Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 febbraio 2016, n. 2302

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Sentenza dichiarativa di fallimento - Reclamo - Deduzione di soli vizi di rito - Ammissibilità - Condizioni

 

Ragioni in fatto e in diritto della decisione

 

1. - Con la sentenza impugnata (depositata il 17.7.2012) la Corte di appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto dalla s.p.a. "I.A." contro la sentenza del tribunale che ne aveva dichiarato il fallimento.

La società reclamante lamentava la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio, per essere stato dichiarato il fallimento nonostante fosse stata notificata ad essa debitrice soltanto l'istanza di fallimento presentata dall'avv. R. e non le successive depositate; notifica, peraltro, nulla perché eseguita ai sensi dell'art. 143 c.p.c. presso il legale rappresentante della società del tutto irritualmente, essendo il destinatario reperibile.

Inoltre, la società non aveva avuto a disposizione il termine di quindici giorni previsto dall'art. 15 L. fall.

La corte di merito, in sintesi, ha rilevato che nello stesso reclamo si dava atto della ricezione della notificazione dell'istanza di fallimento presentata dall'avv. T. il 10.8.2011, data per la quale era prevista la data (anticipata) della comparizione e che tale udienza era stata successivamente e più volte rinviata, tanto che il fallimento era stato dichiarato in esito all'udienza del 30.11.2011. Inoltre, dopo la prima, non doveva essere disposta la notificazione di tutte le altre istanze di fallimento. La debitrice era stata posta in condizione di conoscere l'esistenza della procedura e avrebbe potuto difendersi, anche chiedendo un differimento.

1.1. - Contro la sentenza della Corte di appello la s.p.a. "I.A." ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso A.A.M., C.R. e L.T.

Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.

2.1. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione di norme di diritto nonché vizio di motivazione lamentando che la corte di merito non abbia accolto il motivo di reclamo con il quale era stata denunciata la nullità della sentenza per violazione dell'art. 15 L. fall.

Deduce - tra l'altro - che «la notifica del 10.8.2011 è errata in quanto non risulta rispettato il termine a comparire ex art. 15 L. fall. e dunque il ricorso e il decreto dovevano essere nuovamente notificati al fallendo>>.

2.2. - Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione di norme di diritto nonché vizio di motivazione lamentando che la corte di merito abbia del tutto omesso di valutare il profilo della nullità della notifica dell'istanza di fallimento eseguita ai sensi dell'art. 143 c.p.c. il 19.10.2011 e dalla quale è scaturita la dichiarazione di fallimento. Elenca circostanze e documenti che proverebbero l'irregolarità della notifica eseguita nelle forme previste per gli irreperibili e dimostrerebbero che il legale rappresentante della società fallita risiede sin dal 2003 in Celico, Contrada Labonia, ove l'ufficiale giudiziario avrebbe rinvenuto soltanto un "domicilio postale con cassetta delle lettere stracolma di avvisi". Sarebbero mancate le ricerche e indagini necessarie per procedere ai sensi dell'art. 143 c.p.c.; notifica mai richiesta dal g.d. o dall'istante ma eseguita dall'ufficiale giudiziario di propria iniziativa mentre avrebbe dovuto procedere, semmai, ai sensi dell'art. 140 c.p.c., avendo rinvenuto sul posto una cassetta postale ove immettere l'avviso, depositando l'atto presso il Comune.

Deduce che ha proposto querela di falso per le relate del 10-28.11.2011.

2.3. - Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione lamentando che la Corte di appello non abbia valutato altro profilo di nullità della sentenza di fallimento, relativo a ciò che il tribunale avrebbe trascurato di considerare che la notifica eseguita illegittimamente il 19.10.2011 aveva riguardato soltanto l'istanza dell'avv. T. e non gli altri ricorsi riuniti.

Ciò che avrebbe impedito alla debitrice di contestare lo stato di insolvenza.

Formula conclusivamente (sebbene non richiesto, non essendo applicabile ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c.) il seguente quesito: se «la notifica ai sensi dell'art. 15 L. fall. del decreto di convocazione del fallendo, effettuata positivamente, ma in ritardo rispetto al termine perentorio di quindici giorni, risulta affetta, in assenza di sanatoria, da nullità e quindi non è idonea a integrare neppure una conoscibilità legale della procedura pre-fallimentare di talché i creditori sono tenuti a notificare nuovamente il ricorso e il decreto di convocazione nei termini di legge al fine di poter richiedere ed ottenere in presenza degli altri presupposti di legge, una sentenza dichiarativa di fallimento».

3. - Osserva preliminarmente la Corte che il quesito formulato (ad abundantiam) dalla ricorrente rende evidente che, nella concreta fattispecie, con il reclamo non era dedotta una nullità del giudizio di primo grado che avrebbe comportato la rimessione della causa al primo giudice sibbene una ipotesi di nullità che avrebbe comportato la rinnovazione del giudizio da parte del giudice di appello.

Ciò è stato espressamente ribadito nella materia fallimentare - da Sez. 1, Sentenza n. 1098/2010, secondo la quale la nullità della "vocatio in ius" derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione previsto dall'art. 15, terzo comma, della legge fall., resta sanata nel caso in cui il debitore non l'abbia specificamente dedotta nella memoria di costituzione, difendendosi nel merito.

Il giudice d'appello che rilevi la nullità dell'introduzione del giudizio, determinata dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione non può dichiarare la nullità e rimettere la causa al giudice di primo grado (non ricorrendo in detta ipotesi né la nullità della notificazione dell'atto introduttivo, nè alcuna delle altre ipotesi tassativamente previste dall'art. 353 c.p.c. e art. 354 c.p.c., comma 1), ma deve trattenere la causa e, previa ammissione dell'appellante ad esercitare in appello tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato, decidere nel merito (Sez. U, Sentenza n. 122 del 21/03/2001).

Sennonché, nella concreta fattispecie, come ha espressamente rilevato la corte d'appello, non erano stati proposti motivi di gravame diversi da quelli concernenti il diritto di difesa.

Talché, la corte di merito avrebbe dovuto applicare il principio per il quale è ammissibile l'impugnazione con la quale l'appellante si limiti a dedurre soltanto i vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.; nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cit., è necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l'appello fondato esclusivamente su vizi di rito, senza contestuale gravame contro l'ingiustizia della sentenza di primo grado, dovrà ritenersi inammissibile, oltre che per difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione. (Sez. U, Sentenza n. 12541 del 14/12/1998; Sez. 3, Sentenza n. 2053 del 29/01/2010).

Talché, pronunciando sul ricorso, la Corte deve d'ufficio rilevare l'inammissibilità del reclamo e cassare senza rinvio la sentenza impugnata. Le spese processuali possono essere compensate alla luce della novità della questione, in relazione a fattispecie regolata dal d.lgs. n. 169/2007.

 

P.Q.M.

 

Pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il reclamo era inammissibile.

Compensa le spese tra le parti.