Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 febbraio 2016, n. 2631

Tributi - Accertamento in base ai parametri o agli studi di settore - Abbattimento dei maggiori ricavi accertati - Fatti che influenzano la gestione aziendale - Modifica in corso d'anno dell'attività d'impresa; problemi familiari dei soci - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti della società M. s.n.c., nonché nei confronti dei soci M.C. e R.I. per il maggior reddito da partecipazione, vennero emessi avvisi di accertamento per l'anno 1999 per maggiori ricavi a seguito dell'applicazione degli studi dì settore. A seguito dell'esito negativo della procedura di definizione concordata la società ed i soci proposero distinti ricorsi che la CTP, previa riunione, accolse. L'appello dell'Ufficio venne parzialmente accolto, con rideterminazione dei maggiori ricavi nella misura del 30%, dalla Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia-Romagna sulla base della seguente motivazione.

L'accertamento è stato effettuato nel rispetto delle disposizioni di legge. Fondamento giuridico dell'istituto degli studi di settore è l'art. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. n. 600/1973. "Quanto alla lamentata carenza di motivazione dell'accertamento la medesima non è fondata poiché sono stati indicati i dati di partenza per il calcolo degli studi di settore ed è stato fatto preciso riferimento alle norme che regolano tale determinazione. La motivazione è dunque da ritenersi legittima e conforme al dettato dell'art. 42 del d.p.r. n. 600/1973, avendo portato la parte al corrente dell'an e del quantum e avendogli così permesso di comprendere la pretesa fiscale e di difendersi. Nel merito, come dichiarato dallo stesso Ufficio, le condizioni particolari della società, illustrate dai contribuenti, inducevano l'Ufficio a proporre - a fronte dell'istanza di accertamento con adesione, al tempo presentata dagli appellati e non andata a buon fine - un abbattimento dei maggiori ricavi accertati nella misura del 30%.

A proposito si osserva che la modifica in corso d'anno dell'attività d'impresa, i problemi familiari del socio C. M., che hanno negativamente influenzato la gestione aziendale - pur non costituendo una causa di esclusione dall'applicazione degli studi di settore, per mancanza di prove certe e concrete idonee a vanificare l'accertamento impugnato - consentono la rideterminazione dei ricavi accertati con una riduzione del 30% degli stessi".

Hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. n. 600/1973, 62 bis e sexies L. n. 427/1993, 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva parte ricorrente che gli studi di settore, non costituendo fatto noto quale semplice proiezione statistica, sono insufficienti a fondare una presunzione semplice e che, collocando gli accertamenti nell'ambito degli artt. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. n. 600/1973 e 62 bis e sexies L. n. 427/1993, l'utilizzo degli studi di settore è consentito solo in presenza di gravi incongruenze fra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'attività svolta, presupposto che non ricorre nel caso di specie in quanto la discrepanza è limitata al 30%. Aggiunge che insufficiente è la motivazione dell'avviso di accertamento che si limita a riportare i criteri di determinazione degli studi e non indica gli elementi gravi, precisi e concordanti.

Il motivo è infondato. Il quesito di cui all'art. 366 bis c.p.c. risulta formulato solo in relazione alla violazione di legge, e non anche con riferimento al vizio motivazionale. Il motivo è valutabile pertanto solo sotto il profilo dell'art. 360 n.3 c.p.c.. La censura, benché articolata in una serie di rilievi, è valutabile solo nei termini della sintesi offerta dal quesito di diritto, non essendo ammissibili censure che non siano confluite nel requisito previsto dall'art. 366 bis c.p.c.

Il quesito finale recita quanto segue: se la sentenza impugnata violi le norme indicate in rubrica "nel ritenere gli studi di settore delle presunzioni utilizzabili come unico strumento di accertamento e determinazione del maggior reddito del contribuente". Al quesito deve darsi risposta negativa. Ben può l'accertamento essere basato esclusivamente sulla presunzione semplice integrata dagli studi di settore. Come affermato dalle sezioni unite (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635; conforme Cass. 15 maggio 2013, n. 11633), la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano state disattese. La formazione nel contraddittorio dell'accertamento mediante parametri o studi di settore rende pienamente legittimo l'atto impositivo.

Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 3 e 53 Cost. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la parte ricorrente che l'interpretazione proposta dalla CTR, che consente di accertare il maggior reddito esclusivamente sugli studi di settore, è in contrasto con le norme citate della Costituzione.

Il motivo è infondato. Come affermato da questa Corte, sulla base di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, ai fini dell'avvio della procedura finalizzata all'accertamento è necessario che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una "grave incongruenza" (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635; 26 settembre 2014, n. 20414). A condizione dunque che non ricorra un mero scostamento non significativo, ma uno scostamento qualificato in termini di "grave incongruenza", l'accertamento sulla base degli studi di settore non lede il principio costituzionale della capacità contributiva. Con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che la CTR non ha spiegato perché, pur in presenza della dismissione di un ramo importante dell'attività, si sarebbe dovuto realizzare il fatturato di cui agli studi di settore e perché sia stato ritenuto irrilevante il licenziamento di dipendenti.

Aggiunge che la CTR non ha spiegato perché uno scostamento del 30% abbia realizzato la grave incongruenza prevista dalla legge e perché, pur riconoscendo le allegazioni del contribuente, anziché ritenere nullo l'accertamento abbia rideterminato il reddito.

Il motivo è inammissibile per carenza del requisito di cui all’art. 366-bis c.p.c. previsto a pena di inammissibilità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i primi due motivi di ricorso e dichiara inammissibile il terzo; condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese 'processuali che liquida in euro 2.935,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.