Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 febbraio 2016, n. 2837

Rapporto di lavoro - Dipendente della Cassa Centrale di Risparmio - Promozione al grado di funzionario - Apertura della procedura coatta amministrativa - Mancata assunzione - Sospensione del giudizio

 

Svolgimento del processo

 

1. - Con ricorso al pretore di Ragusa, in funzione di giudice del lavoro, M. Z. esponeva di essere dipendente della Cassa Centrale di Risparmio V.E. per le Province Siciliane e la conveniva in giudizio perché venisse dichiarato il diritto alla promozione al grado di funzionario ovvero condannata ai risarcimento del danno per illegittima condotta datoriale.

Instaurato il contraddittorio, a seguito dell'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa della Cassa, nel frattempo divenuta S. Spa, il giudizio veniva dichiarato interrotto in data 6 marzo 1998. Z. riassumeva il giudizio non nei confronti della S. Spa in l.c.a., bensì nei confronti del Banco di Sicilia Spa, che aveva acquisito dipendenti nonché attività e passività della S. Il Banco di Sicilia Spa, costituendosi, eccepiva l'estinzione del giudizio per non essere stato riassunto nei confronti della parte originariamente convenuta; comunque sosteneva il proprio difetto di legittimazione passiva essendo un mero successore a titolo particolare della S. ed estraneo al rapporto controverso non oggetto della cessione.

Per quanto qui ancora interessa, con sentenza del 13 gennaio 2009, la Corte di Appello di Catania ha confermato la pronuncia del primo giudice che aveva dichiarato estinto il giudizio per non essere stato riassunto il giudizio interrotto nel confronti della S. in l.c.a., originariamente convenuta.

I giudici del merito hanno concordemente ritenuto che le ordinanze del 22 giugno 1995 e del 26 ottobre 1999 - con le quali il giudice monocratico, in corso di causa, si era pronunciato sulla questione relativa alla correttezza della riassunzione effettuata dal ricorrente nei confronti del solo Banco di Sicilia Spa, disattendendo l'eccezione di estinzione del giudizio formulata da quest'ultima - non avessero contenuto di sentenza.

2. - Con ricorso M. Z. ha domandato la cassazione della sentenza per un unico motivo. Ha resistito con controricorso Unicredit Spa, quale società incorporante il Banco di Sicilia Società per Azioni, a sua volta conferitaria di ramo d'azienda da Capitalia Spa, già Banca di Roma Spa, a sua volta incorporante il Banco di Sicilia Spa; la società ha altresì formulato ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

 

Motivi della decisione

 

3. - Con unico articolato motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 2909 c.c. e 324, 307 e 308 c.p.c., per non avere la Corte territoriale qualificato le ordinanze del giugno 1999 e del dicembre 1999 come sentenze, in quanto le stesse avevano deciso le questioni pregiudiziali e di merito attinenti alla regolarità ed alla integrità del contraddittorio ed alla legittimazione passiva dell'allora convenuta Banco di Sicilia Spa con la forza del giudicato, sicché sul punto doveva ritenersi preclusa la potestas decidendi e le successive sentenze che avevano pronunciato l'estinzione del giudizio, contraddicendo le citate ordinanze, erano illegittime per violazione delle norme sulla cosa giudicata.

Nella sostanza si opina che i provvedimenti adottati in forma di ordinanza dal giudice monocratico, con cui viene respinta l'eccezione di estinzione del giudizio, abbiano natura di sentenza.

La censura è infondata.

II codice di procedura civile disciplina esclusivamente l'impugnazione della ordinanza di estinzione. L'art. 178 c.p.c., comma 2, dispone che "l'ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara l'estinzione del processo è impugnabile dalle partì con reclamo immediato al collegio".

Tale disposizione ovviamente trova applicazione in tutti i casi in cui il tribunale, giusta il disposto di cui all'art. 50 bis c.p.c., giudica in composizione collegiale. Non può trovare applicazione, invece, nelle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica. In tal caso l'eventuale ordinanza di estinzione, pronunciata dal giudice monocratico, ha natura sostanziale di sentenza e, come tale, è appellabile anche se la declaratoria di estinzione viene emessa in forma di ordinanza (cfr. Cass. n. 9279 del 1993; Cass. n. 14889 del 2002; Cass. n. 8092 del 2004; Cass. n. 950 del 2005).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte qui condivisa la su esposta disciplina dell'impugnazione dell'ordinanza di estinzione non può trovare applicazione analogica nella diversa ipotesi di rigetto della eccezione di estinzione del processo, per la ovvia ragione che il provvedimento di rigetto non incide sul corso del processo, mentre la pronuncia di estinzione ne paralizza il corso, impedendo che si possa pervenire ad una decisione nel merito (Cass. n. 24176 del 2011).

L'ordinanza reiettiva dell'eccezione di estinzione del processo è revocabile, anche d'ufficio, dal giudice che l'ha pronunciata, trattandosi di ordinanza non espressamente dichiarata impugnabile dalla legge e contro la quale, a differenza di quanto previsto dall'art. 308 c.p.c. per l'ordinanza che dichiari l'estinzione del processo, non è predisposto dalla legge uno speciale mezzo di reclamo (Cass. n. 8670 del 2005). Si è altresì affermato che il rigetto o l'omesso esame dell'eccezione di estinzione del processo non ne preclude la riproposizione in sede decisoria senza che sia necessaria alcuna riserva di gravame (Cass. n. 2435 del 1964; Cass. n. 15548 del 2003).

Se l'ordinanza di rigetto dell'eccezione di estinzione del processo può essere revocata dal giudice che l’ha emessa ovvero travolta in sede decisoria ne deriva che a detta ordinanza, perché revocabile ed inidonea a definire il giudizio, non può essere riconosciuta la natura sostanziale di sentenza, atteso che giammai il provvedimento negativo potrebbe ascriversi al genus dell'atto definitivo impediente la prosecuzione del processo.

Diverso il caso in cui il giudice monocratico si pronunci con sentenza non definitiva respingendo l'eccezione di estinzione del processo (cfr. Cass. n. 23625 del 2006; Cass. n. 14592 del 2007), in quanto la scelta di elevare la questione dell'estinzione al rango di pregiudiziale di rito da delibare con sentenza conferisce d'imperio al provvedimento, anche se negativo, il carattere della non revocabilità.

4. - Conclusivamente il ricorso principale deve essere respinto; il ricorso incidentale, espressamente dichiarato condizionato, va considerato assorbito.

La soccombenza regola le spese liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese liquidate in euro 4.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.