Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 febbraio 2016, n. 4631

Tributi - Reati tributari - IVA - Omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale - Società di capitali - Imputazione all’amministratore o liquidatore subentrato prima della scadenza di versamento - Sussiste

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 12 gennaio 2015, la Corte di Appello di Perugia ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Terni, che aveva dichiarato (...) (....) colpevole del reato di cui all'art. 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000, perché nella qualità di rappresentante legale della (...) s.r.l., relativamente al periodo di imposta 2005, ometteva il versamento dell'imposta sul valore aggiunto in base alla dichiarazione annuale, per un importo complessivo pari ad euro 400.248,00 e concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di sette mesi di reclusione; fatto accertato in (...).

2. Avverso la sentenza, l'imputato ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, per i seguenti motivi: 1) Omessa declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 552 c.p.p., comma 2, lett. c), per omessa descrizione del fatto ed illogicità della motivazione. La difesa aveva eccepito la nullità del decreto di citazione a giudizio, in particolare per omessa indicazione della data del commesso reato di omesso versamento IVA per il periodo di imposta 2005, poiché il capo di imputazione conteneva solo l'indicazione della data di accertamento. Inoltre, la difesa aveva prodotto la delibera assembleare nella quale, come riconosciuto in altra sentenza di merito, si dava atto del fatto che (...) era divenuto amministratore della società solo in data 26 settembre 2006, con la conseguenza che prima di tale momento lo stesso non avrebbe potuto determinare il versamento delle somme trattenute sulle retribuzioni corrisposte. 2) La motivazione sarebbe pertanto illogica perché non avrebbe tenuto conto di tali rilievi difensivi e sarebbe altresì insufficiente, perché non avrebbe tenuto conto della sentenza del Tribunale di Terni n. 905 del 2012, con la quale l'imputato era stato assolto per non aver commesso il fatto, dal reato di cui all'art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000. Tale sentenza aveva dato conto del fatto che (...) era divenuto amministratore della società in data 26 dicembre 2006, con la conseguenza che prima di tale data non poteva adempiere gli obblighi connessi al versamento delle ritenuto cui è tenuto il sostituto di imposta. 3) La motivazione risulterebbe illogica altresì, perché non avrebbe considerato il breve lasso di tempo a disposizione dell'imputato dopo la nomina ad amministratore per reperire le somme necessarie ad assolvere il debito tributario IVA.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è infondato e per tale motivo deve essere rigettato. Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 12149 del 2/3/2005, Cifarelli, Rv. 231615), in tema di requisiti del decreto di citazione a giudizio, la mancata enunciazione dell'ambito spaziale e temporale delle condotte e degli elementi indicativi dell'oggetto materiale del reato costituisce vizio di "insufficiente motivazione", soltanto quando non sia possibile collocare nel tempo e nello spazio l’episodio criminoso contestato, mentre l'omissione è improduttiva di conseguenze giuridiche quando dagli altri elementi enunciati e dai richiami contenuti nel decreto ed eventualmente anche in altri provvedimenti, risultino chiari i profili fondamentali del "fatto" per il quale il giudizio è stato disposto.

2. Con riferimento al caso di specie, il Collegio rileva che, i giudici di merito hanno escluso correttamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, per omessa specificazione del fatto contestato, atteso che, come sottolineato dalla Corte territoriale, nel caso di specie, il decreto di citazione a giudizio conteneva l'indicazione del periodo di imposta cui il mancato versamento era riferito nonché i relativi importi dovuti.

3. Del pari, risultano infondati gli ulteriori motivi di ricorso. Giova ricordare, infatti, che l'art. 10 ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l'art. 35, comma 7, D.L. 4 luglio del 2006, n. 223, sanziona chiunque non versi l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo e secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 2 della legge n. 405 del 1990, tale termine è fissato al 27 dicembre. Conseguentemente per la consumazione del reato occorre che l'omissione del versamento dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dell'anno successivo al periodo d'imposta di riferimento. Va ricordato che nelle società di capitali, la responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è attribuita all'amministratore (individuato secondo i criteri ex art. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c.), ovvero a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l'ordinamento tributario (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, ma risponde del reato di omesso versamento di IVA, anche il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una società di capitali, dopo la presentazione della dichiarazione d'imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze (cfr. Sez. 3, n. 34927 del 24/06/2015, Alfieri, Rv. 264882).

4. Orbene, nel caso in esame, i giudici di merito hanno dato conto del fatto che l'imputato era divenuto amministratore nel settembre 2006, per cui ben avrebbe potuto ottemperare al versamento dovuto entro il termine previsto per legge, ossia il 27 dicembre successivo, con la conseguenza che correttamente hanno confermato la responsabilità dell'imputato per il delitto contestato. A nulla vale richiamare la circostanza che l'imputato era stato assolto per il diverso reato di cui all'art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, come ha sostenuto la difesa, poiché si tratta di rilievo formulato per la prima volta in questa sede e pertanto inammissibile e comunque il reato di omesso versamento di ritenute certificate da parte del sostituto d’imposta ha ad oggetto le ritenute complessivamente operate nell’anno di imposta cui si riferisce la soglia di punibilità fissata dalla norma, e prevede quale termine per l’adempimento quello stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ossia il 30 settembre dell’anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione e quindi un termine diverso da quello indicato in riferimento all'IVA. Di conseguenza, considerata la diversità dei termini per gli adempimenti tributari la cui omissione assume rilevanza penale sono diversi con riferimento alle fattispecie penali previste rispettivamente dall'art. 10 bis e 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000, il rilievo difensivo sul punto risulta evidentemente infondato.

5. Del pari infondata la lamentata illogicità motivazionale quanto alla asserita mancata considerazione del breve lasso di tempo a disposizione per l'imputato, successivamente alla sua nomina ad amministratore per reperire le somme necessarie ad assolvere il debito tributario IVA. Questa Corte ha precisato che "risponde del reato di omesso versamento di IVA, quanto meno a titolo di dolo eventuale, il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all’Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze" (in tal senso, Sez. 3, n. 34927 del 24/6/2015, Alfieri, Rv. 264882).

Per tali ragioni, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.