Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 febbraio 2016, n. 2868

Tributi - Avvisi di accertamento relativi alla ripresa a tassazione di IRES, IRAP e IVA - Falsità di fatture relative a contratti di sponsorizzazione

 

In fatto e in diritto

 

L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della O.I.M.A.I. s.r.l. diversi avvisi di accertamento relativi alla ripresa a tassazione di IRES, IRAP e IVA in relazione alla ritenuta falsità di fatture relative a contratti di sponsorizzazione intercorsi fra la società e la squadra di calcio A.S.D.  fra gli anni 2006/2009.

Il giudice di primo grado, con riguardo all’anno di imposta 2009, annullava l’accertamento con sentenza riformata dalla CTR dell’Abruzzo n. 198/2/14, depositata il 19.2.2014.

Secondo il giudice di appello l’artificiosità della fatturazione e l’inverosimiglianza dei sottostanti rapporti nasceva dalla incongruenza fra le spese delle sponsorizzazioni, pari a euro 15.000,00 annui, e l’utile netto risultato negli stessi periodi prodotto dalla società, di poco superiore al costo della sponsorizzazione. L’Agenzia, ancorché non gravata dal relativo onere, aveva fornito elementi presuntivi idonei a giustificare l’ipotesi espressa negli avvisi di accertamento, a nulla rilevando il volume d’affari della società. Anche l’assenza della gran parte dei contratti presso la A.S.D.  costituiva argomento coerente sul piano indiziario in ordine all’inverosimiglianza dei costi.

La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre complessi motivi al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.

E’ stata depositata memoria dalla parte ricorrente.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992. Nella parte dispositiva la CTR avrebbe disposto il rigetto del ricorso "prodotto dalla s.r.l. O.I.M.A.I." benché la contribuente non aveva prodotto alcun ricorso ma unicamente promosso il ricorso contro l’avviso di accertamento che non poteva quindi essere rigettato dalla C.T.R. de L’Aquila innanzi alla quale la stessa non aveva avanzato alcun "ricorso".

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992. La CTR aveva fatto riferimento unicamente agli argomenti esposti dall'Ufficio tralasciando ogni giudizio sulle difese dalla contribuente. Peraltro, la CTR per giustificare l’antieconomicità, si era fondata sul raffronto fra costo dell’operazione e utile netto, omettendo di rapportate il costo stesso all’attività potenzialmente idonea a produrre ricavi. Inoltre, la CTR aveva ritenuto non prodotti i contratti senza considerare che gli stessi risultavano esibiti nel corso del giudizio di primo grado.

Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 57 d.lgs. n. 546/1992 e 112 e 345 c.p.c.

La CTR aveva fondato la decisione su un argomento per la prima volta svolto dall’Ufficio in fase di appello- antieconomicità dell’operazione- discostandosi dalle contestazioni contenute nell’atto di accertamento e così violando le disposizioni invocate, incorrendo altresì nel vizio di ultrapetizione. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza delle censure esposte dalla ricorrente.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile. La CTR ha riformato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente e, per l’effetto, ha rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso impugnato. Ciò che non sembra avere colto la ricorrente nella censura qui esaminata.

Il secondo motivo di ricorso è palesemente inammissibile.

La sentenza impugnata non è affetta dal vizio di nullità prospettato sotto il profilo dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, contenendo un’esauriente motivazione coerente con gli argomenti esposti ai sostegno dell’artificiosità delle operazioni di sponsorizzazione risultanti dalle fatture. Risultando la decisione qui esaminata soggetta alla nuova formulazione dell’art. 360 c.1 n.5 c.p.c.- nemmeno mai prospettata dalla parte ricorrente- il controllo sulla motivazione di questa Corte si riduce ai soli casi di motivazione che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante ed attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico. Ne consegue che la ricostruzione del fatto, operata dai giudici di merito, è oramai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia viziata da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili. Circostanze non ricorrenti nel caso di specie se si considera la ricostruzione argomentativa esposta dalla CTR a sostegno della ritenuta artificiosità dell’operazione di sponsorizzazione- Cass. n. 12028/2014, Cass. S.U. n. 8053 e 8054/2014-. Analoga sorte merita la prospettata violazione, sempre sotto il paradigma dell’art. 36 cit., con riguardo agli argomenti utilizzati dalla CTR per giustificare l’antieconomicità dell’operazione, attenendo peraltro la censura al merito dell’accertamento operato dalla CTR e tendendo la stessa ad un improprio sindacato di questa Corte su tali valutazioni.

Parimenti inammissibile si rivela la censura laddove prospetta una nullità della sentenza per mancato esame di un documento che, per l’un verso avrebbe imposto la prospettazione di un vizio di motivazione alla stregua dell’art.360 c.1 n.5 c.p.c. nella nuova formulazione e, per altro verso, omette di dimostrare la rilevanza e conducenza di tale circostanza. Ed infatti, la CTR ha ritenuto che l’assenza della gran parte dei contratti di sponsorizzazione costituiva un ulteriore elemento presuntivo a sostegno della ritenuta artificiosità dell’operazione che lo stesso giudice aveva agganciato ad ulteriori decisive considerazioni.

Anche il terzo motivo di ricorso è palesemente inammissibile.

Ed invero, ad onta di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, la CTR non ha in alcun modo ampliato il tema d’indagine posto a base dell’accertamento, nè ha introdotto in appello doglianze nuove rispetto a quelle esposte nell’avviso di accertamento, avendo semmai fondato la propria decisione sull’artificiosità delle operazioni di sponsorizzazione, in tal modo muovendosi linearmente sulle coordinate esposte nell’accertamento ove l’Ufficio aveva dedotto l’inesistenza delle operazioni fatturate. D’altra parte, la questione relativa all’antieconomicità dell’operazione esposte diffusamente nell’atto di appello dell’Ufficio non poteva che costituire il naturale sviluppo argomentativo della pretesa originariamente esposta, non potendosi per l’effetto qualificare come motivo nuovo, ma quale mera argomentazione difensiva non soggetta alla disciplina in tema di motivi nuovi e di ultrapetizione. Questione, d’altra parte, strettamente correlata all’accertamento di fatto compiuto dalla CTR in ordine all’inesistenza delle operazioni di sponsorizzazione ritenuta non implausibilmente in forza degli elementi puntualmente esposti nella motivazione.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla parte ricorrente in memoria.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore della parte intimata.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle entrate liquidandole in euro 1000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del dPR n. 115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso  a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.