Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 febbraio 2016, n. 2157

Tributi - Tenuta registri fiscali - Commercianti al dettaglio ed altri contribuenti - Registro dei corrispettivi - Obbligo di istituzione e annotazione

 

Osserva

 

La CTR di Bari ha disatteso l’appello dell’Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 19/07/2002 della CTP di Lecce che aveva accolto integralmente l’impugnazione proposta da V.E. - ed ha perciò annullato l’avviso di rettifica IVA per l’anno 1995 recante (tra l’altro) irrogazione di sanzioni adottate per la violazione della disciplina concernente l’omessa tempestiva annotazione nel registro prima nota dei corrispettivi di vendita di propellenti per autoveicoli (nel periodo 1.10.1995-22.11.1995), riducendo a £ 1.000.000 la sanzione originariamente irrogata in ammontare pari a £ 23.478.000.

La CTR ha motivato la sua decisione evidenziando che la stessa GdF, nel processo verbale di data 4.12.1995, aveva evidenziato che le quantità di carburante risultavano registrate regolarmente nel registro di carico e scarico degli oli minerali e che i controlli indiretti eseguiti per effetto del DM 26.4.1995 concernenti la rotazione di magazzino e la produttività per addetto non avevano dato luogo a scostamenti rilevanti. D’altronde, anche i prezzi dei prodotti petroliferi (forniti esclusivamente da un produttore) erano annotati sia all’acquisto che alla vendita nelle scritture contabili, come dai prezzi stabiliti.

L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi di impugnazione.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnati allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Con il primo ed il secondo motivo di impugnazione (centrato l’uno sulla violazione dell’art. 6 del D.Lgs. 241/1997, dell’art. 24 del DPR n. 633/1972; l’altro sulla motivazione insufficiente della sentenza) la parte ricorrente si duole sia della ritenuta derogabilità dell’obbligo di tempestiva registrazione nel registro "prima nota cassa" che costituisce, ai fini di eventuali controlli, l’unico supporto formale dell’obbligazione tributaria (anche perché, come risultava dal PVC, ciò che risultava regolarmente indicato nel registro di carico e scarico erano solo le quantità di carburante e non anche i corrispettivi); sia della ritenuta attribuzione della qualifica di "violazione formale" a detta omissione; sia ancora della lacunosità ed insufficienza della motivazione della sentenza qui impugnata, nella quale non si era tenuto conto che le annotazioni ritenute adeguatamente suppletive di quella prescritta per legge nulla avrebbero potuto consentire di controllare in ordine ai corrispettivi percepiti, e perciò ai tributi dovuti.

I motivi - tra loro strettamente correlati e da esaminarsi congiuntamente - appaiono il secondo infondato ed il primo fondato e da accogliersi.

Quanto al secondo, preliminare in senso logico, esso risulta infondato in termini di puro fatto, siccome è la stessa parte ricorrente che ha trascritto in ricorso il passo del PVC (menzionato anche dal giudicante) nel quale si dice che "i prezzi dei prodotti petroliferi...sono annotati sia all’acquisto che alla vendita nelle scritture contabili, come da prezzi prestabiliti", ciò che fa sicuramente venir meno la fondatezza della taccia secondo cui le scritture contabili che il giudice avrebbe considerato come efficace surrogato di quelle prescritte dalla legge avrebbero comunque impedito di controllare la consistenza dei ricavi ottenuti dalla vendita dei propellenti.

Quanto al primo motivo, deve essere evidenziato che l’art. 24 del DPR n. 633/1972 (nel testo vigente all’epoca di cui trattasi) prevedeva che:

"I commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art. 22, in luogo di quanto stabilito nell'articolo precedente, possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, distinto secondo l'aliquota applicabile, nonché l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni non imponibili di cui all'art. 21, sesto comma e, distintamente, all'art. 38-quater e quello delle operazioni esenti ivi indicate. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo. Le operazioni assoggettate all'obbligo del rilascio della ricevuta fiscale devono essere annotate distintamente, secondo l'aliquota applicabile ... I commercianti al minuto che tengono il registro di cui al primo comma in luogo diverso da quello in cui svolgono l'attività di vendita devono eseguire le annotazioni prescritte nel primo comma, nei termini ivi indicati, anche in un registro di prima nota tenuto e conservato nel luogo o in ciascuno dei luoghi in cui svolgono l'attività di vendita. Le relative modalità sono stabilite con decreto del Ministro delle finanze".

La facoltatività delle annotazioni è da intendersi, ovviamente, nel senso dell’alternatività rispetto alle formalità previste nell’articolo che precede, ma non anche nel senso della derogabilità di detto obbligo, a proposito del quale si deve perciò ritenere applicabile il medesimo principio che è già stato messo in evidenza a proposito degli obblighi di registrazione che sono imposti dagli art. 23 e 25 del DPR n. 633/1972: "In tema di IVA, gli artt. 23 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che stabiliscono tempi e modalità della registrazione delle fatture, pongono un obbligo generalizzato di annotazione, fissando per la relativa effettuazione precise modalità, che non trovano deroga in altre previsioni di legge, essendo collegate alle scansioni temporali dei versamenti dell'imposta, sicché tanto l'omissione della suddetta annotazione entro il termine previsto dal citato art. 23, quanto la mancata contabilizzazione delle fatture nella dichiarazione relativa all'esercizio di competenza, costituiscono "irregolarità sostanziali", perché rilevanti ai fini della determinazione del "volume d'affari" previsto dall'art. 20 del medesimo d.P.R. e, conseguentemente, dell'imposta dovuta, e trovano un puntuale riscontro nel regime sanzionatorio previsto dagli artt. 42, 43 e 44 dell'indicato d.P.R." (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 656 del 15/01/2014).

E’ stato anche evidenziato che: "L'art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nel punire con la sanzione amministrativa la violazione degli obblighi inerenti la registrazione delle operazioni imponibili ai fini dell'IVA, anche quando non abbiano dato luogo in concreto ad evasione fiscale, non ha fatto altro che riprodurre la fattispecie sanzionatoria già in precedenza prevista dall'art. 42 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, contestualmente abrogato; pertanto, il contribuente sanzionato in base alla seconda delle norme suddette non può invocare il principio del favor rei, per difetto assoluto dei relativi presupposti, e l’abrogazione del citato art. 42 può eventualmente incidere solo sulla misura della sanzione irrogata". (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 434 del 11/01/2008).

Vi è perciò da concludere che erroneamente il giudice del merito ha rinvenuto nella contabilità aziendale (sulla cui tempestiva tenuta, in ordine agli incassi giornalieri, nulla è dato di sapere) un succedaneo di quella normativamente imposta per le finalità fiscali, ciò che postula - implicitamente - che si tratti di un obbligo derogabile, senza che però sia detto da quale previsione normativa detta derogabilità discende.

Non resta che concludere che il vizio di erronea interpretazione del disposto normativo rende degna di cassazione la pronuncia impugnata, con la conseguente necessità della rimessione della lite al medesimo giudice del merito, affinché rinnovi l’esame delle questioni sottopostegli, alla luce dei principi correttamente applicabili. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Ritenuto inoltre: che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

- relazione al primo motivo;

- che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Puglia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.