Prassi - MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - Parere 09 febbraio 2016, n. 33637

Scioglimento e messa in liquidazione delle società di capitali (artt. 2484 e ss. cc) e decisioni dei soci (art. 2479 Codice civile)

 

Con nota PEC del 28 gennaio, codesta Camera ha rivolto un quesito allo scrivente avente ad oggetto due distinte delibere assembleari depositate per l’iscrizione, la prima delle quali è stata iscritta in data 9 giugno, la seconda attualmente sospesa in attesa del parere della scrivente.

Chiede in particolare la CCIAA un parere del Ministero circa: « il tenore della "determinazione dell’amministratore unico" della società in parola (articolo 2484 c.c., comma 3), tesa ad accertare la ricorrenza delle cause di scioglimento della società "per l’impossibilità di funzionamento o per la continua inattività dell’assemblea" nonché "per riduzione del capitale al disotto del minimo legale" (rispettivamente n. 3) e n. 4) dell’articolo 2484, comma 1 c.c.) - depositata per l’iscrizione in data 8 giugno 2015 dall’amministratore unico ed allegata alla presente richiesta - se nel caso di specie ricorrano o meno i presupposti per considerare effettivamente e continuativamente inattiva l’assemblea societaria e, conseguentemente, non in grado di riunirsi per provvedere con riguardo alle perdite subite dal capitale sociale, ridottosi al di sotto del minimo legale. Si precisa che l’istanza in questione è stata iscritta in data 9 giugno 2015 nel Registro delle Imprese.

Circa la successiva istanza tuttora in sospeso a motivo della presente richiesta - volta ad iscrivere la nomina del liquidatore ex articolo 2487 c.c., atteso che tale decisione è stata presa con la modalità di cui all’articolo 2479 c.c.:

1) con riferimento al combinato disposto degli articoli 26, 28 e 29 dello Statuto della società in parola - allegato alla presente richiesta - che sembra escludere per i soci della stessa la possibilità di utilizzare la modalità della consultazione scritta/consenso espresso per iscritto proprio in caso di nomina dei liquidatori (riservando quest’ultima alla sede assembleare), se l’ufficio debba o meno far rilevare l’inosservanza del dettato statutario e, conseguentemente, debba o meno rigettare l’istanza. Si rammenta che, nel caso di specie, l’amministratore unico per primo ha dichiarato la continua inattività dell’assemblea e ne ha dedotto la ricorrenza di una causa di scioglimento della società.

2) In caso di legittimità della modalità di nomina in esame, se l’iniziativa di indire la consultazione scritta dei soci mediante invio della proposta di nomina di un dato liquidatore possa - come nel caso di specie - essere legittimamente e direttamente assunta dal socio che detiene il 60% del capitale sociale ma che non è l’amministratore unico (quest’ultimo a sua volta socio titolare del restante 40%), ovvero se invece la consultazione debba essere esclusivamente indetta dall’organo amministrativo;

3) In caso di legittimità della consultazione scritta indetta dal socio di maggioranza ma non amministratore, se l’ufficio debba o meno richiedere che dell’avvenuta operazione sia redatto apposito atto ricognitivo, riproducente tanto il testo sottoposto alla consultazione dei soci quanto il procedimento seguito e (ovviamente) l’esito della votazione. A parere dello scrivente ufficio unicamente tale atto è in tutto e per tutto corrispondente al verbale di assemblea ordinaria che delibera con le maggioranze della straordinaria la nomina dei liquidatori (articolo 2487, comma 1, c.c.). Parimenti, se l’iniziativa fosse stata assunta dal socio amministratore, un simile atto sarebbe stato senz’altro redatto e trascritto sul libro delle decisioni dei soci di cui all’articolo 2478, comma 1 n. 2), c.c.. Si precisa che nel caso di specie - malgrado la contrarietà iniziale del professionista che assiste il socio di maggioranza - tale atto è stato richiesto e prodotto con data corrispondente alla (presunta) nomina del liquidatore.»

Quanto rappresentato dalla Camera deve essere valutato sotto differenti profili. In linea generale si ritiene infatti che il potere di verifica rimesso in capo all’ufficio del registro delle imprese sia chiaramente quello delimitato dagli articoli 2189, comma 2, del Codice civile e 11, comma 6, del DPR 581 del 1995. Pertanto ai fini dell’esecuzione della formalità pubblicitaria, l’ufficio è chiamato a preventiva verifica de «l'autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione», nonché de «a) la autenticità della sottoscrizione della domanda; b) la regolarità della compilazione del modello di domanda; c) la corrispondenza dell'atto o del fatto del quale si chiede l'iscrizione a quello previsto dalla legge; d) la allegazione dei documenti dei quali la legge prescrive la presentazione; e) il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione.»

Ciò premesso non si rilevano altri adempimenti in capo all’ufficio, preventivi alla iscrizione dell’atto nel registro delle imprese. Siamo cioè in presenza di ciò che la dottrina ha denominato controllo di legalità o regolarità formale, rimettendo in capo al notaio rogante, il controllo di legalità sostanziale, già attribuito, prima della legge 340/2000 al Tribunale in sede omologatoria. È pur vero che nella fattispecie oggetto del quesito, si è in presenze di assemblee, che pur producendo effetti dissolutivi della società, non risultano verbalizzate da notaio, giusta quanto precisato anche da questa amministrazione nel parere alla Camera di commercio di Lecce del 19 maggio 2014, prot. 94215.

Anche nella situazione de quo, non mutano i poteri dell’ufficio nei confronti dell’atto depositato, come anche espresso nel parere sopra ricordato ove tra l’altro si afferma che « l’Ufficio sia chiamato, nei casi in questione: alla mera verifica della corrispondenza tipologica, dell’atto presentato per l’iscrizione, alla previsione di legge, senza entrare nel merito dello stesso ma solo verificando che, come sopra evidenziato, evidenti illogicità presenti nell’atto medesimo impediscano di ricondurlo alla previsione di legge; alla verifica della sottoscrizione dell’atto stesso da parte di tutti i soggetti obbligati (con necessità, ad esempio, per il caso della dichiarazione degli amministratori ex art. 2484, c. 1, nn. 1-5, che sia verificata la sottoscrizione digitale da parte di tutti i componenti l’organo amministrativo); al concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione, ovverosia, sempre a titolo di esempio, che nei sopra richiamati casi di cui ai nn. 2), 4) e 5) del c. 1 dell’art. in esame, siano stati eseguiti tutti i passaggi endosocietari previsti dalla legge come indispensabile presupposto della dichiarazione con cui viene accertata la causa di scioglimento».

Appare pertanto ampiamente condivisibile l’orientamento di codesta Camera di iscrivere senza indugio, il verbale del 9 giugno 2015, come, parimenti, ritiene che debba essere iscritto anche il verbale trasmesso in data successiva ed attualmente sospeso. I problemi che vengono in immediata emersione, con riferimento al secondo verbale di assemblea (quello attualmente sospeso) sono di tre ordini: il regime formale delle allegazioni, la coerenza delle modalità di decisione rispetto alle norme statutarie, la scelta della modalità di consultazione operata dal socio di maggioranza e non dall’amministratore unico (socio peraltro di minoranza).

Si deve procedere per ordine. Con riferimento alla prima problematica evidenziata, si condivide la scelta camerale di richiedere alla società « apposito atto ricognitivo, riproducente tanto il testo sottoposto alla consultazione dei soci quanto il procedimento seguito e (ovviamente) l’esito della votazione», precisando, codesta Camera che « tale atto è in tutto e per tutto corrispondente al verbale di assemblea ordinaria che delibera con le maggioranze della straordinaria la nomina dei liquidatori ». Tale scelta, appare coerente con quanto richiesto dalla normativa di settore, e segnatamente dall’articolo 11, comma 6, lett. d) del DPR 581/1995, condizione necessaria per poter procedere all’iscrizione dell’atto.

Con riferimento alla seconda questione, appare posizione tralaticia in giurisprudenza quella secondo cui i poteri del Conservatore del registro delle imprese, ed a valle del Giudice del registro delle imprese, non possono debordare la mera legalità formale, e quindi limitarsi alla verifica delle condizioni previste dalla legge, da intendersi nel senso letterale del termine, riferito pertanto agli atti normativi, di rango primario e secondario, ma non delle disposizioni statutarie. Come ha osservato la giurisprudenza (Trib. Lucca 15 febbraio 1989, Società, 1989, 956) «il giudice preposto all'ufficio del registro delle imprese svolge un controllo di mera legittimità formale sugli atti sottoposti ad iscrizione essendogli precluso qualsiasi sindacato sulla loro intrinseca validità; è perciò da accogliersi il reclamo avverso il provvedimento del giudice del registro diretto ad ottenere la cancellazione dal registro delle imprese di una libera assemblea di nomina del consiglio di amministrazione di una società per azioni per il mancato raggiungimento del quorum deliberativo statutariamente richiesto, nonostante la percentuale raggiunta rendesse legittima la delibera stessa in base alla disciplina legale prevista dall'art. 2369, 3° comma, c. c.». In altri termini, la disciplina statutaria è totalmente irrilevante ai fini della iscrizione o meno di un atto al registro delle imprese. Con riferimento al terzo punto, si deve rilevare che, fermo restando quanto sopra osservato rispetto alla efficacia delle previsioni statutarie ai fini dell’iscrizione, l’art. 2479, dispone al terzo comma la facoltà di inserire nello statuto le clausole per la consultazione scritta (o sulla base del consenso espresso per iscritto) ed al successivo comma quarto le modalità di impedimento della consultazione, anche ove essa non fosse richiamata nello statuto, indicando i casi e i soggetti legittimati all’azione de quo.

Sul punto è opportuno soffermarsi. La norma afferma infatti che « Qualora nell'atto costitutivo non vi sia la previsione di cui al terzo comma e comunque con riferimento alle materie indicate nei numeri 4) e 5) del secondo comma del presente articolo nonché nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 2482-bis oppure quando lo richiedono uno o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, le decisioni dei soci debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare ai sensi dell'articolo 2479-bis».

Nella fattispecie non si ricade nella prima ipotesi, risultando prevista dall’art. 28 dello statuto tale forma di consultazione. Viene qui in rilievo il caso del riferimento alle materie indicate ai numeri 4) e 5) del comma 2, vale a dire «4) le modificazioni dell'atto costitutivo; 5) la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci», ipotesi che ricadrebbero entrambe nella verifica delle condizioni richieste dalla legge e pertanto oggetto di analisi da parte di codesto ufficio. Tuttavia, con la delibera in corso di iscrizione, l’assemblea non ha proceduto alla liquidazione della società, che pure ricadrebbe nell’ambito della previsione di cui al n. 4), ma alla nomina del liquidatore, che non afferisce né al caso del n. 4), né men che mai a quello del n. 5).

Pertanto si può concludere sul punto che, come la prima delibera, anche questa seconda delibera, deve essere iscritta nel registro delle imprese, permettendo, peraltro, tale iscrizione, al socio di minoranza di impugnare la medesima secondo le regole ed i termini dettati dall’art. 2479 ter, ove rilevasse la non conformità della decisione alle norme statutarie, con totale discarico di responsabilità per l’ufficio procedente.

In disparte, ed a margine, in quanto non direttamente influente sul parere, ma oggetto della prima parte del quesito, si richiama quanto precisato nel ridetto parere alla CCIAA di Lecce, con riferimento allo scioglimento della società dovuto a impossibilità di funzionamento dell’organo assembleare: « Nel caso, invece, della causa di scioglimento di cui al n. 3 del citato articolo ("per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea"), pur trattandosi, indubbiamente, di eventi dai contorni spesso sfumati, va rammentato - al fine della verifica di rispondenza "tipologica" dell’atto presentato per l’iscrizione, rispetto a quello previsto dalla legge - che, secondo la giurisprudenza (Trib. Biella, 25/11/05, n. 942/05 R.G.C.) "la continuata inattività dell’assemblea può derivare o dalla perdurante mancata convocazione dell’assemblea o dalla perdurante diserzione dei soci. Ciò che deve risultare concretamente impossibile é l’adozione di deliberazioni necessarie ed indispensabili al regolare svolgersi della vita societaria. Tra queste rientrano senza dubbio quelle di approvazione del bilancio di esercizio e di nomina o sostituzione degli amministratori e dei sindaci. Non basta quindi una mera mancanza di attività in senso inqualificato, occorre che l’inattività dell’assemblea abbia riflessi paralizzanti sulla vita della società e sulla sua normale conduzione"».

La presenza di soci con quote differenti e l’effettiva approvazione di due delibere nel corso del medesimo anno, dimostrano al contrario l’attività dell’organo. Resta comunque fermo che la delibera iscritta (anch’essa soggetta all’azione di annullamento ex art. 2479-ter, i cui termini alla data attuale sono spirati) conteneva pure un’altra causa di scioglimento (perdite) sulle quali non sono ammesse altri espressioni interpretative se non quelle di natura quantitativo - contabile.