Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 gennaio 2016, n. 556

Tributi - Riscossione - Termini - Prescrizione - Giudizio di rinvio dalla Cassazione - Mancata riassunzione - Definitività dell’imposizione

 

Svolgimento del processo

 

In esito a verifica, nei confronti del notaio D.M., fu emesso (tra gli altri) avviso di accertamento irpef per l'anno 1992, notificato nel 1998, con il quale l'Ufficio, alla luce delle movimentazioni registrate sui conti correnti intrattenuti dal contribuente con vari istituti di credito, recuperava a tassazione la somma di L. 932.082.000.

Il ricorso - con il quale il professionista deduceva che le somme movimentate, non riguardavano ricavi, bensì operazioni poste in essere per conto dei vari clienti - fu accolto dall'adita commissione provinciale, che annullò l'accertamento, con decisione confermata dalla commissione regionale.

In esito al ricorso per cassazione promosso dall'Agenzia, tuttavia, la suindicata decisione fu da questa Corte (con sent. 3.12.08 n. 28700) cassata per vizio di motivazione, con rinvio della causa al giudice a quo per un nuovo esame.

In difetto di riassunzione del giudizio nel termine prescritto (di un anno e quarantasei giorni dal deposito della sentenza, scadente il 18.1.2010), in data 24.9.2010 al contribuente fu notificata cartella di pagamento (di € 656.308,10 oltre accessori) a titolo di definitiva iscrizione a ruolo dell'irpef 1992, quale risultante dall'avviso di accertamento notificato nel 1998.

Contro l'indicata cartella - oggetto del presente giudizio - il contribuente e la coniuge coobbligata hanno proposto ricorso. In particolare, hanno dedotto l'intervenuta prescrizione della pretesa erariale (sul presupposto che la notifica della cartella, non preceduta da atti interruttivi, era intervenuta a distanza di oltre dieci anni da quella dell'avviso di accertamento). Hanno, quindi, affermato la sua infondatezza in considerazione della sentenza penale, passata in giudicato il 19.7.2002, che assolveva il M. dal reato di cui all'art. 3 d.lgs. 74/2000, nonché dei giudicati favorevoli intervenuti su analoghi accertamenti, i.v.a., relativi alle annualità dal 1988 al 1993 e, irpef, relativi alle annualità dal 1989 al 1991.

Il ricorso è stato accolto dall'adita commissione provinciale, con sentenza, tuttavia, riformata, in esito all'appello dell'Agenzia, dalla commissione regionale.

Avverso tale decisione il contribuente propone ricorso per cassazione in tre motivi.

L'Agenzia resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

In riforma della sentenza di primo grado, i giudici di appello hanno disatteso l'eccezione di prescrizione, in base al rilievo che l'avviso di accertamento in oggetto è divenuto definitivo solo a far tempo dal 18.1.2010 (data di scadenza del termine di un anno e quarantasei giorni dal deposito della sentenza n. 28700/08, con cui questa Corte, annullata la sentenza impugnata, aveva disposto il rinvio della causa, poi non attuato, al giudice di appello) e che, in rapporto a tale data, non può ritenersi maturata né decadenza né prescrizione. Hanno, inoltre, rilevato che la favorevole decisione penale (peraltro non costituente giudicato in rapporto alla controversia fiscale) doveva, in ogni caso, esser fatto valere nel giudizio avverso il prodromico avviso di accertamento, lasciato, invece, estinguere per inattività.

Tale essendo il tenore della sentenza impugnata, con il primo motivo di ricorso, i contribuenti deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 2943 e 2945 c.c. - censurano la decisione impugnata per non aver considerato che l'estinzione del processo, per mancata riassunzione davanti al giudice del rinvio, aveva, ai sensi dell'art. 2945, comma 3, c.c., determinato la retrocessione dell'inizio della decorrenza del termine di prescrizione della pretesa fiscale al momento della notificazione dell'avviso di accertamento.

La doglianza è infondata.

In tema di contenzioso tributario, l’estinzione del processo ex art. 63, comma 2, d.lgs. 546/1992, per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, comporta la definitività dell'avviso di accertamento impugnato (e della pretesa tributaria in esso incorporata), giacché detto avviso non è un atto processuale, ma l'oggetto del giudizio (cfr. Cass. 21143/15, 16689/13, 5044/12, 3040/08).

Tanto premesso ed attesa la peculiare natura della pretesa tributaria (in quanto necessariamente incorporata in atto impositivo) deve ritenersi che, in ipotesi di estinzione del processo, per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, il dies a quo del termine di prescrizione (come di quello di decadenza) va ancorato, a prescindere dalla previsione di cui all'art. 2945, comma 3, c.c., alla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, posto che solo da tale data, per effetto dell'acquisita definitività dell'atto impositivo, l'Amministrazione può, ai sensi degli artt. 68 d.lgs. 546/1992, 14 e 15 d.p.r. 602/1973, far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito, attivando la relativa procedura di riscossione; ciò tanto più in presenza (come nel caso di specie) di sentenze di primo e di secondo grado ad essa sfavorevoli, dato l'obbligo di restituzione del tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dal giudice tributario, sancito dall'art. 68 comma 2, d.lgs. 546/1992.

Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, i contribuenti censurano la decisione impugnata, sotto il profilo del vizio di motivazione, per la mancata considerazione della "capacità espansiva di altri giudicati esterni" relativi ad altra imposta e ad altre annualità della medesima imposta nonché dell'effetto vincolante/probatorio di giudicato penale".

Ancor prima che infondate (sui limiti dell' "espansività" del giudicato formatosi in relazione ad altra annualità del medesimo tributo, v., tra le altre, Cass. 4832/15; sul carattere non vincolante del giudicato formatosi in separato giudizio in merito a tributi diversi, v., tra le altre, Cass. 235/14; sui limiti della rilevanza nel giudizio tributario del giudicato penale di assoluzione, v., tra le altre, Cass. 10578/15) le censure in oggetto si rivelano inammissibili nella prospettiva di cui all'art. 19, comma 3, d.lgs. 546/1992.

In tema di contenzioso tributario - posto che, ai sensi dell'art. 19, comma terzo, del d.lgs. 546/1992, ognuno degli atti impugnabili può essere oggetto di gravame solo per vizi propri, salvo che non sì tratti di atti presupposti non notificati - non è, invero, ammissibile l'impugnazione della cartella esattoriale, che è mero atto di riscossione, per dolersi di vizi inerenti al merito del prodromico avviso di accertamento oggetto di rituale notificazione (cfr. Cass. 21082/11, 9183/11).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone il rigetto del ricorso.

Per tutte le peculiarità della fattispecie, si ravvisano le condizione per l'integrale compensazione delle spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, di cui all'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002, introdotto dall'art. 1, comma 17 l. 228/2012.