aveva accolto l'opposizione a cartella esattoriale, proposta dalla Fili D. di F. F. S. M. s.p.a., inerente il recupero di agevolazioni contributive connesse ai contratti di formazione e lavoro di taluni suoi dipendenti stipulati negli anni dal 1995 al 2001.

Contestava che la pretesa azionata fosse generica, secondo quanto ritenuto dal giudice di prime cure, avendo agito in forza della decisione 11/5/99 della Commissione Europea (che vietava i cd. aiuti di Stato, ed avendo quindi chiesto alla D. una serie di informative (atti ad escludere eventualmente l’illiceità delle agevolazioni), che la stessa non aveva dato, così implicitamente dimostrando di non avere i requisiti per usufruire dei benefici connessi alla stipula dei contatti in parola.

Deduceva inoltre che la società aveva invocato la regola del "de minimis", e cioè l'applicazione della disciplina relativa agli aiuti minori, senza dimostrare, anche in questo caso, che gli aiuti pubblici ricevuti non superavano i 100.000,00 euro nel triennio. Contestava altresì che si fosse verificata la decadenza dall'iscrizione a ruolo, di cui all'art. 25 del d. Igs. n. 46/1999, che peraltro neanche la controparte aveva eccepito, essendo stato il termine di iscrizione a ruolo procrastinato, rispetto all'iniziale indicazione, con successivi provvedimenti legislativi. Sosteneva che non trovava nella specie applicazione la prescrizione quinquennale, prevalendo sull'ordinamento interno il principio comunitario per il quale il periodo, entro cui potevano essere esercitati i poteri della Commissione in materia, era di 10 anni.

Affermava che, comunque, il ricevimento, da parte della D., della lettera raccomandata in data 10.1.2005, a mezzo della quale era stato richiesto il rimborso dei benefici, dichiarati illegittimi dall'Unione Europea, era intervenuto entro il termine prescrizionale di 5 anni, stante il diritto di recupero sorto solo a seguito dell'avvenuta irrevocabilità della pronuncia della Corte di Giustizia europea.

Invocava comunque l'istituto dell'indebito arricchimento, per ribadire la prescrizione decennale.

Deduceva infine che non si configurava nel caso di specie un legittimo affidamento, a cui pure aveva fatto ricorso la sentenza di primo grado, atteso che la normativa comunitaria prevedeva una specifica procedura per gli aiuti che gli Stati membri avessero voluto elargire, di tal che ogni singola azienda, che avesse voluto beneficiare degli aiuti di Stato, doveva prima verificare che fosse stata seguita la corretta procedura, in caso contrario non potendosi parlare di affidamento.

Avendo l'Italia provveduto alla notifica alla Commissione degli aiuti connessi ai contratti di formazione e lavoro solo nei maggio 1997, tutti gli aiuti concessi in precedenza erano illegittimi. Ove comunque si fosse voluto dare ingresso alla teoria del legittimo affidamento, esso poteva incidere solo sulla decorrenza degli interessi sui crediti da recuperare.

Resisteva la convenuta

Con sentenza depositata il 16 ottobre 2009, la Corte d'appello di L'Aquila rigettava il gravame, condannando l'INPS al pagamento delle spese. Riteneva la Corte che nulla dovesse la società per recupero sgravi, giusta l'applicazione del principio comunitario del "de minimis". Evidenziava infatti che era pacifico che i dipendenti di cui agli allegati da A) fino a D), rientravano nelle ipotesi di deroga al divieto di aiuti da parte dello Stato (come indicato dalla Commissione Europea l'11.5.99), mentre per i dipendenti di cui all'allegato E), la società aveva comunque invocato la regola "de minimis" (secondo cui sono esenti gli aiuti che non superino il limite di 100.000,00 euro per un periodo di tre anni).

Poiché l’INPS aveva quantificato i contributi dovuti per tale gruppo di dipendenti, per il periodo 1995-2001 (sei anni), in euro 175.996,00, ne conseguiva che la società, in applicazione di detta regola ("de minimis"), non doveva neanche tale minor somma.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INPS, affidato a due motivi.

Resiste la F.lli D. di F.-F. San M. s.p.a. con controricorso, poi illustrato con memoria.

 

Motivi della decisione

 

Debbono pregiudizialmente respingersi le eccezioni di inammissibilità del presente ricorso, sollevata dalla controricorrente per contenere esso, nonostante nella specie sia inapplicabile l'art. 366 bis c.p.c., i quesiti di diritto, e per il mancato riferimento alle nuove condizioni di ammissibilità del ricorso previste dall'art. 360 bis c.p.c.

Mentre quest'ultima eccezione risulta priva di qualsivoglia specificazione delle ragioni che renderebbero il ricorso inammissibile ex art. 360 bis c.p.c, deve rilevarsi che la proposizione dei quesiti di diritto, ancorché risulti inapplicabile ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c., per un verso non vizia il ricorso, derivando l'inammissibilità dello stesso solo ove siano obbligatori i quesiti di diritto ed essi non siano stati formulati, d'altro canto non considera che nella specie i quesiti sono stati formulali, come esplicitamente chiarito dall'INPS, non in esecuzione del predetto art. 366 bis c.p.c., che lo stesso Istituto dichiara inapplicabile, ma al solo fine di sintetizzare il contenuto dei motivi di ricorso.

Venendo pertanto al merito si osserva.

1. - Con il primo motivo l'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE; del Regolamento CE n. 994/98; dell'art. 2 del Regolamento CE 12 gennaio 2001 n. 69; della decisione della Commissione dell'11 maggio 1999; della decisione della Corte di Giustizia del 7 marzo 2002 (C 310/99); dell'art. 2697 cc.; dell'art. 16 del decreto legge 14 maggio 1994 (ndr dell'art. 16 del decreto legge 16 maggio 1994), convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1994, n. 451; dell'art. 15 della legge 24 giugno 1997 n. 196, oltre a vizio di motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. ).

Lamenta in sostanza l'Istituto che in ipotesi di recupero di sgravi contributivi frulli dal datore di lavoro a seguito della stipula di contatti di formazione e lavoro nel periodo 1995-2001, dichiarati "aiuti di Stato" dalla Commissione europea, il datore di lavoro, per potere continuare a fruire degli stessi, invocando l'applicazione della regola comunitaria del "de minimis", deve provare gli elementi individuali dal regolamento comunitario in tema di "de minimis".

Il motivo, pur teoricamente condivisibile (posto che in materia di divieti a tutela della concorrenza nell'ordinamento comunitario, l'esenzione degli aiuti di Stato d'importanza minore costituisce un'eccezione al divieto generale degli aiuti di Stato, sicché la sussistenza delle relative condizioni è elemento costitutivo del diritto alla deroga e deve essere provata dal beneficiario, cfr. Cass. 3.5.2012 n. 6671), risulta nella specie infondato, posto che la sentenza impugnata ha ritenuto che la società F.lli D. aveva per un verso provato che sussistevano i presupposti individuali dalla decisione della Commissione Europea del’11.5.99 per ritenere compatibili con l'ordinamento comunitario gli sgravi in questione (lavoratori che al momento dell'assunzione non avevano ancora ottenuto un impiego o che l'avevano perso, sicché la loro assunzione ha contribuito alla creazione netta di nuovi posti di lavoro nelle imprese interessate; lavoratori in possesso, alternativamente, dei seguenti requisiti: età inferiore ai 25 anni, laureati sino a 29 anni compiuti, disoccupati da più di un anno, sempre che le imprese non abbiano proceduto a riduzioni di organico nei 12 mesi precedenti, e che abbiano mantenuto in servizio -assumendoli a tempo indeterminato- almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di formazione e lavoro sia scaduto nei 24 mesi precedenti) per la pressoché totalità dei dipendenti interessati (elenchi da A a D), mente l'INPS stesso, come incontestatamente accertato dalla sentenza impugnata, aveva per ciò ridotto il credito contributivo per i restanti dipendenti (elenco D, per i quali non era stata fornita prova adeguata delle condizioni di deroga al divieto di aiuti di Stato, pag. 3 sent) ad €175.996 per il periodo di sei anni in causa (1995-2001), somma ritenuta dalla sentenza impugnata inferiore a quella di 100.000 € nei triennio idonea a configurare l'aiuto "de minimis" (secondo cui l'importo complessivo per impresa è esente se non supera la soglia di centomila euro su un periodo di tre anni ai sensi dell'art 2 del regolamento (CE) n. 69/2001, soglia raddoppiata dall'art. 2 del regolamento (CE) n. 1998/2006, non producendo tale somma alcuna distorsione della concorrenza, sicché non può considerarsi aiuto e non può essere oggetto di recupero), senza specificare minimamente !Istituto se tali agevolazioni fossero eventualmente riferibili, in base alla loro effettiva fruizione annua da parte della società F.lli D., ad un importo superiore ai 100.000 €. in un biennio, e dunque senza censurare adeguatamente quanto ritenuto dalla sentenza impugnata.

2. - Con il secondo motivo l'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc., 416, 434 e 442 c.p.c., oltre a vizio di motivazione (art. 360 n. 5, c.p.c.).

Lamenta in sostanza che non era incorso in decadenza processuale, come erroneamente affermato dalla sentenza impugnata, l'Istituto previdenziale che, nel procedere nei confronti della società D. al recupero degli sgravi contributivi fruiti dai citato datore di lavoro a seguito della stipula di contratti di formazione e lavoro nel periodo 1995-2001 e dichiarali aiuti di stato dalla Commissione europea, costituendosi nel giudizio di appello abbia affermato che la somma dovuta fosse diversa e minore, specificando solo in grado di appello le ragioni del proprio minor credito a titolo di contribuzione previdenziale dovuta.

Il motivo è inammissibile in quanto l’istituto non contesta l’affermazione della Corte di merito, autonoma ratio decidendi rispetto alla affermata decadenza processuale di cui sopra, per cui comunque nella specie doveva applicarsi il principio del "de minimis", avendo lo stesso INPS affermato che le somme beneficiate ammontavano, nel periodo di sei anni dal 1995 al 2001, ad € 175.996 e non avendo l’Istituto, come visto, dedotto e chiarito, neppure in questa sede, in contrasto col principio dell’autosufficienza, che le agevolazioni in parola avessero superato, ed esattamente per quale arco temporale, l’importo di € 1.000,00 in un triennio.

3. - Il ricorso deve dunque rigettarsi.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 100,00 per esborsi, € 3.500,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.