Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 gennaio 2016, n. 1565

Tributi - Imposte di registro e ipotecaria - Agevolazioni fiscali picccola proprietà contadina - Affitto del terreno agricolo a società di persone di cui il proprietario è socio insieme ad altri soci non familiari - Decadenza dal beneficio - Esclusione

 

Osserva

 

La CTR di Milano ha accolto l’appello dell’Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 103/02/2008 della CTP di Cremona, che aveva accolto il ricorso del contribuente G.A. - ed ha così confermato l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro ed ipotecaria concernente l’atto di compravendita di data 26.5.2001 di terreno rustico sito in S.R. (CR), avviso adottato previa revoca dei benefici fiscali riconosciuti a mente della legge n. 604/1954 per arrotondamento della piccola proprietà contadina e sull’evidenza che con contratto registrato il 4.2.2003 il G. aveva ceduto in affitto il terreno medesimo alla "Società agricola G., di G. V. F. ed A. - società semplice", perciò cessando di coltivarlo personalmente.

La pronuncia della CTR è motivata nel senso che l’art.7 della menzionata legge n. 604/1954 sancisce espressamente che decade dalle agevolazioni l’acquirente che prima del trascorrere di cinque anni dall’acquisto (tra l’altro) cede in locazione gli immobili acquistati, per quanto poi l’art. 11 comma 3 del D.Lgs. n. 228/2011 abbia previsto che non incorre nella decadenza dai benefici l’acquirente che durante il periodo vincolato, conceda il godimento a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado e di affini entro il secondo che esercitano l’attività agricola: siccome si versava appunto nell’ipotesi di società agricola costituita tra cugini (parenti di quarto grado), non ricorrevano le condizioni di legge per la conservazione del beneficio.

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. L’Agenzia non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Infatti, con il motivo di impugnazione (rubricato come:"Violazione e falsa applicazione degli art. 9 ed 11 del D-Lgs. 18.05.2001 n. 228, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc") la ricorrente si duole in sostanza che il giudice di appello abbia ritenuto determinante la composizione (in termini di relazioni familiari) della compagine societaria ai fini di statuire sulla legittimità della revoca delle agevolazioni di legge.

Il motivo appare fondato e da accogliersi.

La Commissione d’appello ha fatto, invero, erronea commistione tra la previsione dell’art. 9 e quella dell’art. 11 del D.Lgs. 228/2001.

Nella prima delle anzidette norme è previsto che "ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche".

Del tutto erroneamente la CTR ha ritenuto di dover applicare alla predetta previsione lo stesso limite della sussistenza di specifici rapporti endofamilari che è contemplato dalla diversa e del tutto autonoma disposizione dell’art. 11 già menzionato, quasi che tra le due discipline si possa stabilire un nesso di integrazione reciproca.

Al contrario, con l’art. 9 già menzionato il legislatore ha inteso escludere la decadenza dalle agevolazioni concesse (tra l’altro) dalla legge n. 604/1954 anche per l’ipotesi (del tutto diversa da quella contemplata nell’art. 11) che da parte del coltivatore diretto o IATP la coltivazione del fondo acquistato (dianzi effettuata personalmente) prosegua sotto la veste di socio, prescrivendo che anche in questa specifica fattispecie "continuano ad essere riconosciuti ...i diritti ....in favore delle persone in possesso delle predette qualifiche".

Deve perciò concludersi che il legislatore del 2001, per il dichiarato fine di incentivare le forme di coltivazione associata in agricoltura, ha ritenuto del tutto indifferente ai fini del godimento delle agevolazioni in parola (una volta che sussistano le due condizioni della qualifica soggettiva e della diretta coltivazione del fondo) che la coltivazione avvenga nella diretta detenzione da parte della persona fisica o nella detenzione mediata attraverso la qualità di socio di società di persone, qualunque sia la compagine che la compone.

Non essendo previsti limiti di sorta alla composizione della compagine sociale cessionaria del godimento del bene, ed essendo soltanto richiesto che il concedente continui ad assicurare la diretta conduzione del fondo anche nella nuova veste, non resta che ritenere erronea e degna di cassazione la pronuncia del giudice del merito che non si è attenuta alla corretta interpretazione della disciplina dianzi indicata, con la conseguenza che - non essendovi altri fatti da accertare - codesta Corte Suprema potrà poi decidere anche nel merito la controversia, annullando il provvedimento impositivo qui oggetto di impugnazione.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Ritenuto inoltre:

- che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto, che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impositivo qui impugnato. Condanna l’Agenzia a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 2.500,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per esborsi e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.