Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 febbraio 2016, n. 2592

Notai - Provvedimento disciplinare - Competenza - Consiglio notarile in cui è iscritto il notaio, che ha proceduto alla contestazione - Tasferimento del notaio ad altro distretto - Irrilevanza - Cessazione della materia del contendere - Esclusione

 

Svolgimento del processo

 

1. Il Consiglio notarile di (...) ha proposto ricorso per cassazione contro il notaio (...) avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 16 novembre 2011, con la quale, per quanto interessa, è stato rigettato il reclamo che era stato proposto dallo stesso Consiglio contro la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina della Regione Emilia Romagna del 21 gennaio 2010, nella parte in cui, pur dichiarando il predetto notaio colpevole delle violazioni di cui all’art. 147, comma 1, lett. a), b), e c) della legge n. 89 del 1913, gli aveva concesso le attenuanti generiche ex art. 144 della stessa legge e gli aveva irrogato la sanzione disciplinare dell’avvertimento in luogo della sospensione per un mese.

2. Al ricorso, che è stato notificato anche al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bologna e alla suddetta Commissione, ha resistito con controricorso il notaio intimato.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito, ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza.

4. Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Motivo della decisione

 

1. Il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni ha osservato quanto segue: «[....] rilevato che è risultata accertata a carico del notaio (...) la sussistenza degli "illeciti previsti dagli artt. 80 e 147 della L.N. per avere esposto spese inesistenti per ingente ammontare (euro 366.475,40, ndr) nelle fatture emesse nell’anno 2008";

- rilevato che nel ricorso si censura la violazione degli artt. 144 e 147 della legge n. 89/1913, e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto legittima l’irrogazione della sanzione dell'avvertimento, in alternativa alla richiesta sospensione, con la concessione delle attenuanti generiche;

- rilevato che la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che "nel procedimento disciplinare a carico del notaio, la concessione delle attenuanti è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice, che può concederle o negarle, dando conto della sua scelta con adeguata motivazione" (ex multis, Cass. n. 2138/2000; 11790/2011);

- ritenuto che il ricorso è fondato e va accolto, con riferimento ai vizi della motivazione lamentati, dal momento che, pur essendo corretta l’affermazione secondo la quale, ai sensi dell'art. 147, comma 1, della legge n. 89 del 1913, le sanzioni della censura e della sospensione sono tra loro alternative, la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione in ordine alla scelta a favore della prima delle due sanzioni, malgrado il Consiglio notarile di (...) avesse specificamente impugnato, con il primo motivo di reclamo, la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina sul punto; e, parimenti, la sentenza impugnata, pur riconoscendo che la pronuncia della Commissione citata fosse "oggettivamente carente ... in ordine al riconoscimento delle circostanze attenuanti o dell’utile ravvedimento", che avrebbe giustificato la più lieve sanzione dell’avvertimento, ha ritenuto che "la relativa esplicitazione meramente integrativa possa univocamente individuarsi nelle stesse pacifiche affermazioni inerenti la successiva regolarizzazione contabile e tributaria curata dal notaio, a tal fine valorizzata nonostante il concomitante risvolto opportunistico ipotizzato dal Consiglio al fine di escluderne l’utilizzabilità nella predetta valutazione che, infatti, tale affermazione appare doppiamente contraddittoria poiché, da un lato, riconosce l’ assoluta carenza di motivazione sul punto, ma dall'altro "esplicita" (si noti che nella decisione della Commissione non vi è traccia di alcuna motivazione, né sulla sanzione, né sulle attenuanti concesse) una possibile motivazione che contiene un’ulteriore contraddizione, relativa alla intrinseca inidoneità della regolarizzazione fiscale a costituire un comportamento valutabile come attenuante, nel senso previsto dall’art. 144 della legge n. 89/1913 (sulla cui natura si veda Cass. n. 15351/2006), ovvero come ravvedimento operoso al fine di eliminare le conseguenze del danno prodotto, rappresentando infatti, tale regolarizzazione, un comportamento meramente utilitaristico adottato dal notaio a proprio vantaggio, al fine di limitare le ingenti sanzioni fiscali cui poteva andare incontro una volta emerse le gravi irregolarità contestate, come si ricava dalla richiamata tesi del Consiglio notarile alla quale la sentenza impugnata non oppone alcun argomento».

2. Il Collegio condivide le conclusioni del Pubblico Ministero e, pertanto, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna, comunque in diversa composizione.

Queste le ragioni, che richiedono qualche ulteriore considerazione rispetto alle argomentazioni che sorreggono le conclusioni del Pubblico Ministero.

2.1. In via preliminare deve rilevarsi che il resistente, tramite l’Avvocato (...), ha depositato nota del Presidente del Consiglio Notarile ricorrente nella quale si dà atto che il resistente, come da decreto del Ministro della giustizia n. 140 del 31 maggio 2012, di cui viene acclusa la pubblicazione sulla G.U., ha cessato le sue funzioni presso detto Consiglio il 13 settembre 2012, essendo stato trasferito alla sede di (...),dei Distretti notarili riuniti di (...).

2.1.1. Riguardo a tale deposito, in disparte la sua irritualità ai sensi dell’art. 372 c.p.c., per mancata notifica alla controparte del relativo elenco indicativo della produzione, si deve rilevare che il predetto Avvocato non è il difensore del resistente.

2.2. In ogni caso, in ordine al documento depositato si rileva che, essendo l’azione disciplinare correlata quanto alla legittimazione al fatto oggetto della contestazione e, quindi, sotto il profilo soggettivo di spettanza del Consiglio Notarile presso il quale il notaio è iscritto e che ha proceduto alla contestazione disciplinare nell’ambito dello svolgimento delle sue funzioni di controllo disciplinare, la circostanza che il notaio sia trasferito ad altro distretto una volta esercitata l’azione e, quindi, anche quando il trasferimento avvenga durante la fase giurisdizionale, è del tutto priva di rilievo e, in particolare, non determina alcuna cessazione della materia del contendere: se ne ricava conferma dal disposto degli artt. 93-ter, 153, lett. b) e 158-quater della legge notarile.

2.3. Tanto premesso, si deve rilevare che, come ha sostanzialmente osservato anche il Pubblico Ministero, i due congiunti motivi di ricorso si dolgono della decisione impugnata per un verso quanto alla mancanza di una motivazione in ordine all’alternativa prevista dall’art. 147 della l. n. 89 del 1913 fra l’applicazione, alle violazioni disciplinari contestate e riconosciute fondate dalla stessa Commissione disciplinare ai sensi di detta norma, della sanzione dell’avvertimento anziché di quella della sospensione, e per altro verso alla mancanza di motivazione in ordine alla applicazione della sanzione dell’avvertimento ai sensi dell’art. 144 della legge, siccome giustificata dall’essersi adoperato il notaio per eliminare le conseguenza dannose della violazione.

Ancorché alla denuncia di violazione delle due norme indicate si accompagni la denuncia di un vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (tra l’altro con erronea invocazione formale della nozione di "punto decisivo", anziché di quella di "fatto controverso", introdotta dal d.lg. n. 40 del 2006 ed applicabile ratione temporis al ricorso), il Collegio rileva che quanto si argomenta nell'illustrazione congiunta dei due motivi non evidenzia in realtà alcun vizio relativo alla ricostruzione della quaestio facti e, dunque, riconducibile al n. 5 del citato art. 360 c.p.c., bensì, da un lato palesa vizi di falsa applicazione delle due norme di cui si è denunciata la violazione alle situazioni di fatto integranti gli illeciti contesati, con riferimento all’aspetto normativo della individuazione della sanzione, dall’altro, nell’enunciazione di una motivazione al riguardo di tale perplessità sotto il profilo dei termini assunti a suo fondamento, da apparire del tutto inesistente, prospetta un vizio di sostanziale mancanza di motivazione ai sensi del n. 4 dell’art. 132 c.p.c.

L’esatta percezione dei due motivi nei sensi ora detti è giustificata dall’argomentare dell’illustrazione letta al lume dei principi enunciati da Cass. sez. un. n. 17931 del 2013, il che supera anche i dubbi sulla tecnica di redazione del motivo affacciati nel controricorso nelle parti enunciate dopo le lettere B e C.

2.4. Tanto premesso si rileva che la sentenza impugnata palesa la sicura violazione dell’art. 147 e dell’art. 144 della legge notarile.

Fermo che la valutazione sulla correttezza dell’applicazione della norma dell’art. 144 supponeva la previa individuazione del (...) se l’organo disciplinare amministrativo avesse bene applicato I’art. 147, cioè avesse individuato la sanzione adeguata rispetto alla violazione di detta norma nell’alternativa fra censura e sospensione, si deve rilevare che nella sentenza impugnata non v’è alcuna argomentazione sotto tale aspetto, del quale pure la Corte territoriale era stata investita dal reclamo del Consiglio Notarile.

Tale investitura emerge per il fatto che nel reclamo si era postulata l’applicazione della sanzione della sospensione di un mese e lo si era fatto sulla base delle considerazioni che nel paragrafo 1.3. del medesimo (che è stato riprodotto nell’esposizione del fatto del ricorso per cassazione: riproduzione che trova riscontro nell’atto presene nel fascicolo di parte ricorrente relativo al giudizio di merito, indicato come prodotto in chiusura del ricorso nell’elenco delle produzioni) evidenziavano come la stessa Commissione avesse riconosciuto la responsabilità del notaio per tutte e tre le lettere dell’art. 147 e prospettavano che perfino la richiesta di applicazione della sospensione per un mese sarebbe stata in realtà troppo blanda.

Ne discende che è palese che, di fronte alle postulazioni svolte dal Consiglio Notarile nel suddetto paragrafo 1.3., la Corte felsinea avrebbe dovuto relazionarsi al paradigma dell’art. 147 citato e procedere all’apprezzamento di quale fosse la sanzione adeguata all’illecito riscontrato sotto tutte e tre le lettere della norma dall’organo amministrativo disciplinare.

2.5. Ne segue che quella Corte avrebbe dovuto - specie nella totale mancanza di motivazione su punto del provvedimento della Commissione - procedere all’applicazione della norma dell’art. 147, la quale, per non risultare una falsa applicazione, esigeva: aa) per un verso il chiarire come il riconoscimento della violazione di tutte e tre le lettere della norma si rapportasse alla previsione della sanzione della censura o della sospensione fino ad un anno e, nei casi più gravi, della destituzione e, quindi, di tre diversi tipi di sanzione, e dunque una valutazione in iure del concetto di maggiore o minore gravità, nell’alternativa fra censura e sospensione, atteso che il riferimento della norma per i casi più gravi alla destituzione nient’ altro sottendeva che anche nell’alternativa fra le altre due sanzioni sempre rilevasse il grado gravità della violazione; bb) per altro verso la sottolineatura nella norma che la previsione de qua è correlata alla tenuta da parte del notaio anche di una sola delle tre condotte indicate nelle lettere a), b) e c) imponeva, nella formulazione del giudizio in iure di sussunzione sotto la norma, la valutazione della circostanza che nella specie il notaio si era reso responsabile di tutte e tre le condotte di cui a dette lettere.

Sicché, ipotizzare come ha fatto la Corte bolognese - nell’assenza di motivazione della Commissione - che quest’ultima avesse individuato la sanzione nella censura e non nella sospensione (pagina 6 della motivazione della sentenza impugnata) come presupposto per procedere all’applicazione dell’art. 144, avrebbe richiesto lo svolgimento di motivazione in iure su come e perché nelle circostanze del caso il triplice illecito potesse giustificare la censura e non la sospensione.

La Corte territoriale ha compiuto, dunque, il giudizio di sussunzione della vicenda sotto la norma dell’art. 147, ai fini dell’individuazione della sanzione base per poi procedere all’individuazione del se potevano ricorrente le condizioni per applicare l’art. 144, senza assumere la norma dell’art. 147 nel senso in cui deve essere assunta ai fini della graduazione della sanzione.

La totale mancanza di motivazione al riguardo ridonda anche nella violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.

La sentenza dev’essere, pertanto, cassata in applicazione del seguente principio di diritto: «L’individuazione della sanzione applicabile all'illecito di cui all’art. 147 della l. n. 89 del 1913 nell’alternativa fra la censura e la sospensione deve tenere conto, ai fini dell’esatta sussunzione della fattispecie concreta sotto la previsione normativa, sia della circostanza che detta alternativa dipende dal grado di gravità della violazione, siccome suggerisce il riferimento per la terza sanzione ipotizzata, quella della destituzione, ai casi più gravi", sia della circostanza che la previsione generale della norma è riferita al caso in cui sia posta in essere una sola fra le condotte di cui alle lettere a), b), e c) della norma stessa, di modo che, se si tratti di più condotte, tale pluralità deve necessariamente essere considerata ai fini del giudizio di sussunzione per l’individuazione della sanzione».

2.6. La seconda censura di violazione dell’art. 144 diviene a questo punto automaticamente fondata, atteso che il presupposto enunciato dalla sentenza impugnata per giustificare l’applicazione della sanzione dell’avvertimento - cioè che la (...) avesse considerato adeguata la sanzione della censura - si palesa del tutto erroneo sempre sotto il profilo dell’attività di sussunzione e, quindi, gradatamente, privo di motivazione.

Peraltro, poiché nel motivo ci si duole, a monte, anche che la Corte territoriale sia incorsa in un vizio di sussunzione nel riconoscere che nel comportamento del notaio che aveva proceduto alla regolarizzazione contabile e tributaria si dovesse ravvisare il presupposto per applicare la norma dell’art. 144 della legge notarile, sotto il profilo della ricorrenza dell’essersi l’incolpato «adoperato per eliminare le conseguenza dannose della violazione o [per avere] riparato interamente il danno prodotto», si deve considerare che anche sotto tale profilo la sentenza impugnata non solo erra nel non considerare che il parametro del danno andava correlato alla lesione della posizione degli altri notai per l’illecita concorrenza subita, danno non certo eliminabile da dette condotte, ma impinge anche nella violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. data l’assoluta carenza di attività esplicativa del convincimento.

2.7. Le svolte considerazioni, là dove hanno evidenziato qual era la sostanza dei due motivi, evidenziano anche l’infondatezza dell’argomento svolto nel controricorso sub A, sotto il profilo della pretesa insindacabilità della scelta della sanzione: l’assunto è svolto evocando Cass. n. 21020 del 2010, ma a torto, atteso che in essa si è scritto quanto segue: «8.3. Osserva questa Corte che la determinazione qualitativa e quantitativa della sanzione da applicare, nei limiti previsti dalla legge, rientra tra i poteri discrezionali dell’organo preposto ad irrogarla. Attesa la natura e la funzione essenzialmente punitiva di ogni sanzione, essa deve essere commisurata alla gravità del fatto (e delle sue circostanze) ed alla personalità del soggetto, autore dello stesso (come è previsto in tema di sanzioni penali dall’art. 133 c.p., ed in tema di sanzioni amministrative dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 11). Sennonché il soggetto che irroga la sanzione non è tenuto ad un’analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, essendo sufficiente che egli indichi di aver tenuto conto, sia pure globalmente, dei criteri per il corretto esercizio di detto potere discrezionale nella scelta della pena e nella determinazione del quantum (Cass. pen. 25 maggio 1995, Marca). L’esercizio di tale potere discrezionale deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il suo pensiero circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo (Cass. pen., Sez. 4^, 26/06/2007, n. 35671)».

Nel caso di specie s’è già veduto e detto che - sebbene gradatamente rispetto all’erroneità, comunque, decisiva, del giudizio di sussunzione - la sentenza impugnata ha una motivazione talmente carente e perplessa da ridondare in motivazione inesistente, sicché l’evocazione del ricordato precedente, una volta considerata la sua motivazione, è privo di fondamento.

3. La sentenza impugnata è, dunque parzialmente cassata quanto alla decisione sulla sanzione applicabile alla violazione dell’art. 147 l. n. 89 del 1913 e quanto all’applicazione dell’art. 144 stessa legge.

Il già designato giudice di rinvio si conformerà ai principi di diritto sopra affermati e procederà, facendone applicazione, prima ad individuare se la sanzione adeguata ai sensi dell’art. 147 citato possa essere la censura oppure debba essere la sospensione e, quindi, a valutare se ed in che termini sia applicabile l’art. 144 citato.

4. Al giudice di rinvio è rimesso di regolare le spese del presente giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione. Rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizi di cassazione.