Giurisprudenza - TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE CAMPANIA - Sentenza 22 gennaio 2016, n. 369

Stranieri - Permesso di soggiorno - Rilascio - Diniego - Documentazione

 

Fatto e diritto

 

Il ricorrente, a mezzo del suo procuratore, ha chiesto di poter ritirare il provvedimento (di rigetto) conclusivo del procedimento finalizzato al rilascio del permesso di soggiorno a seguito di emersione.

Con nota dell’11.6.2015 la Questura di Napoli ha opposto il proprio diniego evidenziando come, ai sensi dell’articolo 3 co 3 del d.p.r. 394/99, il suddetto provvedimento debba essere notificato a mani proprie del destinatario.

Di qui l’azione spiegata in giudizio con la quale il ricorrente lamenta la violazione della disciplina di settore ex articoli 22 e ss della legge n. 241/1990 ed insiste per la condanna dell’Amministrazione intimata al rilascio della documentazione richiesta.

Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata.

All’odierna udienza il ricorso è stato trattenuto in discussione.

Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

Rileva preliminarmente il Collegio che il giudizio sul diritto di accesso non esime da una valutazione circa l'esistenza di una posizione pur sempre differenziata in capo al richiedente, cui deve correlarsi, in termini di concretezza ed attualità, un interesse conoscitivo (cfr. da ultimo Cons. St. Ad. Plen. 7/2012).

In altri termini, essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l'interesse rivendicato possa considerarsi "diretto, concreto e attuale", essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.

L'ordinamento prevede, infatti, che l'esibizione dei documenti sia strumentale alla tutela di un interesse concreto e meritevole di tutela e la necessità di un collegamento specifico e concreto con un interesse rilevante impedisce che l'accesso possa essere utilizzato per conseguire improprie finalità di controllo generalizzato sulla legittimità degli atti della P.A.

Segnatamente, la legittimazione all'accesso ai documenti amministrativi deve ritenersi consentita a chiunque possa dimostrare che il provvedimento o gli atti endoprocedimentali abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti; pertanto, il diritto di accesso può essere esercitato anche indipendentemente dall'esistenza di una lesione della posizione giuridica del richiedente, essendo invece sufficiente un interesse personale e concreto, serio e non emulativo, a conoscere gli atti già posti in essere e a partecipare alla formazione di quelli successivi (cfr. T.A.R. Roma Lazio sez. II, 01 dicembre 2011, n. 9461).

Orbene, ritiene il Collegio che l’istanza di ostensione azionata dal ricorrente si dispieghi in perfetta coerenza con i suddetti postulati, attesa, da un lato, l’esistenza di una posizione legittimante, fatta palese dalla sua qualità di soggetto che ha attivato il procedimento di rilascio del titolo di soggiorno e, dall’altro, la sussistenza di un interesse conoscitivo concreto ed attuale, legato, peraltro, alla stessa possibilità di far valere le proprie ragioni di doglianza avverso il relativo provvedimento di diniego.

Né hanno pregio le obiezioni mosse dall’Amministrazione intimata incentrate sul disposto di cui all’articolo 3 comma 3 del d.p.r. 394/99, a mente del quale il suddetto provvedimento va comunicato "allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificatone del provvedimento scritto e motivato, contenente l'indicazione delle eventuali modalità di impugnazione, effettuata con modalità tali da assicurare la riservatezza del contenuto dell'atto".

Appare, invero, di tutta evidenza che le modalità di notifica del precitato atto - dettate a tutela della riservatezza dell’interessato - non possono ridondare a suo danno, interferendo con il libero esercizio di un diritto (giustappunto quello di accedere agli atti che interferiscono con sua sfera giuridica) i cui presupposti sono definiti, in via conchiusa, dalla sopra richiamata disciplina di settore, che, peraltro, espressamente contempla la facoltà dell’interessato di avvalersi di poteri rappresentativi (cfr. articoli 5 comma 2, 6 commi 1 e 3, 7 comma 5 del D.P.R. 12/04/2006, n. 184).

In definitiva, alla luce di quanto fin qui argomentato, il ricorso deve essere accolto e, per l'effetto, l'amministrazione intimata dovrà, di conseguenza, consentire al ricorrente, anche attraverso soggetti all’uopo delegati, di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta.

A tanto l’Amministrazione suddetta resta tenuta nel termine di giorni trenta, decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Le spese processuali seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo con la precisazione che, vista l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio (deliberazione n. 236 del 27 ottobre 2014), l’amministrazione intimata va condannata, ai sensi dell’art. 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, al pagamento delle spese in favore dello Stato.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:

1) annulla l’atto impugnato;

2) dichiara l'obbligo dell'intimata Amministrazione di consentire al ricorrente, anche a mezzo di altro soggetto munito di procura, di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta alle condizioni e nei termini indicati in parte motiva.

Condanna l’amministrazione intimata al pagamento in favore dello Stato delle spese processuali nella misura di € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.