Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 febbraio 2016, n. 2810

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello - Denuncia di omessa motivazione - Condizioni - Censura riferita ad un fatto storico-naturalistico controverso e decisivo per il giudizio

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti di M.A. venne emesso a seguito di p.v.c. di data 5 maggio 1998 avviso di accertamento relativamente all'anno 1998 per maggiori ricavi e omessa contabilizzazione di operazioni imponibili. La CTP in parziale accoglimento del ricorso del contribuente determinò l'aliquota di ricarico applicata alla merce nella misura del 30%. L'appello del contribuente fu disatteso dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sulla base della seguente motivazione.

"L'analisi dei giudici di prime cure appare pienamente condivisibile; da una parte la percentuale determinata dai verbalizzanti verificatori, fissata al 49%, è stata ridotta con una motivazione che appare realistica. Per contro il ricorrente, oggi appellante, non ha indicato elementi validi che potrebbero comportare l'annullamento dell'avviso impugnato".

Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla base di un motivo. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unico motivo di ricorso si denuncia omessa motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Espone il ricorrente di avere nell'atto di appello lamentato che la sentenza di primo grado aveva omesso di pronunciare sulla presunzione contenuta nell'accertamento in base alla quale il maggior valore accertato delle rimanenze rispetto a quello dichiarato sarebbe stato interamente venduto nel corso del 1998. Osserva che anche la CTR ha omesso di pronunciare sulla questione della elevazione del valore delle giacenze al 31 dicembre 1997 a quello accertato al momento dell'accesso e della presunzione che tale differenza sia stata venduta tutta nel corso del 1998, invece di procedere al ragguaglio del valore delle giacenze al 31 dicembre 1997 al rideterminato valore delle giacenze medesime alla data dell'accesso (15 aprile 1998).

Il motivo è inammissibile.

L'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'"omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione", come riferita ad "un fatto controverso e decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21152). La censura è formulata dal ricorrente non con riferimento ad un fatto in senso storico-naturalistico, ma, come si desume agevolmente dallo stesso quesito c.d. di fatto ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. (che resta il criterio determinante per la valutazione del contenuto della censura), con riferimento alla legittimità dell'operato dell'Ufficio, che avrebbe elevato il valore delle giacenze al 31 dicembre 1997 e avrebbe poi presunto la vendita del valore così elevato nel corso del 1998. L'omissione di motivazione viene così collegata non ad un fatto ma alla questione della legittimità dell'operato dell'Ufficio.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in euro 2.625,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.