Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 febbraio 2016, n. 1973

Stampa - Giornalisti pubblicisti - Subordinazione - Continuità delle prestazioni - Indici rivelatori

 

Svolgimento del processo

 

La sentenza attualmente impugnata, indicata in epigrafe, ha respinto l’appello proposto dall’INPGI - Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "G. A." avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con cui era stata accolta l’opposizione proposta dalla società Di B. E. avverso il decreto emesso dal medesimo Tribunale, che aveva ingiunto alla società il pagamento della somma di euro 67.431,00 oltre interessi, a titolo di contributi e sanzioni civili riferiti alla posizione dei giornalisti pubblicisti W. P. e L. L., rispettivamente redattore ordinario e capo redattore, per il periodo gennaio 2001 - febbraio 2004.

La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, ha precisato che non era configurabile la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società Di B. e i suddetti giornalisti.

Il giornalista subordinato, secondo la Corte, è colui che, avendo la responsabilità del servizio affidatogli, assume l’impegno di trattare con continuità di prestazioni, uno specifico settore o specifici argomenti di informazione, mettendo a disposizione le proprie energie lavorative per fornire un flusso di notizie, con conseguente affidamento dell’impresa giornalistica, che si assicura così la copertura di una specifica e predeterminata area dell’informazione, contando per il perseguimento degli obiettivi sulla disponibilità del lavoratore anche nell’intervallo tra una prestazione e l’altra.

Nella specie non vi era prova certa di tale disponibilità. La presenza dei giornalisti all’interno della redazione non assumeva di per sé alcun valore ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro al pari delle modalità di corresponsione della retribuzione, costituendo detti elementi un mero indice della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

In particolare, era incontestato che il P. aveva scritto articoli di natura giornalistica partecipando all’attività di redazione, ma anche tale circostanza era di per sé inidonea a qualificare la prestazione di lavoro in termini di subordinazione.

Il ricorso dell’Istituto previdenziale domanda la cassazione della sentenza per quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. Resiste con controricorso la società Di B.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., illogicità ed insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia.

Lamenta che il capo della sentenza con il quale la Corte d’appello ha rigettato le eccezioni concernenti la attendibilità dei testi è illogico, "sia in quanto afferma una generale coerenza del quadro probatorio, pur in presenza di deposizione sicuramente difforme, sia perché ritiene che una unica testimonianza attendibile avvalori le due inattendibili, e che queste con quelle formino un quadro probatorio coerente".

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., omesso esame di punti decisivi della controversia e omessa motivazione.

Deduce che la Corte territoriale, aderendo alle valutazioni eseguite dal giudice di primo grado, ha omesso una propria autonoma disamina delle risultanze istruttorie. In tal modo non ha considerato che le deposizioni testimoniali non erano "conformi tra loro" e "recavano significative contraddizioni oltre ad affermazioni del tutto inattendibile.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di legge e di contratto collettivo nazionale di lavoro: art. 2094 cod. civ.; artt. 3, 4, 7 e 9 D. L.vo n. 66/2003; artt. 1, 2 e 7 CNLG (d.P.R. 153/1961), artt. 1362, 1363, 1369 cod. civ.

Rileva che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che in materia di lavoro giornalistico la subordinazione sia ravvisabile solo ove si accerti anche la permanente disponibilità del giornalista nell’intervallo tra una prestazione e l’altra.

4. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione di norme di legge e di contratto collettivo nazionale di lavoro: artt. 2094 e 222 cod. civ.; artt. 4 e 5 CNLG (d.P.R: 153/1961), artt. 1362, 1363, 1369 cod. civ.

Deduce che la Corte d’appello ha applicato erroneamente gli artt. 4 e 5 del contratto collettivo, laddove ha ritenuto che l’attività di redazione, intesa come preparazione delle pagine del giornale, "possa essere svolta anche in regime di autonomia, giacché essa è espressamente riservata dal contratto ai giornalisti qualificati redattori e subordinati".

5.1 primi due motivi, che in ragione della loro connessione vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.

La deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi del previgente testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal giudice di merito (v., tra le tante, Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n.18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

Infatti, la prospettazione di un coordinamento dei dati acquisiti al processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza impugnata riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice di merito, in base al principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. e deve emergere direttamente dalla sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008 n. 6064; Cass. 20 giugno 2006 n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004 , n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112).

Nella specie, la Corte di merito dopo aver dato atto che dalla sentenza impugnata non emergevano "contraddizioni relative alle deposizioni testimoniali", ha ritenuto, attraverso l’esame di tali deposizioni, che il giudice di primo grado avesse correttamente fondato il proprio convincimento sulla base del complessivo tenore delle deposizioni.

Il ricorrente propone una diversa lettura delle dichiarazioni dei testi, assumendo che esse non sono state correttamente valutate, ma in tale ottica, le censure mosse all’impugnata sentenza si risolvono sostanzialmente in una richiesta di riesaminare e valutare il merito della causa, e cioè in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di cassazione.

6. Anche il terzo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte costituisce attività giornalistica - presupposta, ma non definita dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista - la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisire la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo; assume inoltre rilievo, a tal fine, la continuità o periodicità del servizio, del programma o della testata nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonché l'inserimento continuativo del lavoratore nell'organizzazione dell'impresa (Cass. 29 agosto 2011 n. 17723; Cass. 22 novembre 2010 n. 23625).

E’ stato altresì affermato che in tema di attività giornalistica, sono configurabili gli estremi della subordinazione qualora ricorrano i requisiti dell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, estrinsecantesi in ordini specifici oltre che in una vigilanza e in un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi, nel lavoro del giornalista, con riferimento alle peculiarità dell'incarico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione. La subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni, essendo invece determinante che il giornalista si sia tenuto stabilmente a disposizione dell'E., anche nell'intervallo fra una prestazione e l'altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e predeterminabili, eseguendone direttive ed istruzioni, e non quando prestazioni predeterminate siano singolarmente convenute, in base ad una successione di incarichi, ed eseguite in autonomia (Cass. 7 settembre 2006 n. 19231; Cass. 12 febbraio 2008 n. 3320; Cass. 2 aprile 2009 n. 8068; Cass. 7 ottobre 2013 n. 22785).

Nella specie, la Corte di merito ha applicato i suddetti principi, ritenendo, con valutazioni di merito qui non censurabili, che alla luce delle emergenze istruttorie non fosse configurabile la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, caratterizzato dalla stabilità dell’inserimento lavorativo dei giornalisti nell’organizzazione del giornale, "non essendovi prova certa del significativo dato del permanere della disponibilità dei lavoratori, pur nell’intervallo tra una prestazione e l’altra" e non risultando provato "lo svolgimento di prestazioni di lavoro continuative". Inoltre, dalla compiuta istruzione "manca(va) qualsiasi riferimento alla vincolatività delle richieste da parte della redazione".

7. Infondato è infine il quarto motivo, dovendosi affermare che, anche con riguardo alla figura di redattore, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, rileva specificamente l’inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione dell’impresa, il requisito della continuità della prestazione, l’utilizzazione del giornalista secondo le specifiche esigenze della società editrice, la cura di settori di informazioni o rubriche fissi, l'assoggettamento del giornalista al potere di decisione ed al controllo del datore di lavoro, la stabile disponibilità del lavoratore - pur nella discontinuità delle richieste di prestazione - ad eseguire le istruzioni dell'E., ad apportare modifiche ed aggiustamenti ai propri elaborati in funzione delle esigenze redazionali e sulla base delle indicazioni del responsabile del servizio a destinare gli elaborati stessi ad una rubrica specificamente voluta dal responsabile stesso (cfr., in questi termini, Cass. 22785/13), elementi questi non ravvisati dalla Corte di merito e, peraltro, nemmeno specificamente dedotti dal ricorrente.

8. Il ricorso in conclusione deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore della resistente, in € 100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.