Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 febbraio 2016, n. 6105

Tributi - Reati tributari - Omesso versamento ritenute certificate - Ammontare inferiore alla soglia di punibilità - Formula di assoluzione "il fatto non sussiste" - Applicazione sanzioni amministrative - Legittimità

 

Ritenuto in fatto

 

1. (...) ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha confermato quella emessa dal tribunale di Cosenza con la quale il ricorrente è stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione per il reato previsto dall'articolo 10-bis decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 per non aver versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti relativamente ad emolumenti erogati nell'anno di imposta 2006 per un ammontare superiore ai 50.000,00 Euro (complessivamente euro 85.481,00). In Cosenza il 30 settembre 2007 (termine per la presentazione del modello 730 semplificato per l'anno di imposta 2006).

2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza, il ricorrente solleva, tramite il difensore, i due seguenti motivi di gravame.

2.1. Il primo motivo il ricorrente lamenta la carenza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione su punti decisivi per il giudizio (articolo 606, comma 1, lettera e) codice di procedura penale in relazione all'articolo 192 stesso codice) quanto all'omessa motivazione circa l'avvenuto rilascio delle certificazioni ai sostituti.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione nonché l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 10-bis, 12 e 13 decreto legislativo 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale).

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.

2. Osserva preliminarmente il Collegio, essendo la questione pregiudiziale all'esame dei motivi, che il d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 233 del 7 ottobre 2015, in vigore dal 22 ottobre 2015) ha novellato la fattispecie incriminatrice ex art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 attraverso una riformulazione del modello legale e soprattutto elevando la soglia di punibilità per l'integrazione del fatto di reato da euro 50.000 ad euro 150.000.

3. Ne consegue che, nel caso di specie, non risulta integrata la soglia di punibilità richiesta per la configurabilità della fattispecie incriminatrice.

Ritiene il Collegio che, nell'art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e nelle fattispecie analoghe che condividono la stessa struttura quanto agli enunciati di tipicità che caratterizzano la fattispecie incriminatrice, la soglia di punibilità rientra tra gli elementi costitutivi del reato e non tra le condizioni obiettive di punibilità.

Per rendersene conto è fondamentale la considerazione per la quale l'integrazione o meno della soglia quantitativa necessaria per il perfezionamento del reato non dipende da un evento futuro ed incerto (ossia da una condizione) ma dallo stesso comportamento omissivo dell'agente che non versa le ritenute operate nella qualità di sostituto d'imposta entro il termine previsto per la presentazione della relativa dichiarazione annuale per un importo che, integrata la soglia, contribuisce alla realizzazione del fatto tipico.

In definitiva, la soglia di punibilità si traduce nella fissazione di una quota di rilevanza quantitativa e/o qualitativa del fatto tipico (come avviene, a titolo esemplificativo, nell'usura, ove il requisito della usurarietà del tasso di interesse risulta da una complessa operazione di determinazione di esso; avviene nei casi in cui si ricorre alla fissazione di limiti tabellari che servono a qualificare la tossicità degli alimenti, o il tasso alcoolemico del conducente di veicoli), con la conseguenza che, alla mancata integrazione della soglia, corrisponde la convinzione del legislatore circa l'assenza nella condotta incriminata di una "sensibilità" penalistica del fatto, sicché il comportamento sotto soglia è ritenuto non lesivo del bene giuridico tutelato, consistente, nel caso in esame, nella salvaguardia degli Interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei tributi, anche in ossequio alla necessità di esaltare il principio di offensività, dovendo alla soglia di punibilità spettare - come si legge nella Relazione di accompagnamento al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - anche il compito, conformemente alla previsione dell'articolo 9, comma 1, lettera b), della legge delega, di «limitare l'intervento punitivo ai soli illeciti di significativo rilievo economico», consentendo di riflesso un conseguente alleggerimento del carico penale.

E’ il caso poi di segnalare come la Corte costituzionale (sentenza n. 241 del 2004), convalidando siffatte opzioni interpretative, abbia assegnato alle soglie di punibilità (nel caso dello scrutinio di costituzionalità si trattava delle soglie contemplate dalla previgente formulazione dell'art. 2621 cod. civ.) il ruolo di "requisiti essenziali di tipicità del fatto".

Inoltre, nella stessa relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 74 del 2000 è poi significativamente affermato che le soglie di punibilità sono "da considerarsi alla stregua di altrettanti elementi costitutivi del reato e che in quanto tali debbono essere investiti dal dolo".

Ne consegue che deve rientrare nel fuoco del dolo anche la soglia di punibilità (ora di Euro centocinquantamila a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015), che è un elemento costitutivo del fatto di reato, con la sottolineatura che il dolo è generico (Sez. U, n. 37425 del 28/03/2013, Favellato, in motiv.) e che la prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale o da quanto risulta dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, emergendo da tali atti l'importo dovuto a titolo sostituto di imposta e che deve, quindi, essere versato o almeno contenuto non oltre la soglia, ora, di Euro centocinquantamila, entro il termine di legge previsto.

4. Da ciò deriva che la formula assolutoria da utilizzare in ipotesi di mancata integrazione della soglia di punibilità nel delitto previsto dall'art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, vuoi perché, contestato un fatto integrante la soglia, lo stesso è invece risultato, a seguito dell'accertamento processuale, sotto-soglia oppure perché, come nel caso di specie, la soglia di punibilità è stata elevata a seguito dello ius superveniens, è di semplice soluzione, avendo le Sezioni Unite penali affermato che nel caso in cui manchi un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l'assoluzione dell'imputato va deliberata con la formula «il fatto non sussiste», non con quella «il fatto non è previsto dalla legge come reato», che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv. 250975; Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, un motiv.).

Pertanto, l'adozione della formula «il fatto non è previsto dalla legge come reato» dipende dal tenore formale dell'imputazione, dalla circostanza cioè che con esso si assume la riconducibilità della fattispecie concreta ad una fattispecie astratta mai esistita, abrogata o dichiarata in toto costituzionalmente illegittima. Mentre, quando il fatto storico, così come ricostruito, non è idoneo, come nella specie, ad essere sussunto nella fattispecie astratta, per la mancanza di un elemento costitutivo del reato, occorre adottare la formula «il fatto non sussiste» (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, cit.).

5. Resta soltanto da chiarire che l'insussistenza del fatto dichiarata, come nel caso in esame, per la mancata integrazione della soglia di punibilità, attiene all'inconfigurabilità della fattispecie incriminatrice quanto all'accertamento che non sussiste il fatto che sia stata raggiunta una soglia pari o superiore a quella prevista per la realizzazione del reato, con la conseguenza che è esclusivamente rispetto a tale fatto che, ai sensi dell'art. 652 cod. proc. pen., la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata, come in questo caso, a seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato, restando impregiudicata, per assenza di accertamento in sede penale, l'eventuale mancato versamento delle ritenute operate in misura inferiore alla soglia di punibilità e potendo l'amministrazione finanziaria procedere in via amministrativa all'accertamento della violazione e all'irrogazione delle relative sanzioni in relazione all'imposta dovuta e non versata, purché sotto soglia.

Ne deriva l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.