Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 gennaio 2016, n. 1715

Tributi - INVIM - Sanzioni

 

Svolgimento del processo

 

Il Consorzio Agrario Regionale della Lucania e Taranto società cooperativa a responsabilità limitata impugnava l'avviso di rettifica notificato il 25 luglio 2002 con il quale l'Agenzia delle entrate aveva accertato una maggiore imposta INVIM, oltre a sanzioni ed interessi, per il totale di euro 183.256,22 relativamente alla cessione di un complesso immobiliare effettuata dal consorzio in data 26 luglio 2000. Il valore complessivo era stato elevato dall'Agenzia da lire 1.124.325.561 a lire 3.228.624.000.

Il complesso immobiliare ceduto era costituito da due cespiti, uno riportato al NCEU alla partita 1014929, il cui valore finale dichiarato in lire 1.124.325.561 era stato elevato a lire 2.888.624.000, e l'altro individuato al NCEU alla partita 7328, acquistato dal Consorzio in data 1 aprile 1999 ed il cui valore finale era stato elevato a lire 340.000.000, rimanendo invariato per entrambi il valore iniziale. Il contribuente aveva impugnato l'avviso di rettifica sostenendo che esso non era motivato con riguardo all'immobile accatastato alla partita 1014929 poiché l'avviso stesso faceva riferimento alla perizia dell'UTE che aveva preso a parametro il valore indicato nel 1994 nella denuncia di variazione presentata dal Consorzio ma non era provato quale fosse il valore effettivo del cespite alla data del 31 dicembre 1992, avuto riguardo al disposto dell'articolo 17 decreto legislativo 504/92. Con riguardo all'immobile accatastato alla partita 7328, evidenziava il contribuente che esso era stato acquistato dal Consorzio nel 1999 e, dunque, non era suscettibile di imposizione INVIM al momento della rivendita. La Commissione Tributaria Provinciale di Matera rigettava il ricorso mentre la Commissione Tributaria Regionale, accogliendo l'appello del contribuente, dichiarava non dovute le somme di cui all'avviso impugnato poiché, per quanto concerneva il cespite valutato in lire 2.888.624.000, il dato riportato nella perizia dell'UTE era impreciso dato che la valutazione era riferita ad annualità diverse rispetto al 1992, ovvero al biennio 1988/89, epoca nel quale l'immobile era stato accatastato, ed al 1994, anno in cui era stata effettuata la denuncia di variazione a seguito della modifica della consistenza delle potenzialità reddituali. Quanto all'immobile il cui valore era stato elevato a lire 340.000.000, si trattava di bene acquistato in data 1 aprile 1999 con atto pubblico notarile di cui era stata allegata copia nel giudizio di secondo grado e, dunque, mancava il presupposto per l'imposizione INVIM.

Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate affidato ad un solo motivo. Resiste con controricorso il Fallimento del Consorzio Agrario Regionale della Lucania e Taranto società cooperativa a responsabilità limitata.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce motivazione insufficiente su un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. in quanto non avrebbero chiarito i giudici d'appello le ragioni per cui erano inattendibili i dati contenuti nella stima dell'UTE relativi all'anno 1988/89; sostiene la ricorrente che la CTR ha recepito acriticamente le deduzioni del contribuente senza spiegare perché, a fronte di due dati certi costituiti dal valore che aveva l'immobile al momento dell'accatastamento risalente all'anno 1988/89, di poco precedente al 1992, ed il valore che aveva al momento della denuncia di variazione presentata dal consorzio nel 1994, di poco successiva al 1992, la valutazione riferita all'anno 1992 era da ritenersi non congrua; in particolare la CTR non avrebbe chiarito le ragioni per cui la variazione intervenuta in epoca successiva al 1992, oggetto della dichiarazione di variazione effettuata dal consorzio nell'anno 1994, aveva determinato un'oscillazione del valore dell'immobile diversa ed inferiore rispetto a quella desumibile rapportando il valore dello stesso indicato dalla parte nel 1994 a quello indicato al momento dell'accatastamento in data 1988/89.

Va rilevato che non è oggetto di ricorso la decisione della CTR concernente l'annullamento dell'avviso di rettifica relativa all'immobile censito alla partita catastale 7328, il cui valore era stato elevato dall'ufficio a lire 340.000.000, sicché sul punto si è formato il giudicato.

Oggetto del ricorso rimane, dunque, la rettifica afferente l'immobile censito alla partita 1014929, il cui valore dichiarato in lire 1.124.325.561 è stato elevato dall'ufficio a lire 2.888.624.000, sul presupposto che era noto il valore del bene nel 1988/89 ( essendo esso evincibile dall'accatastamento ) e che in data 27.6.1994 il Consorzio aveva presentato una denuncia di variazione indicando il valore del cespite in lire 2.904.280.000, di poco superiore a quello accertato dall'ufficio con riferimento al 31.12.1992, giusta l’art. 17 d. Ivo 504/92.

Osserva la corte che il motivo di ricorso è infondato. Invero con esso si fa valere il vizio di motivazione sub specie della sua insufficienza in quanto la CTR, in relazione al fatto controverso e decisivo del giudizio, costituito dalla stima del terreno effettuata dall'UTE tenendo conto del valore indicato nell'accatastamento del 1988/89 e della denuncia di variazione del 1994, si è espressa in senso favorevole al contribuente senza, tuttavia, esplicitare le ragioni per le quali ha ritenuto non congrua la valutazione dell'ufficio riferita al 1992.

Ora, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della corte di legittimità, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l'attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti (Cass. n. 3198/2015; Cass. n. 11511/14; Cass. n. 19814/13; Cass. n. 1754/07). Il riesame degli elementi oggetto di valutazione, laddove non siano evidenziati vizi logici, costituisce accertamento di merito che esula dai limiti del controllo di logicità della motivazione affidato alla corte di legittimità. Nella specie non sussiste alcuna lacuna nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR, tenuto conto che le doglianze della ricorrente si sostanziano nel fatto che le circostanze di causa sono state lette in modo non corrispondente alle proprie aspettative. Ne deriva che non sussiste il dedotto vizio motivazionale per non aver la CTR considerato preponderante la valenza persuasiva di quanto affermato dall'Agenzia delle entrate ed aver ritenuto, per contro, che l'indicazione del valore riferito al 31.12.1992 era basato su dati incerti dato che esso non poteva essere desunto in modo incontrovertibile da quello indicato dalla parte nella denuncia di variazione del 1994, posto che la denuncia stessa era stata effettuata a seguito di variazione sulla consistenza delle potenzialità reddituali dell'immobile e mancava la prova della effettiva consistenza del bene alla data del 31.12.1992. Con valutazione di merito incensurabile in questo giudizio, dunque, la CTR ha ritenuto che la stima operata dall'ufficio non consentisse di ritenere incongruo il minor valore indicato in atto rispetto a quello accertato.

Il ricorso va, perciò, rigettato e le spese processuali di questo grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al controricorrente le spese processuali di questo grado di giudizio che liquida in euro 7.000,00, oltre gli accessori di legge.