Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 febbraio 2016, n. 2829

Lavoro - Funzioni ispettive - Revoca - Natura persecutoria dei provvedimenti disciplinari - Dequalificazione professionale - Danno alla salute - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso depositato il 2/7/2007 S.C. proponeva appello nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma (n. 13867/2006), con la quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze era stato condannato a risarcirgli i danni da dequalificazione professionale nonché a rimborsargli, le spese di lite.

Il C. censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda di annullamento del provvedimento con cui era stata disposta la revoca delle funzioni ispettive già attribuitegli e il suo trasferimento ad altra direzione.

Con l'appello proposto il C. censurava peraltro, riproponendo le relative conclusioni, anche la mancata considerazione e valutazione, da parte del giudice di primo grado, del pregiudizio conseguente alla natura persecutoria dei provvedimenti disciplinari allo stesso inflitti; la erronea quantificazione del danno alla salute; la inadeguata quantificazione della condanna alle spese.

Il Ministero appellato si costituiva in giudizio senza proporre alcun gravame.

Con sentenza n. 4762/2012, depositata il 23 giugno 2012, la Corte di appello di Roma accoglieva il motivo concernente la giurisdizione del giudice ordinario, disponendo la rimessione degli atti al primo giudice ai sensi dell'art. 353 c.p.c.; non pronunciava sulle altre domande dell'appellante; disponeva, tuttavia, la compensazione per intero delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenzia il C., affidandosi a due motivi.

Il Ministero non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa pronuncia su tre capi di domanda, la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonché insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su diversi punti fondamentali della controversia (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.) ribadendo di avere proposto, tanto nel primo grado di giudizio come in quello di appello, non solo la domanda di annullamento del provvedimento, su cui il Tribunale aveva negato la giurisdizione del giudice ordinario, ma anche le domande risarcitone meglio precisate alle lettere b), c) e d) delle proprie conclusioni: domande che la Corte territoriale aveva completamente omesso di prendere in esame.

Con il secondo motivo il ricorrente censura sotto diversi profili il capo relativo alle spese contenuto nella sentenza impugnata: tale capo, infatti, aveva disposto la compensazione integrale per entrambi i gradi di giudizio in assenza di un gravame sul punto da parte del Ministero e omettendo qualsiasi esame dello specifico motivo di appello formulato dal ricorrente, diretto a ottenere la liquidazione di un maggiore importo; e comunque aveva disposto la compensazione sulla base di una motivazione incongrua ed erronea.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto in relazione ad entrambi i motivi in cui esso si articola.

La sentenza impugnata si è, infatti, limitata a pronunciare sul primo motivo di gravame, mediante il quale le era stata devoluta l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla richiesta di annullamento del provvedimento con cui era stata disposta la revoca delle funzioni ispettive già assegnate al C. e il trasferimento dell'appellante dal Servizio Ispettivo Centrale ad altra direzione centrale del Ministero.

La sentenza impugnata ha, tuttavia, completamente omesso di pronunciare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., sui punti b), c) e d) del ricorso in appello, riprodotti nel presente ricorso per cassazione alle pp. 6-7 e concernenti rispettivamente domanda di risarcimento danni da mobbing, rideterminazione del danno alla salute e diversa quantificazione del complessivo ammontare dei danni subiti dall'appellante.

La sentenza, inoltre, ha omesso di pronunciare sul motivo di appello diretto ad una nuova e maggiore liquidazione delle spese giudiziali, così nuovamente incorrendo nella violazione dell'art. 112 c.p.c. e pervenendo altresì, pur in difetto di una impugnazione relativa alle spese da parte del Ministero, alla modifica (con la compensazione integrale per entrambi i gradi) del regolamento adottato sul punto dal giudice di primo grado.

La sentenza deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, la quale provvederà ad esaminare i motivi pretermessi e a pronunciare sulle relative domande, previa formale separazione delle stesse da quelle già oggetto di pronuncia.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.