Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 febbraio 2016, n. 2426

Attività giornalistica - Contributi omessi - Accertamento ispettivo - Mediazione intellettuale - Configurabilità

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 27 marzo 2012, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione con cui il Tribunale di Roma aveva accolto l’opposizione proposta dalla RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale che, in relazione alla qualificazione, operata in sede di accertamento ispettivo, come attività giornalistica di quella svolta da programmisti registi RAI addetti alla struttura CCISS (Centro Coordinamento Informazione Sicurezza Stradale), riconosceva il credito per contributi omessi azionato nei confronti della predetta Società dall’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola" - INPGI.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto in concreto insuscettibile di qualificazione in termini di attività giornalistica la prestazione resa dagli interessati, in difetto della ravvisabilità nella specie della funzione di mediazione intellettuale tra il fatto come acquisito dal soggetto incaricato della sua diffusione ed i termini di diffusione della conoscenza dello stesso nonché della riconducibilità della struttura di adibizione ad una testata giornalistica.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPGI, affidando l’impugnazione a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la RAI S.p.A., che ha parimenti presentato memoria.

L’INPS intimato quale titolare della gestione ex ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori della Spettacolo) ed in proprio ha rilasciato delega in calce al ricorso per la difesa nel corso dell'udienza.

 

Motivi della decisione

 

Con i tre motivi su cui si articola la proposta impugnazione l’Istituto ricorrente imputa alla Corte territoriale l’erronea identificazione degli elementi caratterizzanti l’attività giornalistica desunti dalle previsioni collettive piuttosto che dalla disciplina legale illegittimamente ignorata, con omessa considerazione del prioritario elemento dell’apporto creativo con cui contrasta la valorizzazione dell’elemento, viceversa non significativo dell’iscrizione da parte dell’editore della struttura di appartenenza del giornalista come testata giornalistica, nonché l’insufficiente motivazione, con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. della ritenuta inattendibilità di un teste essenzialmente incentrata sul suo coinvolgimento in un analogo contenzioso.

I tre motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati.

In effetti, la Corte territoriale - mentre solo ad abundantiam introduce, quale ulteriore ratio decidendi, a sostegno della ritenuta esclusione della natura giornalistica dell’attività svolta  dai lavoratori interessati dall’accertamento ispettivo dell’Istituto ricorrente, la considerazione per cui a quei fini rileverebbe l’inserzione della struttura di appartenenza nell’ambito dell’organizzazione dei servizi giornalistici della Società datrice, derivandone l’inammissibilità del terzo motivo per il carattere non decisivo della censura — perviene al proprio convincimento sulla base dell’adesione all’orientamento fatto proprio da questa Corte con riguardo ad identica fattispecie (cfr. Cass. 22.11. 2010, n. 23625), cui il Collegio intende dare continuità, per il quale "il giornalista si pone come mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, nel senso, cioè, che sua funzione è quella di acquisire egli stesso la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell’informazione e confezionare quindi il messaggio con apporto soggettivo ed inventivo" avendo accertato, sulla base di un apprezzamento insindacabile in questa sede e comunque correttamente fondato sulla prevalenza degli elementi probatori a suffragio della conclusione raggiunta rispetto a quelli di segno contrario - restando, pertanto, irrilevante, ai fini del decidere, la dichiarata inattendibilità del teste N., sia pur motivata sulla base dell’interesse di mero fatto che questi poteva avere a che la controversia nella quale era chiamato a deporre potesse essere definita in termini idonei a supportare le analoghe ragioni fondanti il proprio contenzioso in atto con la stessa Società datrice - il dato fattuale dell’assenza appunto di quell’apporto creativo che lo stesso Istituto ricorrente assume, con il primo motivo di ricorso, essere qualificante dell’attività giornalistica.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Istituto ricorrente al pagamento delle spese del degente giudizio di legittimità che liquida in favore della RAI S.p.A. in euro 100, 00 per esborsi ed euro 10.000,00 per compensi, ed in favore dell’INPS in euro 1.500.00 per compensi professionali oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.