Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 gennaio 2016, n. 1703

Tributi - Imposte sui redditi - Reddito di impresa - Ammortamento dei beni materiali - Terreni - Deperimento e consumo - Esclusione - Art. 67, TUIR (ante 2004) - Ammortamento - Esclusione - Dubbio per terreni destinati a stazioni di distribuzione di carburanti - Richiesta di rinvio alle Sezioni Unite

 

Fatto

 

L’Agenzia delle entrate, in relazione all’anno d’imposta 2003, ha accertato un maggior reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, un maggior valore della produzione ai fini Irap e maggiore imponibile ai fini Iva, rispettivamente scaturenti dal recupero a tassazione di costi non inerenti, di costi non di competenza, di ammortamenti indeducibili e di iva indebitamente detratta in relazione a spese di rappresentanza e di energia elettrica.

In particolare, per quanto qui d’interesse, l’ufficio, unitamente ad altra questione, ha sostenuto che i terreni, anche se sede d’impianti di carburanti, non siano beni ammortizzabili.

La società ha impugnato l’avviso, senza ottenere ragione in primo grado, mentre la Commissione tributaria regionale ha accolto il successivo appello proposto dalla contribuente, considerando, per l’aspetto in esame, che la circostanza che sul terreno insista l’impianto di distribuzione carburanti è idonea a comportarne l’inservibilità successivamente alla delocalizzazione dell’impianto, a causa degli alti costi occorrenti per la demineralizzazione, con la conseguente ammortizzabilità dei relativi costi di acquisizione.

Avverso questa sentenza, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la società replica con controricorso.

 

Diritto

 

1. - Col secondo profilo nel quale si articola il primo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta la violazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 917/86, nel testo, antecedente alla rinumerazione dovuta al d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, vigente all’epoca dei fatti, nonché dell’art. 2426 c.c., là dove il giudice d’appello ha ritenuto che il terreno su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti rientri nel novero dei beni ammortizzabili secondo i coefficienti di ammortamento stabiliti dalla tabella approvata con apposito decreto ministeriale. Secondo l’ufficio, difatti, il terreno ha vita non limitata nel tempo e, nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni su cui essi insistono, il valore di questi va scorporato, sulla base di stime, ai fini dell’ ammortamento.

1.1. - La censura va esaminata, in quanto il motivo nel quale essa è contenuta è ammissibile, diversamente da quanto prospettato dalla società, la quale evidenzia la formulazione di due quesiti di diversa natura, posti a corredo della denunciata violazione di due norme differenti.

La formulazione dei quesiti risponde difatti alla regola statuita dalla Corte, secondo cui, qualora sia proposto, come nel caso in esame, un motivo di ricorso formalmente unico, ma in effetti articolato in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, non è elusa la ratio dell’art. 366-bis c.p.c., ratione temporis applicabile, qualora tali motivi cumulativi si concludano, come appunto denuncia la contribuente, con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624; conf., 28 giugno 2013, n. 16345).

2. - L’art. 67, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, dispone, in tema di ammortamento dei beni materiali, che la deduzione delle quote di ammortamento è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti, stabiliti con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.

Il d.m. 31 dicembre 1988, recante «coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali e strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, arti e professioni», alla tabella Gruppo IX, specie 2^ (Raffinerie di petrolio, produzione e distribuzione di benzina e petroli per usi vari, di oli lubrificanti e residuati, produzione e distribuzione di gas di petrolio liquefatto), nell'elencare specificamente i beni che compongono gli impianti stradali di distribuzione (chioschi, colonne di distribuzione, stazioni di imbottigliamento, stazioni di servizio), omette la citazione dei terreni.

Di qui la Corte (Cass. 3 luglio 2013, n. 16690; 24 maggio 2013, n. 12924; 11 aprile 2008, n. 9497, relative a terreni occupati da una stazione di servizio o da impianti stradali di distribuzione di carburanti; ne riproduce la motivazione Cass. 6 maggio 2015, n. 9068) ha tratto il principio secondo cui, in tema di imposte sui redditi, i terreni occupati da una stazione di servizio o da impianti stradali di distribuzione dei carburanti non rientrano tra i beni ammortizzabili.

Tanto ha fatto in base a due argomenti:

a.- i terreni, in quanto tali, non vanno soggetti a logorio fisico od economico, anche quando siano strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa. Manca, secondo la Corte, uno dei presupposti cui è subordinato l’ammortamento dei costi di acquisizione dei beni dell’impresa, ossia il progressivo decremento del valore del bene, il quale avrebbe vita illimitata e sarebbe suscettibile, per sua natura, di un numero indefinito di utilizzazioni;

b.- ad ogni modo, l’ammortamento, ai fini fiscali, dev’essere previsto dal d.m. cui rinvia il T.U.I.R., di modo che l’omessa menzione dei terreni nel decreto è ostativa ad ammettere l’ammortizzabilità dei relativi costi di acquisizione.

3. - Entrambi gli argomenti si prestano a rilievi critici.

Quanto a quello sub a., non sembra predicabile l’esclusione, già in tesi, del decremento del valore del bene in questione, correlato alla sua vita illimitata.

L’ammortamento è volto a ripartire per competenza il costo di acquisizione di beni negli anni in cui la loro utilità funzionale ed economica si connette al processo produttivo dell’impresa partecipando al risultato dei singoli esercizi, in rapporto al deperimento fisico, o tecnologico, o giuridico di essi.

Per deperimento fisico, tuttavia, va inteso non tanto e non solo quello naturale, ossia autogeno, bensì quello indotto dal consumo dovuto all’impiego produttivo, ossia all’utilizzo percentuale stimato del potenziale concorso, negli anni, del bene all’attività d’impresa: il valore da ammortizzare va ricavato dalla differenza tra il valore dell’immobilizzazione ed il suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile, corrispondente al valore il cui ammortamento negli esercizi futuri troverà, secondo una ragionevole aspettativa, adeguata copertura coi ricavi correlati all'utilizzo del bene.

La regola è chiaramente enunciata dall’art. 2426, comma secondo, n. 2, c.c., secondo cui «il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione».

La vita fisica illimitata del terreno su cui punta l’orientamento della Corte sembra per conseguenza irrilevante, ai fini della verifica della possibilità del deperimento del suo valore. Quel che rileva è la vita utile, nell’accezione dinanzi esplicata; e, significativamente, la rilevanza della vita utile, oltre che presente già nel secondo comma dell’art. 102-bis del d.P.R. 917/86, è stata da ultimo espressamente citata dal legislatore giustappunto a proposito di terreni, sub specie di giacimenti, con la l. 28 dicembre 2015, n. 108, l’art. 1 della quale, comma 239, prevede che «i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale».

3.1. - Ciò posto, i principi contabili vigenti all’epoca dei fatti, pur assumendo come regola generale il divieto di ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni, ammettono in concreto la possibilità di deroga:

- il principio OIC 16, paragrafo D.XI, stabilisce che «nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime. In quei casi, invece, in cui il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se lo stesso viene meno il costo di bonifica può azzerare quello del terreno, con la conseguenza che anch'esso va ammortizzato»;

-il principio IAS 16 prevede (punti 58 e 59) che «58.1 terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati separatamente, anche quando vengono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione, come cave e siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita utile illimitata e quindi non vengono ammortizzati. Gli edifici hanno una vita utile limitata e perciò sono attività ammortizzabili. Un incremento nel valore del terreno sul quale un edificio è costruito non influisce sulla determinazione del valore ammortizzabile del fabbricato. 59. Se il costo del terreno include i costi di smantellamento, rimozione e bonifica, la parte di costo relativa alla bonifica del terreno è ammortizzata durante il periodo di benefici ottenuti dall'avere sostenuto tali costi. In alcuni casi, il terreno stesso può avere una vita utile limitata, nel qual caso questo è ammortizzato in modo da riflettere i benefici che ne derivano».

3.2. - Infine, sia pure in casi eccezionali, è pacifico che in rerum natura alcuni terreni, come quelli adibiti a cave, torbiere e discariche, abbiano possibilità di utilizzazione limitata nel tempo. E lo stesso d.m. cui rinvia l’art. 67 prevede espressamente ipotesi di ammortamento dei costi di acquisizione di alcune tipologie di terreni, come quelli adibiti a cave.

Né è idonea ad orientare l’interprete in senso contrario la normativa successivamente intervenuta (art. 36, settimo comma, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248), secondo cui, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza, che pur sempre si riferisce al caso ordinario in cui il terreno ha durata illimitata di utilizzazione.

4. - In relazione all’argomento sub b., eccessiva pare la rilevanza assegnata dalla Corte all’omessa espressa menzione dei terreni, nel d.m. del 31 dicembre 1988, nell’ambito della categoria contemplata dal gruppo IX, specie 2^, dinanzi riportata.

Anzitutto, il decreto ministeriale non è stato deputato dalla norma primaria a stabilire quali beni siano ammortizzabili e quali no, ma, semplicemente, a fissare i coefficienti di ammortamento per categorie omogenee di beni che abbiano vita utile limitata.

La valutazione in ordine all’ammortizzabilità dei beni va tratta dalle norme primarie, civilistiche e fiscali: non sembra possibile escludere dall’ammortamento i costi di acquisizione di beni, compresi i terreni, che abbiano, sia pure eccezionalmente, un’utilizzabilità temporalmente limitata, come, ad esempio, accade sicuramente nel caso dei terreni adibiti a discarica, che, pure, non sono compresi nell’elenco contenuto nel decreto ministeriale.

4.1. - Ad ogni modo, sembra prospettabile un’opzione volta ad includere anche i terreni nella nozione di "stazione di servizio", espressamente contemplata dal decreto.

Giova rimarcare che, ai fini della tassazione del reddito d’impresa, la Corte (Cass. 17 febbraio 2006, n. 3516) ha ritenuto che il terreno costituente pertinenza di un capannone industriale sia suscettibile di essere ammortizzato allo stesso modo di quest’ultimo bene. Ciò in quanto le pertinenze, nel sistema tributario, non hanno una propria autonomia, né autonoma disciplina, in quanto seguono il regime dei beni principali.

Un tale ragionamento a maggior ragione potrebbe essere applicato, nel caso dell’impianto di distribuzione di carburanti, in considerazione del fatto che, qualora uno o più fabbricati siano edificati sull’area destinata all’impianto, in virtù della regola dell’accessione stabilita dall’art. 934 c.c., i fabbricati s’incorporano al terreno.

Al riguardo, per un verso, la Corte ha escluso l’operatività dell’accessione soltanto al cospetto di una clausola apposta al contratto di concessione di un terreno per l'installazione di un impianto di distribuzione di carburanti, la quale prevedeva che la società petrolifera concessionaria rimaneva proprietaria delle installazioni ed avrebbe potuto asportarli, senza obbligo d'indennizzo, in qualsiasi momento ed anche al termine della locazione (Cass. 18 novembre 1974, n. 3721); per altro verso, ai fini dell’identificazione del regime giuridico del bene accessorio coinvolto dall’accessione, le sezioni unite hanno puntato sulla partecipazione di esso alla stessa funzione economica ed alla medesima destinazione di quello principale (Cass., sez.un., 20 dicembre 1993, n. 12597).

Non sarebbe peregrina, quindi, in virtù dell’accessione, l’opzione volta ad applicare al terreno (recte, ai relativi costi di acquisizione) il medesimo regime giuridico di ammortamento cui sono assoggettati i costi di acquisizione del bene che in esso è incorporato e, quindi, ricomprenderlo nella nozione di stazione di servizio, la quale, in virtù del conglobamento di terreno e fabbricati in virtù dell’accessione, potrebbe essere configurata come un tutt’uno; ciò valorizzando il nesso di destinazione funzionale del terreno all’impianto di distribuzione.

4.2. - Una tale opzione, beninteso limitata al caso, presumibilmente eccezionale, in cui si ravvisi l’ammortizzabilità dei costi di acquisizione del terreno perché avente vita utile limitata, non sarebbe estranea alla tradizione normativa in campo tributario.

Il testo originariamente predisposto dal governo del comma decimo dell’art. 67 del d.P.R. 917/86 prevedeva difatti che «il costo dei fabbricati strumentali non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Può tuttavia essere assunto al lordo del costo stesso per i fabbricati costruiti o acquistati prima dell'entrata in vigore del presente decreto».

La norma è stata soppressa, ma testimonia che, già quando era vigente il d. P.R. n. 597/73, era consentito ammortizzare il costo del terreno insieme con quello del fabbricato sovrastante.

A tanto va aggiunto che l’art. 33, comma secondo, del d.P.R. 917/86, nel testo vigente all’epoca dei fatti, stabilisce che, ai fini della determinazione del reddito dei fabbricati, «le aree occupate dalle costruzioni e quelle che ne costituiscono pertinenze si considerano parti integranti delle unità immobiliari».

5. - Una volta ammessa, in tesi, la possibilità di un ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni, con i coefficienti stabiliti per la stazione di servizio in essi incorporata, occorre accertare in fatto se il terreno dov’è ubicato un distributore di carburanti abbia utilizzabilità limitata nel tempo.

Sul punto, la Commissione tributaria regionale si è limitata a postulare l’inutilizzabilità dei terreni allorquando sarà delocalizzato l’impianto, «...attesa la notorietà del costo della demineralizzazione di detti terreni che li rende in pratica inservibili anche dopo la delocalizzazione dell’impianto cui facevano da sedime, per cui un riutilizzo di questi terreni è praticamente impossibile per gli alti costi che comporterebbe».

La dismissione dell’impianto comporta, in effetti, l’insorgenza in capo al suo titolare, che deve sopportarne le spese, dell’obbligo di ripristino e di bonifica ambientale del sito dov’è allocato l’impianto dal quale può derivare pericolo d’inquinamento, a norma, all’epoca dei fatti, dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, secondo le norme attuative contenute nel decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471.

Occorrerebbe, invece, verificare se la bonifica del terreno ne impedisca, o no, l’utilizzazione anche come sedime di un impianto, pur emergendo già i dati del suo deterioramento, evincibile dall’obbligo di bonifica previsto dalla legge.

6. - I profili di perplessità in ordine all’applicabilità dell’orientamento della Corte alla fattispecie in esame inducono, allora, a sottoporre al Primo Presidente l’opportunità di devolvere alla cognizione delle sezioni unite le questioni volte a verificare se:

a. - il divieto di ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni si applichi anche nel caso in cui emerga che il terreno che funga da area di sedime di un impianto di distribuzione carburanti abbia possibilità di utilizzazione limitate nel tempo;

b. - in virtù del regime di accessione che determina l’incorporazione dei fabbricati al suolo su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti, si possa inglobare il terreno nella nozione di stazione di servizio, ai fini dell’applicazione del coefficiente di ammortamento contemplato dal d.m. 31 dicembre 1988, richiamato dall’art. 67 del d.P.R. 917 del 1986, nel testo ratione temporis applicabile.

 

P.Q.M.

 

Sottopone al Primo Presidente l’opportunità di devolvere alla cognizione delle sezioni unite le questioni volte a verificare se:

a. - il divieto di ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni si applichi anche nel caso in cui emerga che il terreno che funga da area di sedime di un impianto di distribuzione carburanti abbia possibilità di utilizzazione limitate nel tempo;

b. - in virtù del regime di accessione che determina l’incorporazione dei fabbricati al suolo su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti, si possa inglobare il terreno nella nozione di stazione di servizio, ai fini dell’applicazione del coefficiente di ammortamento contemplato dal d.m. 31 dicembre 1988, richiamato dall’art. 67 del d.P.R. 917 del 1986, nel testo ratione temporis applicabile.