Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 febbraio 2016, n. 2093

Tributi - Imposta di registro - Atto di compravendita di compendio immobiliare - Rivalutazione catastale - Esecuzione di lavori iniziati prima della cessione - Adeguamento del valore del bene - Occupazione abusiva dell’immobile da parte di terzi - Rilevanza

 

Svolgimento del processo

 

L'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Firenze 2- notificò alla società G.C. S.r.l. (di seguito, per brevità, G.), quale acquirente, ed ai signori A.B., B.B., D.B., L.B., M.B., M.B. e V.F., quali venditori, avviso di rettifica di valore e liquidazione della maggiore imposta di registro dovuta, oltre interessi e sanzioni, con riferimento ad atto di compravendita del 19 marzo 2002, registrato l'8 aprile 2002, avente ad oggetto un complesso immobiliare in Firenze, località Il Sodo, composto:

a) da un appezzamento di terreno con due fabbricati sovrastanti, dei quali, uno principale, denominato "Villa Alexandra", di mq 940, e l'altro, secondario, denominato "Le Scuderie", di mq 285, a loro volta suddivisi in nove appartamenti, oltre 22 garage e alcuni magazzini;

b) da un terreno non edificabile di superficie catastale di mq 1865. L'atto fu impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze sia dalla società acquirente, sia dai venditori, e l'adita CTP, riuniti i ricorsi, li accolse.

L'appello proposto dall'Ufficio avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole fu respinto dalla CTR della Toscana con sentenza n. 87, depositata il 15 ottobre 2009, sulla base del rilievo essenziale che l'Ufficio non avesse provato la dedotta trasformazione dell'immobile prima della vendita, che avrebbe richiesto la necessità di nuovo accatastamento, ciò rendendo ammissibile l'accertamento in rettifica altrimenti precluso in virtù del disposto di cui all'art. 52 4° comma del D.P.R. n. 131/1986.

Avverso detta pronuncia l'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione in forza di tre motivi.

I contribuenti venditori resistono con controricorso.

L’intimata società acquirente non ha svolto difese.

I controricorrenti hanno altresì depositato memoria, comprovando altresì l’avvenuta notifica in rinnovazione del controricorso anche nei confronti della società G. entro un lasso di tempo ragionevole, avuto riguardo alla necessità di acquisire le necessarie informazioni, dal momento in cui hanno appreso che l’originario tentativo di notifica non era andato a buon fine.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo l'Agenzia delle Entrate deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 43, 1° comma, lett. a), 51, 2° comma e 52, 4° comma, D.P.R. 131/1986 (art. 360 n. 3 c.p.c.)".

La ricorrente sostiene che la necessità, ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro, di riferirsi al valore del bene, inteso quale valore venale in comune commercio, alla data dell'atto, impone di tener conto, come chiarito dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte, sia delle condizioni del bene all'attualità, sia delle potenziali utilizzazioni dell'oggetto della prestazione.

Nella fattispecie in oggetto, secondo l'Amministrazione ricorrente, sarebbe emerso che alla data dell'atto (19 marzo 2002) erano già state eseguite opere, oggetto dell'autorizzazione n. 119/98 rilasciata agli originari proprietari, che avrebbero reso inattuale la valutazione catastale del complesso immobiliare, sulla base della quale era stato dichiarato il prezzo della vendita, sicché la sentenza impugnata avrebbe dovuto correttamente riconoscere la legittimità dell'accertamento in rettifica fondato sul valore venale in commercio del bene.

2. Con il secondo motivo l'Amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata per "violazione e falsa applicazione dell'art. 52, comma 4, DPR 131/1986, dell'art. 1, commi da 333 a 339, L. 311/2004 (finanziaria 2005) in relazione a provvedimento del direttore dell'Agenzia del Territorio in data 16.2.2005 (art. 360 n. c.p.c.)", relativamente alla statuizione con la quale la pronuncia della CTR ha affermato la sussistenza in capo all'Amministrazione dell'onere di dimostrare che i lavori avevano incrementato la rendita al di sopra del 15%, per obbligare il contribuente a presentare nuovo accampionamento.

Rilevando che le disposizioni normative indicate in rubrica di cui alla legge finanziaria 2005 ed il richiamato provvedimento direttoriale attengono agli uffici competenti per l'aggiornamento delle situazioni non più coerenti con i classamenti catastali, la ricorrente deduce che in maniera del tutta illegittima, in contrasto con l'art. 52, 4° comma D.P.R. n. 131/1986, la decisione impugnata ha valorizzato "l'obbligo di accampionamento" nei confronti del privato in caso di modifiche interessanti un valore di "rendita al di sopra del 15%".

3. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce "insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.)", denunciando la carenza motivazionale della decisione impugnata, che non avrebbe in particolare tenuto conto della comunicazione d'inizio lavori dei signori B. in data 7 gennaio 2000, dalla quale emergeva che la situazione degli immobili non era più quella cristallizzata nella rendita catastale.

4. I controricorrenti signori B. - F. hanno preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per inesistenza giuridica della notificazione del ricorso per cassazione sia nei propri confronti, sia nei confronti della società acquirente.

Ciò in ragione del fatto che il ricorso per cassazione è stato notificato nei riguardi dei contribuenti venditori non già presso lo studio del proprio difensore costituito in grado d'appello, avv. P.T., presso il quale essi avevano eletto domicilio in Firenze al Viale M., n. (..), ma presso lo studio dell'avv. M.V. in Firenze alla Via della C. n. (..) (difensore domiciliatario costituito in primo grado).

Analogo errore è stato compiuto dall'Amministrazione ricorrente, secondo i controricorrenti B. - F., anche in relazione alla notifica del ricorso per cassazione nei confronti della G., litisconsorte, effettuata in Firenze alla Via P. n. (..), anziché presso lo studio dell'avv. P.T., difensore costituito in appello e domiciliatario anche per la suddetta società. L'eccezione è infondata, dovendosi ritenere la notifica del ricorso per cassazione eseguita dalla ricorrente con le modalità sopra descritte affetta da nullità e non da giuridica inesistenza, come dedotto dai controricorrenti, non mancando del tutto un criterio di collegamento tra il luogo ove è stata eseguita la notifica e le parti destinatarie (cfr. Cass. civ. sez. L 11 giugno 2007, n. 13667; Cass. civ. sez. II 4 aprile 2006, n. 7818).

Ne consegue che la tempestiva costituzione in giudizio dei contribuenti venditori comporta sanatoria della nullità della notificazione, avendo comunque l'atto raggiunto lo scopo a cui è destinato (art. 156 3° comma c.p.c.).

4.1. Né occorre al riguardo provvedere alla formalità relativa alla rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione nei confronti dell'altra intimata che non si è costituita, apparendo detta formalità superflua, avuto riguardo al principio della ragionevole durata del processo (cfr. Cass. civ. sez. III 17 giugno 2013, n. 15106; Cass. civ. sez. unite 22 marzo 2010, n. 6286; Cass. civ. sez. unite 3 novembre 2008, n. 26373) alla stregua delle considerazioni che seguono, che inducono a ritenere il ricorso proposto dall'Amministrazione palesemente infondato.

5. Conviene muovere, nell'esame dei motivi di ricorso, dal terzo, con il quale, come si è visto, l'Amministrazione ricorrente censura la decisione impugnata per carenza motivazionale riguardo al fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dal compimento di lavori prima della data dell'atto di compravendita che avrebbe reso, secondo il Fisco, non più attuale la valutazione automatica del valore del complesso immobiliare secondo il disposto dell'art. 52, comma 4 del D.P.R. n. 131/1986.

5.1. In primo luogo pare opportuno rilevare che, contrariamente all'epigrafe del motivo, che riferisce la denuncia del vizio di motivazione sia all'insufficienza, sia alla contraddittorietà della stessa, non è dato cogliere, nell'illustrazione del motivo come di seguito esplicitata, alcuna specifica censura riguardo al profilo eccepito della contraddittoria motivazione, essendo svolta la censura unicamente riguardo alla dedotta insufficienza della motivazione.

In particolare essa, secondo l'Amministrazione ricorrente, sarebbe da cogliere nell'avere la decisione impugnata privilegiato - ai fini della decisione pervenuta al convincimento che alla data dell'atto di compravendita non vi sarebbe stato svolgimento di lavori tali da rendere inattuale la valutazione catastale del compendio immobiliare - unicamente la documentazione prodotta dalle parti private, ignorando la comunicazione d'inizio lavori del 7 gennaio 2000 riguardo alle opere oggetto dell'autorizzazione n. 119/98.

5.2. In proposito deve rilevarsi che è fondata l'eccezione d'inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza.

Va al riguardo ricordato che questa Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale "il ricorrente che deduce l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l'asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l'onere di indicare - mediante l'integrale trascrizione, ove occorra, di detti atti nel ricorso - la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, senza necessità di indagini integrative" (cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. V 15 luglio 2015, n. 14784; Cass. civ. sez. VI - V ord. 28 maggio 2014, n. 12029; Cass. civ. sez. III 9 aprile 2013, n. 8569; Cass. civ. sez. VI - III 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. civ. sez. lav. 4 aprile 2006, n. 11886).

Nella fattispecie in esame la ricorrente Amministrazione si è limitata a richiamare il relativo atto tra i documenti indicati e la lacuna appare ancor più grave, atteso che i controricorrenti hanno peraltro specificamente contestato la decisività di detto documento ai fini della decisione (cfr., più di recente, Cass. civ. sez. V 5 dicembre 2014, n. 25756), nel senso che detti lavori, di mero risanamento conservativo nel quadro dell'autorizzazione n. 119/98, appena iniziati, sarebbero stati immediatamente sospesi per la perdurante occupazione abusiva dell'immobile da parte di terzi, della quale ultima circostanza è dato pure conto nella sentenza impugnata.

Ne consegue che l'accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito riguardo alla mancanza di prova da parte dell'Amministrazione dell’esecuzione di lavori anteriormente alla stipula dell’atto di compravendita, tali da rendere inattuale la valutazione catastale del complesso immobiliare assunta come base imponibile ai fini della determinazione dell’imposta di registro, resta definitivo.

6. Di conseguenza restano assorbiti i primi due motivi di ricorso che ipotizzano le dedotte violazioni o false applicazioni delle norme di diritto indicate nelle rispettive rubriche, sul presupposto dell’avvenuta esecuzione di lavori anteriormente all’atto di compravendita, tali da giustificare l’avvenuto accertamento in rettifica del valore del compendio immobiliare compravenduto.

Il ricorso va pertanto rigettato.

7. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto processuale tra la ricorrente e le parti venditrici costituite.

Nulla va statuito riguardo alle spese nel rapporto processuale tra l’Amministrazione ricorrente e l’intimata società G., che non ha svolto difese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione in favore dei controricorrenti costituiti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfetarie ed accessori, se dovuti.