Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 febbraio 2016, n. 2809

Tributi - Condono ex art. 9, Legge n. 289/2002 - Causa ostativa - Notifica processo verbale di constatazione con esito positivo - Annullamento del condono - Versamento delle somme relative alla definizione automatica a seguito di riscossione mediante ruolo - Irrilevante - Inapplicabilità del condono in relazione all’IVA

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti di C. G. venne emesso, sulla base di p.v.c., avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2001 ai fini IRAP e IVA per omessa contabilizzazione di ricavi e omessa contabilizzazione di costi. Impugnò l'atto il contribuente, deducendo la nullità della notifica dell'accertamento, l'infondatezza nel merito della pretesa erariale e l'avvenuta presentazione in data 16 maggio 2003 della dichiarazione di definizione ai sensi dell'art. 9 I. n. 289/2002. Il ricorso venne disatteso dalla CTP, la quale, con riferimento alla dichiarazione di condono, rilevò l'esistenza della causa ostativa rappresentata dalla previa notifica di p.v.c. Propose appello il contribuente e con successiva memoria dedusse che in data 3 marzo 2008 gli era stata notificata la cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo quale integrazione dei pagamenti dovuti a seguito della presentazione della dichiarazione ai sensi dell'art. 9 I. n. 289/2002. La Commissione Tributaria Regionale delle Marche accolse l'appello sulla base della seguente motivazione.

"Pur condividendo le valutazioni del primo giudice circa la ritualità della notifica dell'avviso di accertamento e quindi la presenza di causa ostativa per il condono (notifica del p.v.c.), non si può non osservare che nonostante ciò l'Ufficio, dopo una prima reiezione dell'istanza di condono, ne ha successivamente accettato la domanda riscuotendone la prima rata e quindi le restanti somme in base ad esso dovute mediante emissione dei ruoli i quali sono stati onorati dal contribuente (come da quietanza prodotta). Così operando, senza peraltro avere neanche comunicato al contribuente la inaccoglibilità della domanda a causa della menzionata causa ostativa, l'Ufficio ha di fatto definitivamente e irrevocabilmente speso il suo potere impositivo e tacitamente rinunciato al prodromico avviso di accertamento a suo tempo emesso e quindi ricorso. Pertanto il collegio, presa visione della memoria 12 settembre 2008 e dei documenti prodotti, in riforma della sentenza gravata, annulla l'avviso di accertamento opposto".

Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo l'Agenzia delle Entrate. Resiste con controricorso il contribuente.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 9 I. n. 289/2002 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che, in presenza della notifica di p.v.c, così come accertato dalla CTR, sussisteva la causa ostativa al condono rappresentata dalla notifica del p.v.c. prevista dall'art. 9, comma 14, lett. a), e che l'Ufficio, in presenza della causa ostativa ex lege, non poteva rinunciare alla pretesa impositiva. Aggiunge che la liquidazione e riscossione delle somme dovute in base al condono rientrava in una procedura automatizzata.

Il motivo è fondato. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza del quesito di diritto, risultando rispettato il requisito di cui all'art. 366 bis c.p.c.

Preliminarmente all'esame nel merito del ricorso va altresì rilevata la non applicabilità della disciplina di cui all'art. 9 I. n. 289/2002 con riferimento alla pretesa impositiva relativa all'IVA. Corte giust. 17 luglio 2008, causa C-132/06 ha infatti ritenuto gli artt. 8 e 9 I. 289/2002, n. 289, nella misura in cui integrano una rinuncia generale e indiscriminata a M'accerta mento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, incompatibili con il diritto comunitario. In conformità al dictum comunitario, ha affermato questa Corte che va disapplicato l'art. 9 della legge n. 289 del 2002, nella parte in cui consente al contribuente, che abbia omesso di presentare le dichiarazioni IVA negli esercizi d'imposta coinvolti dal condono, di fruire per questa imposta della definizione agevolata (Cass. 7 febbraio 2013, n. 2915). Il ricorso va quindi esaminato con riferimento alla residua pretesa impositiva.

Il giudice di merito, riconoscendo "la presenza di causa ostativa per il condono (notifica del p.v.c.)", ha accertato che alla data di entrata della legge n. 289/2002 era stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo. In presenza di tale presupposto di fatto, come previsto dall'art. 9, comma 14, I. n. 289/2002, le disposizioni del medesimo art. 9 "non si applicano". Non trovando applicazione la norma, non può neanche prodursi l'effetto giuridico del perfezionamento della procedura con le ulteriori conseguenze previste, fra le quali la preclusione di ogni accertamento tributario. La circostanza della presentazione della dichiarazione e del versamento degli importi relativi costituiscono circostanze di fatto improduttive di effetti giuridici, una volta che sussista la causa di non applicabilità della norma. Ad analoga conclusione deve pervenirsi laddove il versamento degli importi avvenga a seguito di riscossione mediante ruolo, posto che ex lege, indipendentemente dall'azione e dai comportamenti dell'Ufficio Tributario, le disposizioni di cui all'art. 9 non si applicano in presenza della notifica di p.v.c. prima dell'entrata in vigore della legge. Alla stessa stregua dell'incompatibilità euro-unitaria appena rilevata a proposito dell'IVA, la norma risulta non applicabile, anche laddove l'Ufficio abbia proceduto alla riscossione mediante ruolo. Diversamente opinando dovrebbe ritenersi che pur in presenza di IVA, il versamento a seguito di riscossione coattiva, per il sol fatto dell'avvenuta iscrizione a ruolo, determini il perfezionamento della definizione del tributo, in contrasto con l'incompatibilità comunitaria della norma. Sia nell'uno, che nell'altro caso, si tratta di effetti operanti ipso iure (la non applicazione ex lege delle disposizioni di cui all'art. 9) e di cui l'Ufficio tributario non può disporre.

Non può peraltro sfuggire che in passato la giurisprudenza (Cass. 24 luglio 2002, n. 10800, sul punto condivisa da Cass. s.u. 13 luglio 2005, n. 14697), pur con riferimento ad un contesto normativo diverso e per diversa fattispecie, ha affermato che l’accertamento con adesione, in forza del quale può essere definita la rettifica delle dichiarazioni delle imposte sul reddito e dell'IVA, ai sensi degli artt. 2 - bis e 3 del D.L. 30 settembre 1994, n.564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, deve essere revocato da parte dello stesso Ufficio quando questi venga a conoscenza di elementi, dati e notizie relativi agli illeciti tributari penali, circostanza costituente causa ostativa all'ammissibilità della definizione, a norma dell'art. 2 - bis, comma secondo, del D.L. n.564 del 1994 -, anche se il contribuente abbia aderito alla proposta effettuando il relativo pagamento. Ha precisato in particolare questa Corte che l'Amministrazione ha il dovere - e non il potere discrezionale - di annullare l'accertamento con adesione a mezzo provvedimento di mera declaratoria di annullamento d'ufficio, non potendo, per il carattere imperativo della disposizione di cui al citato art. 2 - bis (che ha introdotto uno sbarramento ineludibile), dare esecuzione all'accordo con il contribuente, accordo viziato da nullità ex lege e, pertanto, improduttivo di effetti per violazione del cogente disposto di una norma di legge.

Il giudice di merito dovrà in conclusione attenersi al seguente principio di diritto: se alla data di entrata della legge n. 289 del 27 dicembre 2002 sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo le disposizioni di cui all'art. 9 della medesima legge non trovano applicazione, anche in presenza di versamento delle somme relative alla definizione automatica a seguito di riscossione mediante ruolo; le disposizioni di cui all'art. 9 non trovano comunque applicazione in relazione all'IVA stante l'incompatibilità con il diritto euro-unitario.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.