Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 gennaio 2016, n. 1772

Tributi - IRPEF - Accertamento - Redditometro - Indici di capacità contributiva

 

Il sig. G.D.R. ricorre contro l'Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, ha solo parzialmente accolto il ricorso del contribuente avverso un avviso di accertamento sintetico IRPEF per l'anno 2006 con il quale il reddito del contribuente era stato rideterminato ai sensi dell'articolo 38, comma 4, d.p.r. 600/73 (c.d. "redditometro").

L'avviso di accertamento si fondava sui seguenti elementi indicativi di capacità contributiva:

a) l'acquisto, in compartecipazione al 50% con la moglie, di un'imbarcazione a motore (valutato limitatamente all'importo di € 30.000 corrispondente alla differenza tra il prezzo di acquisto di tale imbarcazione e il prezzo di vendita di altra imbarcazione, contestualmente ceduta dal contribuente e da sua moglie);

b) le spese di mantenimento della suddetta imbarcazione, di un'autovettura, di un motociclo e della casa di residenza.

La Commissione Tributaria Regionale ha condiviso la decisione di prime cure, che aveva ridotto del 30% l'accertamento dell'Ufficio.

Il ricorso si articola su tre motivi riferiti:

- il primo, ai vizi, promiscuamente dedotti, di cui ai all'articolo 360 n. 3 c.p.c. (con riferimento all'articolo 38 d.p.r. 600/73, in relazione all'articolo 113 c.p.c., e all'articolo 115 c.p.c.) e di cui all'articolo 360 n. 5 c.p.c.;

- il secondo, ai vizi, promiscuamente dedotti, di cui all'articolo 360 n. 4 c.p.c. (con riferimento all'articolo 38 d.p.r. 600/73, in relazione all'articolo 112 c.p.c.) e di cui all'articolo 360 n. 5 c.p.c.;

- il terzo, al vizio di cui all'articolo 360 n. 4 c.p.c. (con riferimento all'articolo 36 D.Lgs. 546/92 , anche in relazione all'articolo 132 c.p.c., e all'articolo 111 Cost.).

L'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Ragioni di ordine logico impongono di iniziare l'esame del ricorso dal terzo motivo, il quale, risolvendosi in una  denuncia di nullità dell'atto-sentenza, risulterebbe idoneo, se accolto, a travolgere interamente la pronuncia impugnata, assorbendo qualunque altra questione. Il motivo appare peraltro infondato, giacché la motivazione della sentenza gravata è idonea a manifestare le ragioni di fatto di diritto su cui il giudice territoriale ha fondato la propria decisione, come fatto palese dalla considerazione che tali ragioni vengono attinte dagli argomenti sviluppati nel motivo di ricorso in esame, il quale censura l'apprezzamento delle risultanze istruttorie operato nella sentenza gravata e contesta l'errore di diritto in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa non applicando retroattivamente le modifiche recate all'articolo 38 d.p.r. 600/73 dall'articolo 22 d.l. 78/10. Passando all'esame del primo motivo di ricorso, si osserva che esso si articola in un primo paragrafo, nel quale si sviluppano considerazioni di fatto volte a censurare l'apprezzamento delle risultanze di causa operato dal giudice di merito, ed in un secondo paragrafo, nel quale si lamenta la mancata applicazione retroattiva del testo dell'articolo 38 d.p.r. 600/73 come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 22 d.l. 78/10.

Le censure proposte nel primo paragrafo appaiono inammissibili, perché si risolvono in argomenti di fatto la cui valutazione compete al giudice di merito e non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti fissati dall'articolo 360 n. 5 c.p.c., nel testo - applicabile alla fattispecie perché la sentenza gravata è stata depositata dopo l'11 settembre 2012 - risultante dalla modifica cui al decreto legge 83/12. La censura proposta nel secondo paragrafo appare infondata, giacché il primo comma dell'articolo 22 d.l. 78/10 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell'articolo 38 d.p.r. 600/73 abbiano "effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto" (vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d'imposta successivi al 2009).

Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di chiarire, con la sentenza n. 21041/14, che:

a) non sono in questione i principi sulla retroattività, giacché la giurisprudenza che afferma l'applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992 ai periodi d'imposta precedenti alla loro adozione (fra le varie, Cass. n. 9539/13) non fa leva sulla retroattività, bensì sulla natura procedimentale delle norme dei decreti, che ne comporta l'applicabilità in rapporto al momento dell'accertamento.

b) non è in questione il principio del favor rei, perché l'applicazione di tale principio è predicabile unicamente al cospetto di norme sanzionatorie, non già allorquando si tratti dei poteri di accertamento oppure della formazione della prova, che sono appunto i piani coinvolti dal redditometro.

c) la questione della individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale che, appunto, va a identificare, nella successione fra più norme, quella da dover applicare; ma il diritto intertemporale necessariamente recede a fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, sopra trascritta, che essa stessa identifica la norma applicabile. Si propone quindi al Collegio di dare seguito all'arresto di questa Corte n. 21041/14 e conseguentemente di rigettare la censura proposta dal ricorrente nel secondo paragrafo del primo motivo di ricorso.

Con il secondo motivo di ricorso, infine, si denuncia - sia sotto il profilo della violazione dell'articolo 112 c.p.c., sia sotto il profilo dell'omesso esame di fatto decisivo - l'omessa pronuncia della Commissione Tributaria Regionale sulla eccezione sollevata dal contribuente in ordine alla applicabilità, nella specie, del testo dell'articolo 38 d.p.r. 600/73 modificato dall'articolo 22 d. L. 78/10.

Il motivo è inammissibile, in quanto l'omessa considerazione di una argomentazione giudica svolta in un atto di parte non costituisce né vizio di omessa pronuncia (il quale non è ravvisabile quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto, pur in assenza di una specifica argomentazione, cfr. Cass. nn. 10636/07, 10696/07, 10311/11), né vizio di motivazione (che concerne l'accertamento e la valutazione dei fatti e non le questioni di diritto).

In conclusione si propone al Collegio il rigetto del ricorso. Che l'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso; che la relazione è stata notificata alle parti;

che il ricorrente ha depositato una memoria difensiva;

che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione, non superati dalle deduzioni svolte nella memoria difensiva del ricorrente; in particolare:

- quanto alla deduzione relativa al terzo mezzo di ricorso, il Collegio ribadisce che la sentenza gravata non può considerarsi priva di motivazione;

- quanto alla deduzione relativa al primo paragrafo del primo mezzo di ricorso - con la quale la difesa del contribuente stigmatizza "l'omesso esame da parte della Commissione Tributaria Regionale di un fatto decisivo per il giudizio (rimanendo pertanto in toto entro i limiti dell'art. 360 n. 5 c.p.c.), ovvero la comprovata legittimità della provenienza delle somme contestate" (pag. 3 della memoria) - è sufficiente osservare che la "legittimità della provenienza delle somme contestate" costituisce un giudizio giuridico e non un fatto storico il cui omesso esame possa integrare il vizio di cui all'articolo 360 n. 5 c.p.c.; né ha pregio il richiamo al fatto della "esistenza di una cospicua disponibilità economica preesistente" (pag. 5 della memoria) giacché, contrariamente a quanto lamentato nel ricorso, i saldi attivi del conto corrente bancario del contribuente hanno formato oggetto di esame da parte della Commissione Tributaria Regionale (vedi pag. 4, penultimo cpv, della sentenza "Ad avviso di questo decidente la prova di quanto dedotto la si ricava da un'attenta analisi dei saldi attivi di conto corrente, che non trovano giustificazione in mancanza di prova di redditi esenti o di altri redditi tassato alla fonte. Non va sottaciuto che detta documentazione è anche inidonea mancando il prospetto allegato dei dati anagrafici degli intestatari ...");

- quanto alla deduzione relativa al secondo paragrafo del primo mezzo di ricorso, con la quale la difesa del contribuente richiama la giurisprudenza di merito sull'immediata applicabilità del c.d. "nuovo redditometro", il Collegio non ritiene che tale richiamo possa indurre a discostarsi dal precedente di legittimità menzionato nella relazione;

che, pertanto, si deve rigettare il ricorso; che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere all'Agenzia delle entrate le spese del giudizio di cassazione, che liquida in E 1.500, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.