Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 gennaio 2016, n. 373

Accertamento e riscossione - Dichiarazione dei redditi - Dichiarazione emendabile in sede di impugnazione della cartella di pagamento

 

Svolgimento del processo

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, avverso la sentenza n. 16/34/09 della CTR del Piemonte, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, fu accolto il ricorso della contribuente B.P. srl avente ad oggetto l’impugnazione della cartella esattoriale n. 073/2006/194023/67, con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto al recupero dell’Irpeg conseguente al mancato versamento relativo a quanto esposto dalla contribuente nella dichiarazione annuale Irpeg per l’esercizio 2002.

La CTR, in particolare, nel ritenere l’emendabilità dell’errore commesso dalla contribuente nella dichiarazione a fini Irpeg, consistente nell’aver indicato l’importo contenuto nel rigo relativo all’adeguamento agli studi di settore, notevolmente diverso da quello risultante dalle scritture contabili della società, ed evidentemente riconducibile al difettoso funzionamento del software, affermava che il termine entro cui esercitare tale rettifica doveva ritenersi quello previsto dall’art. 38 Dpr 602/73, che costituisce rimedio generale per tutte le azioni di indebito.

La contribuente resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunzia la falsa applicazione dell’art. 38 Dpr 602/73 in presentato un’istanza di rimborso ma una dichiarazione rettificativa della propria dichiarazione dei redditi.

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 2 comma 8 bis Dpr 322/1988 (ndr art. 2 comma 8 bis Dpr 322/1998) in relazione all’art. 360 n. 3) cpc, chiedendo alla Corte di dire se "alla presente fattispecie si applichi o no la norma giuridica, ricavata dall’art. 2 comma 8 bis Dpr 322/1998, secondo cui "la rettifica delle subdichiarazioni non di mera scienza contenute nella dichiarazione dei redditi non può essere effettuata dal contribuente oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo."

I due motivi che, in virtù dell’intima connessione, vanno unitariamente esaminati, sono infondati.

Ed invero, secondo il consolidato orientamento della S.C., cui intende darsi senz’altro continuità, la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione è - in linea di principio - emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.

Ciò in quanto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza "e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell' "iter" procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria.

Un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione, darebbe invero luogo a un prelievo fiscale inedito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53, comma primo, Cost.) e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (art. 97, comma primo, Cost.) (Cass. Ss.Uu. 15063/2002).

Come questa Corte ha già affermato, la dichiarazione dei redditi, in quanto momento essenziale del procedimento di accertamento e riscossione e non fonte dell'obbligo tributario né atto assimilabile ad una confessione, non può precludere al contribuente di dimostrare, in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva, l'inesistenza, anche parziale, di presupposti di imposta erroneamente dichiarati, purché siano osservati forme e termini previsti dall'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, disposizione che, autorizzando la presentazione dell'istanza di rimborso, oltreché in caso di errore materiale, in quello di "inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento", opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilità del versamento indebito, a prescindere dalla riferibilità dell'errore nel versamento, all' "an" o al "quantum" del tributo.

Il contribuente può dunque contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata, anche in sede d'impugnazione della cartella di pagamento, nonostante la scadenza del termine di cui all'art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, anche in sede processuale, ove per effetto dell'errore commesso derivi, in contrasto con l'art. 53 Cost., l'assoggettamento del dichiarante ad un tributo più gravoso di quello previsto dalla legge (Cass. 4049/2015).

La facoltà, attribuita al contribuente dall’art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, come introdotto dall'art. 2 del d.P.R. 7 dicembre 2001 n. 435, di emendare i propri errori mediante apposita dichiarazione integrativa entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, non interferisce, infatti, sull'effettivo esercizio del diritto al rimborso, né sulla facoltà di emendare i propri errori da parte del contribuente, in quanto deve ritenersi correlata al rispetto di detto limite temporale la sola possibilità di portare in compensazione il credito eventualmente risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida 4.000,00 € per compensi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15%.