Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 febbraio 2016, n. 2948

Magistrati - Procedimenti assegnati - Gestione - Illecito disciplinare - Ritardo reiterato ed ingiustificato nel deposito di provvedimenti

 

Ritenuto in fatto

 

Il dottor giudice civile del Tribunale di Firenze, è stato giudicato responsabile dell’illecito disciplinare di cui agli artt. 1 e 2 primo comma lett. q) d.lgs. n. 109 del 2006 per aver, nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle sue funzioni, ritardato in modo reiterato, grave ed ingiustificato il deposito di numerosi provvedimenti, avendo in particolare, con violazione dei doveri di diligenza e laboriosità, depositato, nel periodo compreso tra il 10 ottobre 2007 e il primo ottobre 2012, n. 585 sentenze civili monocratiche con ritardi compresi tra i 21 e i 585 giorni (oltre i 120 giorni), di cui 164 sentenze oltre l'anno dalla scadenza dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. nonché 9 sentenze civili collegiali con ritardi compresi tra i 54 e i 504 giorni (oltre i 320 giorni) nonché 34 sentenze non depositate alla fine del periodo oggetto di ispezione, per le quali era già trascorso un ritardo dei triplo del termine previsto dalla legge per il deposito della sentenza. In considerazione della "indubbia laboriosità" dell'incolpato (risultando documentato un "rendimento elevato" desumibile dall'intervenuto deposito di 327 sentenze nell'anno 2010, 302 nell'anno 2011 e di 367 nell'anno 2012), gli è stata applicata la sanzione minima.

In particolare il giudice disciplinare, precisato che ai fini dell'integrazione dell'illecito non rileva (come accadeva nella vigenza dell'art. 18 d.lgs. n. 511 del 1946) la scarsa laboriosità o la negligenza del magistrato ma il dato obiettivo della lesione del diritto delle parti alla ragionevole durata del processo di cui agli artt. 111 comma 2 Cost. e 6 par. 1 CEDU perché tale lesione comporta il superamento della soglia di giustificazione della condotta ed è idonea di per sé ad incidere sul prestigio della funzione giurisdizionale, ha sottolineato che il superamento del termine annuale nel ritardo -e in ogni caso il ritardo eccedente i limiti della ragionevole durata del processo- deve presumersi ingiustificabile se non ricorrono situazioni eccezionali o transitorie.

Con riguardo alle giustificazioni addotte dal magistrato il giudice disciplinare ha rilevato: che i ritardi si erano manifestati già prima che il dottor assumesse l'Incarico presso il CSM e che per tale incarico il medesimo aveva ottenuto un esonero dal lavoro; che non è consentito al magistrato che per il carico di lavoro avverta di non essere in grado di osservare i termini per il deposito delle sentenze di effettuare autonomamente la scelta di assumere in decisione cause civili in eccesso rispetto alle proprie possibilità di smaltimento così privilegiando un modello organizzativo suscettibile di ostacolare la possibilità che siano adottati dal capo dell'Ufficio rimedi immediati e scelte complessive, demandate non al singolo giudice ma, appunto, al dirigente dell'Ufficio in base a criteri ormai formalizzati dal CSM; infine che la giustificazione del dottor (...) circa l'intento di consentire una minore durata complessiva del processo mantenendo sotto controllo il segmento Istruttorio e allungando la durata del segmento decisorio non trova riscontro nei dati statistici acquisiti, posto che molti dei procedimenti definiti con consistenti ritardi avevano avuto oltre ad una lunga fase decisoria anche una lunghissima fase istruttoria. Avverso questa sentenza il dottor (...) propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

 

Considerato in diritto

 

1. Col primo motivo, deducendo "nullità della sentenza per la mancata indicazione del fatti in violazione degli artt. 2 comma 1 lettera q) e 17 comma 2 d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, 429, comma 1 lettera c) e comma 2 ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p., erronea applicazione dell'art. 2 comma 1 lettera q) d.lgs 23 febbraio 2006 n. 109, ai sensi dell'art. 606 lett. b) e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo dell'atto impugnato a dagli atti del processo, ai sensi dell'art. 606 lettera e) c.p.p.", il ricorrente si duole del fatto che, pur citando nella sentenza impugnata la più recente giurisprudenza di queste sezioni unite secondo la quale la mancanza di giustificazione dei ritardi integra uno degli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare, il giudice disciplinare non ne abbia tratto la conseguenza della necessaria contestazione (e prova) di tale elemento né, a fortiori, l'ulteriore conseguenza della nullità del capo di incolpazione mancante nella specie della indicazione dei fatti costitutivi da porre a fondamento della mancata giustificazione dei contestati ritardi.

La censura è Infondata. Nel capo di incolpazione è stata espressamente contestata la mancanza di giustificazione del ritardi, essendosi appunto contestato il ritardo reiterato, grave ed ingiustificato nel deposito di numerosi provvedimenti.

E' vero che, come affermato dal ricorrente, l'Incolpato deve essere messo a conoscenza del fatti costitutivi dell'incolpazione e quindi è necessario che nel capo di incolpazione siano specificamente Indicati a pena di nullità i fatti che costituiscono il fondamento degli elementi della fattispecie contestata, tuttavia occorre rilevare che quando, come nella specie, uno degli elementi costitutivi si sostanzia in un fatto negativo (mancanza di giustificazione dei ritardi) non sono configurabili ulteriori "fatti" da contestare oltre quello negativo in sé (né peraltro nella specie il ricorrente li individua), potendo la necessità di dettagliare e circostanziare la contestazione con l'indicazione di eventuali fatti costitutivi discendere solo da particolari caratteristiche, nella specie non riscontrabili, del fatto "negativo" costituente elemento della fattispecie disciplinare contestata (si pensi, a puro titolo di esempio, ad una omissione per commissione), non essendo per contro neppure ipotizzabile, attesa la relativa indeterminatezza, una preventiva "catalogazione" di situazioni ostative (o costitutive) della non "giustificatezza" dei ritardi né potendo la (s)valutazione di eventuali possibili giustificazioni collocarsi se non su di un piano diverso e successivo rispetto a quello della contestazione.

2. Col secondo motivo, deducendo "violazione dell'art. 2 comma 1 lettera q) d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, ai sensi dell'art. 606 lett. b) c.p.p., e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti dei processo ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p.", il ricorrente si duole del fatto che il giudice disciplinare; 1) non abbia valutato l'incarico straordinario d'ufficio svolto dal dottor (...) su disposizione del CSM tra la fine del 2008 e II 2011 nel Gruppo standard medi di rendimento per il settore civile né considerato che l'attività svolta da alcuni magistrati nel settori dell'Innovazione, dell'informatica e della formazione non costituisce elemento accessorio e secondarlo rispetto all'attività giudiziaria ma attività che tende alla complessiva funzionalità del sistema giudiziario; 2) abbia applicato la sanzione disciplinare pur avendo riconosciuto che i ritardi non costituivano sintomo di mancanza di operosità e difetto di organizzazione dell'incolpato, in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la sanzione disciplinare presuppone la "riprovevolezza della condotta" ed omettendo di considerare la particolare e complessiva situazione lavorativa del magistrato; 3) abbia erroneamente valutato le ragioni della scelta di gestire il contenzioso in modo da garantire la minore durata complessiva del processo e non abbia considerato che in relazione a tale scelta gestionale il dottor aveva coinvolto l'ufficio giudiziario ed aveva ottenuto il consenso del consiglio giudiziario; 4) abbia incongruamente richiamato la ragionevole durata del processo, che, comprendendo tanto il segmento istruttorio quanto quello decisorio, può rimanere compromessa anche dalla decisione di rinviare la discussione delle cause ad una data compatibile col rispetto dei termini di deposito della sentenza.

Il motivo è solo parzialmente fondato. In particolare, sono da ritenere infondate le censure esposte sub 1) e 2), mentre sono da ritenere fondate, nel termini di cui in prosieguo, le censure sub 3) e 4), che si prestano ad un esame congiunto siccome tra loro connesse.

2a. Con riguardo all'incarico svolto dal dottor (...) su designazione del CSM dal 2008 al 2011, del quale si tratta nella censura esposta sub 1), deve innanzitutto rilevarsi che un incarico "straordinario" del tipo di questo in esame, ancorché non attribuito a domanda, prorogato più volte senza preavviso ed avente ad oggetto attività rilevante per la complessiva funzionalità del sistema giudiziario, non deve essere obbligatoriamente accettato (a differenza di altri incarichi -come accadeva per la nomina dei componenti della commissione giudicatrice degli esami della professione di avvocato- rispetto al quali peraltro la giurisprudenza di queste sezioni unite ha ritenuto la configurabilità di una giustificazione o attenuante in relazione ad eventuali ritardi nell'attività giurisdizionale soltanto se, prima di accettarli, il magistrato aveva rappresentato agli organi conferenti la difficoltà di svolgerli per l'eccessivo lavoro giudiziario, v. SU n. 5283 del 2009), e deve ulteriormente rilevarsi che, come peraltro precisato nella sentenza impugnata, per l'Incarico attribuito al dottor ("13313) era previsto un esonero giudiziario che avrebbe dovuto vanificare l'Incidenza di esso sul carico di lavoro complessivamente gravante sul magistrato. E' da aggiungere che, ove non gli fosse stato in concreto consentito di fruire di tale esonero nelle modalità e nella misura previste, il magistrato avrebbe potuto dolersene col capo dell'ufficio, mentre, ove li medesimo esonero non fosse stato sufficiente in rapporto al lavoro riveniente dall'incarico, ben avrebbe potuto II magistrato chiedere un adeguamento di esso all'effettivo impegno richiesto, o, in ultima analisi, rinunciare all'incarico stesso. Ne consegue che lo svolgimento dell'attività in questione presso il C.S.M. da parte del dottor (...) non può di per sé costituire valida giustificazione per ritardi gravi e reiterati nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni, dovendo peraltro considerarsi che, come rilevato nella sentenza impugnata, una parte dei suddetti ritardi era già maturata al momento del conferimento dell'incarico. La censura pertanto non può ritenersi fondata.

2b. Neppure risulta fondata la censura di omessa considerazione del fatto che i ritardi contestati non costituivano sintomo di mancanza di operosità e difetto di organizzazione dell'incolpato, in contrasto con l'orientamento secondo il quale la sanzione disciplinare presupporrebbe sempre la "riprovevolezza" della condotta. Invero il giudice disciplinare ha dato atto della "indubbia laboriosità" dell'Incolpato e del suo "rendimento elevato", ma ha valutato le suddette circostanze solo ai fini della graduazione della sanzione irrogata, avendo correttamente precisato che ai fini dell'integrazione dell'illecito in esame non rileva (più) la scarsa laboriosità o la negligenza del magistrato.

In proposito è sufficiente rilevare che alla stregua della disposizione normativa risulta meritevole di sanzione il reiterato, grave ed ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni, pertanto deve ritenersi integrato l'illecito ogni volta che vi sia stato un ritardo nel compimento degli atti relativi alle funzioni, sempre che (e solo se) tale ritardo risulti reiterato, grave ed ingiustificato, a prescindere dalla laboriosità e diligenza del magistrato che ha posto in essere la condotta in questione, potendo ovviamente i suddetti elementi - certamente non imprescindibili di per sé ai fini della esclusione dell’illecito alla stregua della previsione legislativa- eventualmente essere "implicati" dalle circostanze addotte ai fine di escludere l'elemento della "ingiustificatezza" della condotta.

2c. Come sopra anticipato, le ulteriori censure esposte nel motivo in esame e riportate sub 3) e 4), da valutare congiuntamente perché tra loro logicamente collegate, sono invece fondate, nei termini che seguono.

Prima di procedere all'esame diretto di tali censure è opportuno premettere che, come sopra evidenziato, la decisione impugnata, dopo aver (correttamente) escluso che ai fini dell'integrazione dell'illecito in esame rilevi la scarsa laboriosità o la negligenza del magistrato, afferma la rilevanza, al suddetti fini, del dato obiettivo della lesione del diritto delle parti alla ragionevole durata del processo di cui agli artt. 111 comma 2 Cost. e 6 par. 1 CEDU, sul rilievo che tale lesione comporta il superamento della soglia di giustificazione della condotta ed è Idonea di per sé ad incidere sul prestigio della funzione giurisdizionale, e sottolinea che il superamento dei termine annuale nel ritardo -e in ogni caso il ritardo eccedente i limiti della ragionevole durata del processo- deve presumersi ingiustificabile se non ricorrano situazioni eccezionali o transitorie.

In tali termini la decisione impugnata risulta dissonante rispetto al recente arresto di queste sezioni unite in materia (v. su n. 14268 del 2015) nel quale si è escluso che possano ritenersi di per sé "ingiustificabili" i ritardi superiori all'anno o comunque superiori ai termini di ragionevolezza, in ogni caso escludendo che tali ritardi possano essere addebitati al magistrato a titolo di responsabilità oggettiva. In particolare, nella citata decisione queste sezioni unite hanno chiarito che non esistono ritardi ingiustificabili, anche se l'ampiezza dei medesimi non può non incidere sulla giustificazione richiesta, sicuramente più complessa e più articolata di quella che si richiede in relazione a ritardi gravi ma non protratti oltre il termine di ragionevolezza -individuato dalla giurisprudenza nei superamento di un anno-, tuttavia di certo non impossibile. Deve pertanto escludersi che la protrazione dei ritardi oltre il limite annuale li renda ingiustificabili eliminando la necessità di valutare compiutamente (ai fini della integrazione dell'illecito) le giustificazioni eventualmente addotte.

2d. Tanto premesso sul piano generale, occorre osservare che, nonostante la generale premessa iniziale in ordine alla ingiustificabilità dei ritardi infrannuali, il giudice disciplinare si è poi in ogni caso espresso sulle circostanze addotte dall'incolpato a giustificazione dei ritardi contestati. In particolare, rispetto allo svolgimento dell'incarico conferito al dottor (...) dal C.S.M., ne ha escluso la potenzialità giustificativa con valutazione ritenuta corretta in questa sede, giusta quanto sopra esposto in relazione alla corrispondente censura espressa nell’ambito del motivo in esame e sopra riportata al n. 1).

Con riguardo alla più articolata e complessa circostanza giustificativa consistente nell’affermazione di avere assunto in decisione un numero di processi superiore alle proprie capacità di smaltimento in ragione di una precisa e programmata scelta organizzativa di gestione dei ruolo intesa al perseguimento di un ragionato abbattimento delle pendenze e di una minore durata dei processi (anche inducendo un maggior numero di definizioni dei medesimi diverse dalla sentenza), I giudici disciplinari hanno invece sostanzialmente omesso un effettivo esame sia della rilevanza in astratto che della validità in concreto di una simile giustificazione, e si sono limitati a lambirne appena la complessità arrestandosi sulla soglia di valutazioni in parte non complete rispetto agli elementi emergenti dagli atti ed in parte non conferenti.

In proposito infatti il giudice disciplinare, come sopra evidenziato, ha rilevato che: a) non è consentito al magistrato che per il carico di lavoro avverta di non essere in grado di osservare i termini per il deposito delle sentenze di effettuare autonomamente la scelta di assumere in decisione cause in eccesso rispetto alla possibilità di redigere tempestivamente le relative motivazioni invece di rinviarne la decisione a data compatibile col rispetto dei termini così privilegiando un modello organizzativo suscettibile di ostacolare la possibilità che siano adottati dai capo dell'ufficio rimedi immediati; b) una corretta gestione del ruolo non avrebbe potuto prescindere dalla soluzione dei problemi che avevano determinato l'intollerabile durata del singolo processo non potendo a tal fine ritenersi adeguata una tra le soluzioni individuate dal dottor che avrebbe optato per l'abbattimento della durata mediana dei procedimenti complessivamente pendenti sul proprio ruolo; c) sarebbero state necessarie scelte complessive non demandate al singolo giudice ma al dirigente dell'ufficio in base ai criteri formalizzati dal CSM, che avrebbero suggerito un esame dei flussi e l'adozione di un modello organizzativo più adeguato, consentendo al dirigente, se del caso, di farsi carico della eliminazione dell’arretrato patologicamente accumulato con la specifica programmazione di un piano di rientro e l'eventuale affiancamento al magistrato ritardatario di giudici onorari; d) la giustificazione del dottor (...) circa l'intento di consentire una minore durata complessiva del processo mantenendo sotto controllo il segmento istruttorio e allungando la durata del segmento decisorio non trova riscontro nei dati statistici acquisiti, posto che molti dei procedimenti definiti con consistenti ritardi avevano avuto oltre ad una lunga fase decisoria anche una lunghissima fase istruttoria. Quanto alle affermazioni di cui ai punti sopra riportati alle lettere a) e c) occorre premettere che è certamente potere e dovere del capo dell'ufficio conoscere la pendenza dei ruoli dei singoli magistrati, le relative modalità di gestione e l'eventuale ritardo nel deposito dei provvedimenti di ciascuno, proprio in vista dell'esercizio dei poteri-doveri di controllo, impulso e intervento riconosciutigli, pertanto è difficile immaginare che l'assunzione in decisione di un numero di cause superiore alla possibilità di tempestiva motivazione da parte del dottor (...) possa essere stata ignorata dal capo dell'ufficio o possa avergli impedito gli interventi "correttivi" che erano in suo potere, ed è peraltro altrettanto difficile ipotizzare che Il capo dell'ufficio ignorasse in particolare la situazione lavorativa del dottor (...), per essersene dovuto specificamente occupare negli anni in questione, come risulta da quanto dedotto nel ricorso in esame, sia per la relazione sull'attività del medesimo con riguardo al parere per la V valutazione di professionalità (occasione nella quale, secondo il dottor (...), anche il consiglio giudiziario venne messo a conoscenza dell'attività lavorativa da lui svolta e della relativa organizzazione) sia per la concessione dell'esonero In relazione allinearlo) attribuito al dottor negli anni in questione dal C.S.M. sia perché nel periodo in esame la situazione lavorativa del suddetto magistrato risulta essere stata vagliata anche in relazione alla sua domanda di trasferimento ad altra sezione per decorso dei termine di decennalità. In ogni caso, anche prescindendo dalle precedenti considerazioni, nelle sue giustificazioni riportate nel ricorso in esame il dottor (...) ha affermato di aver reso edotto del proprio modus operandi il consiglio giudiziario ed ha altresì precisato che, avendo egli chiesto il trasferimento per decorso del termine di decennalità sul ruolo più gravato del Tribunale, il Presidente del medesimo Tribunale, in occasione di detto trasferimento e di concerto con lo stesso magistrato, predispose "un progetto di smaltimento espressamente destinato ad affrontare le condizioni deteriori dell'enorme arretrato" (v. decreto presidenziale n. 138/10 del 24/09/2010 327327). Dalle giustificazioni riportate nel ricorso in esame risulta altresì che, ad un anno dal suddetto decreto, in data 12.10.2011, il dottor indirizzò al Presidente del Tribunale ed al Presidente della propria sezione una nota contenente il Bilancio consuntivo del progetto di definizione dell'arretrato nell'anno trascorso e le previsioni per l'anno successivo.

Deve pertanto ritenersi che l'affermazione dei giudici disciplinari secondo la quale le scelte organizzative del dottor (...) sarebbero state illegittime perché assunte autonomamente e tali da impedire al capo dell'ufficio la possibilità di adottare rimedi immediati e scelte complessive intese all'adozione di modelli organizzativi più adeguati non risulta logicamente motivata con riferimento alla concrete circostanze dedotte in ricorso e sopra evidenziate.

L'affermazione secondo la quale "una corretta gestione dei ruolo non avrebbe potuto prescindere dalla soluzione dei problemi che avevano determinato l'intollerabile durata del singolo processo", sopra riportata al punto b), risulta invece estremamente generica e di difficile decifrabilità. Parrebbe di capire che, secondo il giudice disciplinare, il magistrato avrebbe dovuto adottare altre e diverse soluzioni, ma la sentenza non dice quali né se le stesse fossero nella disponibilità del magistrato incolpato.

In ogni caso non è fuor di luogo puntualizzare che nella specie è in contestazione il ritardo nell'adempimento delle funzioni del magistrato non l'intollerabile durata del singoli processi, la quale peraltro non è necessariamente collegata al ritardo del magistrato ma assai spesso preesiste e prescinde da esso, e che, pertanto, negli uffici giudiziari gravati oltre le possibilità di smaltimento del magistrato assegnatario nessuna corretta organizzazione del ruolo sarebbe possibile se (come sembrerebbe doversi desumere dalla sentenza impugnata) si dovesse attendere "prima" la soluzione dei problemi che hanno determinato l'intollerabile durata di ciascuno dei singoli processi.

Infine, l'affermazione dei giudici disciplinari secondo la quale l'intento del dottor (...) di consentire una minore durata complessiva del processo mantenendo sotto controllo II segmento istruttorio e allungando la durata del segmento decisorio non troverebbe riscontro nei dati statistici acquisiti, posto che molti dei procedimenti definiti con consistenti ritardi avevano avuto, oltre ad una lunga fase decisoria, anche una lunghissima fase istruttoria, sopra riportata al punto d), risulta inconferente siccome frutto di un evidente fraintendimento.

Infatti, ribadito che si contesta al dottor (...) non l'eccessiva durata complessiva del procedimenti bensì il grave e reiterato ritardo nel deposito delle sentenze e che rispetto a tale contestazione va valutata la giustificazione, deve innanzitutto evidenziarsi che il riscontro di una lunghissima istruttoria in un certo numero di procedimenti (peraltro "consistente" ma non rappresentativo del totale) rispetto ai quali sono stati altresì riscontrati ritardi nel deposito delle relative sentenze, in assenza di qualunque specificazione circa la complessità dei procedimenti considerati e la loro "storia" processuale nonché della precisazione se essi sono stati o meno "ereditati" dal dottor (...) ed eventualmente quando, non può essere in alcun modo significativa. Tanto premesso, è in ogni caso sufficiente rilevare che il "controllo" del segmento istruttorio esprime evidentemente un concetto (non assoluto bensì) relativo alla situazione data. In tali termini "mantenere sotto controllo" il segmento istruttorio allungando quello decisorio non può avere altro significato che quello di "bloccare" il protrarsi della fase istruttoria (quale ne fosse la durata pregressa) assumendo in decisione i processi anche oltre le possibilità dì tempestivo deposito delle relative motivazioni, così evitando l'ulteriore protrarsi del suddetto segmento istruttorio e corrispondentemente allungando quello decisorio, in una sorta di "partita di giro" idonea, nella prospettazione del dottor (...) a promuovere l'attivazione di un circuito "virtuoso" determinante la più veloce definizione anche di altri processi, specie in relazione ad un contenzioso con particolari caratteristiche ed alla possibilità di conciliazione di cause consimili.

Sulla base di tutto quanto sopra esposto deve ritenersi che la giustificazione addotta dal dottor (...) in relazione alla contestata assunzione in decisione di un numero di cause superiore alle possibilità di tempestiva motivazione, rivendicata dai medesimo magistrato come consapevole scelta organizzativa di gestione del ruolo, non sia stata compiutamente e congruamente valutata dai giudici disciplinari alla luce degli elementi risultanti in atti.

A tale proposito è necessario precisare che in linea di principio il magistrato è responsabile della gestione del proprio ruolo e quando, come nell'ufficio giudiziario in cui lavorava l'incolpato e nella gran parte degli uffici giudicanti civili, la consistenza del ruolo risulta sproporzionata rispetto alle possibilità dì smaltimento del magistrato assegnatario determinando perciò solo l'accumularsi dei processi e la conseguente irragionevole durata dei medesimi, questa responsabilità assume valenza più grave e profonda sia perché impone valutazioni di priorità che non possono essere casuali sia perché esige dal magistrato assegnatario importanti scelte organizzative intese, per quanto possibile, a contenere un arretrato destinato, in mancanza, ad accrescersi sempre più nei tempo, anche attraverso la allocazione delle limitate risorse (temporali, personali e materiali) a sua disposizione nel modo più razionale e funzionale possibile.

Se così è, la giustificazione organizzativa proposta dal magistrato incolpato andava seriamente vagliata e valutata (non solo perché, come rilevato, la protrazione dei ritardi oltre il limite annuale non li rende di per sé ingiustificabili e non esclude quindi la necessità di valutare compiutamente le relative giustificazioni ma anche) perché, come già evidenziato, è un dovere del giudice, soprattutto in una condizione di carico eccedente le possibilità di smaltimento, organizzare il proprio lavoro in modo da ridurre, nei limiti del possibile, la pendenza e la durata del processi. Deve peraltro considerarsi che l'assunzione in decisione, sia pure con deposito delle motivazioni dilazionato nel tempo, potrebbe in certa misura "alleggerire" il ruolo, che, come evidenziato nella citata su n. 25994 del 2014, è elemento condizionante da considerare in concreto nella sua ampiezza, indipendentemente dal numero delle cause che il magistrato riesce a "trattare" e decidere, non costituendo esso una massa inerte che grava solo per le controversie trattate e/o decise, ma un'entità plurale, complessa e composita che quanto più è "pesante" tanto più produce lavoro, basti pensare alle istanze dì trattazione anticipata ovvero di istruzione preventiva, rispetto alle quali ovviamente il magistrato non può sottrarsi quanto meno alla verifica della effettiva urgenza ed alla relativa valutazione di priorità, che richiede tempo ed attenta ponderazione, e tanta più ne richiede quanto più il ruolo sia carico, non essendo certo esempio di buona organizzazione e di rispetto del giusto processo la mera assunzione in decisione del numero di processi che sicuramente si è in grado di smaltire lasciando per il resto di fatto altre situazioni completamente sprovviste di qualunque considerazione, prima ancora che di tutela.

Naturalmente questo non significa che la grave situazione in cui versa la giustizia civile possa (e tanto meno debba) costituire usbergo e salvacondotto per ritardi di ogni tipo. Significa solo che grave, consapevole, attento e meticoloso dovrà essere il lavoro del giudice disciplinare per valutare in concreto se i ritardi contestati possano essere effettivamente conseguenza di una scelta organizzativa consapevole, progettata, discussa, attuata anche in considerazione delle eventuali peculiarità del ruolo e caratteristiche del contenzioso, idonea a produrre effetti positivi sulla durata dei processi e sulla diminuzione delle pendenze e non piuttosto una "scusa" per tentare di giustificare in extremis ritardi gravi e reiterati da parte di un magistrato che, ad esempio, non abbia neppure la compiuta conoscenza della composizione del proprio ruolo ovvero non abbia neppure assunto in decisione un numero di processi pari alla media dei colleghi di sezione nel medesimo arco temporale. E naturalmente sarà onere del magistrato che intenda giustificare I gravi e reiterati ritardi contestatigli sulla base di una scelta organizzativa intesa ad una più funzionale e proficua gestione del ruolo fornire al giudice disciplinare tutti gli elementi per valutare la fondatezza e serietà della giustificazione addotta.

3. L'accoglimento (nei limiti e nei termini di cui sopra) del secondo motivo di ricorso comporta l'assorbimento del terzo motivo col quale, deducendo "Erronea applicazione dell'art. 3 bis d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109 ai sensi dell'art. 606 lettera b) c.p.p. - Insufficiente motivazione sull'applicazIone dell'art. 3 bis d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109 ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.c." il ricorrente censura -sia sotto il profilo della erronea applicazione di legge che sotto il profilo della mancanza della motivazione- la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui è stata esclusa nella fattispecie la ricorrenza dell'ipotesi di non configurabilità dell'Illecito disciplinare prevista dall'art. 3 bis d.lgs. n. 109 del 2006.

Dall'argomentare che precede discende il rigetto del primo motivo di ricorso, l'accoglimento del secondo nel limiti e nei termini di cui alla motivazione che precede e l'assorbimento del terzo.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in diversa composizione.

Non vi è da provvedere sulle spese perché il Ministro della Giustizia non ha partecipato al giudizio ed il Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte Suprema non può essere destinatario di statuizioni sulle spese.

 

P.Q.M

 

Accoglie nei limiti e nei termini di cui in motivazione il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in diversa composizione.