Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 febbraio 2016, n. 1932

Tributi - Accertamento - Società a ristretta base societaria - Presunzione di distribuzione tra i soci di utili non dichiarati - Esclusione - Prova contraria dei soci di estraneità alla gestione societaria - Sussiste

 

«L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. M.M. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, confermando la pronuncia di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento IRPEF con il quale l'Ufficio aveva ripreso a tassazione la parte presuntivamente percepita dal contribuente del maggior reddito accertato in capo alla società E. srl, dal medesimo partecipata per la quota di un terzo. Secondo la Commissione Tributaria Regionale il contribuente avrebbe dimostrato la propria estraneità alla gestione societaria, in tal modo vincendo la presunzione di distribuzione tra i soci degli utili non dichiarati delle società a ristretta base partecipativa.

Con l'unico motivo di ricorso, riferito all’art. 360, n. 3, c.p.c. la difesa erariale denuncia la violazione articoli 39 d.p.r, 600/73 e 2697 c.c, in cui il giudice territoriale sarebbe incorso disattendendo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità alla cui stregua, nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, si presume, fino a prova contraria, che gli utili extracontabili vengano distribuiti tra i soci. Nel ricorso si argomenta che la prova contraria che il contribuente avrebbe dovuto offrire non si risolveva, come erroneamente ritenuto dal giudice di merito, nella dimostrazione della sua estraneità alla gestione societaria, ma aveva ad oggetto la destinazione (diversa dalla distribuzione tra i soci) degli utili extrabilancio accertati in capo alla società.

Il contribuente si è costituita con controricorso.

Il ricorso non merita accoglimento.

La regula juris di cui la difesa erariale, con il mezzo di cui all’articolo 360 n. 3 c.p.c., lamenta la violazione si risolve nell’affermazione che, nel caso di società di capitali a ristretta base sociale, è legittima, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati (sentt., nn. 6197/07, 18640/08, 9519/09, 29605/11).

Detto principio, ancorché spesso enunciato nell'ambito di controversie in cui i (pochi) soci della società di capitale erano (anche) legati tra loro da rapporti di parentela o di coniugio, non postula necessariamente l'esistenza di tali rapporti, in quanto deriva dalla regola di comune esperienza secondo cui dalla ristrettezza della base sociale discende - secondo l'id quod plerumque accidit e salva la possibilità del contribuente di offrire la prova contraria - un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi; il che legittima, anche quando i soci non siano legati da rapporti familiari, la presunzione che gli stessi siano edotti degli affari sociali e quindi siano consapevoli dell'esistenza di utili extrabilancio e se li distribuiscano in proporzione delle rispettive quote di partecipazione al capitale (in termini, ordinanze nn. 19680/12 e 24572/14).

Nella specie la sentenza gravata si è attenuta a tali principi, in quanto, con giudizio di fatto non censurato in ricorso, ha accertato l’estraneità del contribuente alla gestione e conduzione societaria (pag. 7, in fine) e da tale accertamento ha desunto, con un ragionamento induttivo non censurabile con il mezzo di cui all’articolo 360 n. 3 c.p.c., che nel caso in esame non potesse farsi applicazione della massima di comune esperienza, su cui poggia la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio, che dalla ristrettezza della base sociale inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi.

Si propone il rigetto del ricorso»

Che il contribuente si è costituito con controricorso;

che la relazione è stata notificata alle parti;

che non sono state depositate memorie difensive;

che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione;

che, pertanto, si deve rigettare il ricorso;

che le spese seguono la soccombenza;

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, perché il disposto dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115/02 non si applica all’Agenzia delle entrate (Cass. SSUU 9938/14).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 3.000, oltre € 100 per esborsi e accessori di legge.