Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 febbraio 2016, n. 2452

Tributi - Accertamento - Studi di settore - Scostamento fra reddito dichiarato e "standards" - Genericità ed inadeguatezza delle argomentazioni svolte dal contribuente

 

Considerato in fatto

 

ricorre per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lazio - nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento, portante maggiori IRAP, IVA ed IRPEF, con il quale l’Ufficio aveva riscontrato il discostamento del reddito dichiarato, per l’anno 2004, da quello determinato mediante applicazione degli studi di settore relativi all’attività "di agenti e rappresentanti di legname, semilavorati in legno" - ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la decisione di primo grado favorevole al contribuente.

In particolare, il Giudice di appello, dato atto dell’avvenuta realizzazione del contraddittorio, riteneva che dalle doglianze mosse dal contribuente, sia in quella sede che nella fase processuale della controversia, non risultavano elementi validi e sufficienti a giustificate lo scostamento dei redditi dichiarati da quelli accertati con l’applicazione degli studi di settore.

Il ricorso è affidato ad unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con le rituali comunicazioni alle parti.

 

Ritenuto in diritto

 

1. Con l’unico motivo - rubricato: violazione e/o falsa applicatone dell’art. 42 e 39 d.p.r. n. 600/1973 art. 62 sexies d.l. 331/93, art. 53 Costituzione e, in ogni caso, difetto e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. - si censura la sentenza impugnata per avere la C.T.R. confermato la legittimità dell’atto impositivo sull’assunto che l’accertamento era stato operato con applicazione in via automatica degli studi di settore a seguito di contraddittorio, nel corso del quale il contribuente non aveva addotto rilevanti ragioni atte a giustificare lo scostamento fra reddito dichiarato e reddito accertato, laddove da una lettura, anche di prima mano, dell’avviso di accertamento in questione si rilevava che lo stesso era privo di ogni motivazione e, come tale, illegittimo.

2. Il ricorso è inammissibile sotto più profili.

2.1. Va, invero, in primo luogo, evidenziata, l’inammissibilità della censura relativa all’asserito vizio di difetto e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia laddove al ricorso, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 12 giugno 2013, si applica la nuova disposizione dell’art. 360, I comma, n. 5 c.p.c.(cfr. Cass. SS.UU n. 8053/2014).

2.2. Il ricorso pecca, altresì, in autosufficienza laddove, censurando la valutazione del contenuto dell’avviso di accertamento da parte del Giudice di appello, omette di riportarne il contenuto (cfr. Cass. n. 9536/2013; id n. 2928/2015).

2.2. Ed, ancor prima, il mezzo si rileva inammissibile per inconducenza con il decisum. Nella specifica materia, infatti, questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L'esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, (cfr. Cass. S.U. 26635/2009, Cass. 12558/2010, Cass. 12428/2012, Cass. 23070/2012). In termini di onere della prova, poi, nella citata sentenza delle Sezioni unite, si è affermato, che "l'onere della prova (...) è così ripartito: a) all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell'accertamento; b) al contribuente (...) fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo cui l'accertamento si riferisce".

3. La sentenza impugnata - nell’avere ritenuto la legittimità dell’accertamento a fronte dell’inidoneità degli elementi forniti, sia nella fase del contraddittorio che nella successiva fase processuale, dal contribuente - si muove correttamente nel solco interpretativo della normativa di riferimento tracciato da questa Corte laddove, invece, con il ricorso neppure vengono attinti l’accertamento in fatto (sulla genericità ed inadeguatezza delle argomentazioni svolte dal contribuente) compiuto dal Giudice di merito e la conseguente ratio decidendi fondante la decisione.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese liquidate come in dispositivo.

5. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento d parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese di lite che liquida in complessivi euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento d parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.