Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 gennaio 2016, n. 394

Tributi - Accertamento induttivo - Redditometro - Documenti comprovanti i redditi conseguiti in relazione agli esborsi effettuati - Mancata allegazione al questionario trasmesso dall’Amministrazione finanziaria - Integrazione in sede contenziosa - Legittimità

 

Svolgimento del processo

 

1. L'Agenzia delle Entrate emetteva a carico di W. G. tre avvisi di accertamento per maggiori imposte Irpef e addizionale regionale Irpef relative agli anni 1999, 2000 e 2001 e per un complessivo importo di € 42.815,31, oltre interessi e sanzioni, sulla base di determinazione sintetica del reddito ai sensi dell'art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, avendo riscontrato dall'anagrafe tributaria l'acquisto a suo nome di un immobile, in data 23/2/2004, per un valore dichiarato di € 233.755,00, oltre che il possesso di un'autovettura Honda VT 600 immatricolata nel 1995, e non avendo la contribuente esibito documenti comprovanti gli esborsi effettuati in risposta al questionario inviatole ai sensi dell'art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Il ricorso avverso tali avvisi proposto dalla contribuente era accolto dalla C.T.P. di Milano sulla scorta dei documenti dalla stessa prodotti in giudizio (copia del contratto di vendita di un immobile sito in Milano, via Tesio, n. 11, da parte del figlio L. O. per un valore di euro 300.000 in data 15/5/2003; copia di due assegni ciascuno dell'importo di euro 144.525 emessi in favore del coniuge della contribuente, O. A.; documentazione attestante l'incasso di euro 66.106,48 ricavato dalla vendita di altro immobile in via Uruguay), giudicati dalla Commissione idonei a giustificare l'esborso sostenuto dalla contribuente per l'acquisto dell'immobile suindicato.

Con la sentenza in epigrafe la C.T.R. Lombardia, ha confermato tale decisione rilevando, quanto alla preliminare eccezione di inammissibilità dei documenti, sollevata dall'Agenzia appellante per la mancata replica al questionario a suo tempo inviato, che la stessa andava rigettata "alla luce dei documenti allegati al fascicolo processuale mediante istanza di autotutela, risposta al questionario dell'agenzia citata e istanza di conciliazione giudiziale indirizzati all'ufficio accertatore senza esito alcuno".

2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'Agenzia delle entrate sulla base di tre motivi, cui resiste la contribuente depositando controricorso. L'Agenzia delle entrate ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

 

Motivi della decisione

 

3. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce violazione dell'art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/73, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., per avere la C.T.R. ritenuto ammissibili i documenti giustificativi prodotti da W. G. in sede contenziosa innanzi alla C.T.P. di Milano, pur a fronte del fatto che la contribuente ben avrebbe potuto produrre i medesimi quando ne fu richiesta a seguito dell'invio del questionario da parte dell'Agenzia delle entrate, recante avvertimento delle preclusioni derivanti dalla detta disposizione. Formula quesito di diritto.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione in ordine al rigetto dell'eccezione preliminare di inammissibilità della documentazione prodotta ai sensi del citato art. 32, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Lamenta che al riguardo la C.T.R., anziché dar conto del fatto che i documenti prodotti fossero stati eventualmente già tempestivamente presentati in sede di questionario, si limita a richiamare i documenti allegati dalla parte al fascicolo processuale formato in sede di istanza di autotutela, omettendo di considerare che anche i documenti prodotti successivamente in sede amministrativa sono colpiti dalla medesima sanzione di inammissibilità ex art. 32, comma 4, d.P.R. cit..

5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. per avere la C.T.R. confermato la legittimità degli avvisi impugnati, pur a fronte del fatto che la contribuente non aveva offerto alcun valido documento giustificativo degli acquisti effettuati, quelli prodotti in sede contenziosa dovendo considerarsi inammissibili ex art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/73 e, pertanto, inutilizzabili ai fini del decidere.

6. Nel proposto controricorso W. G. ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per tardiva sua proposizione; nel merito ne ha contestato la fondatezza sotto tutti i profili dedotti.

7.Nella memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ. l'Agenzia delle entrate ha rilevato che, per mero errore materiale, nel ricorso è indicata quale data di deposito della sentenza impugnata quella del 18/10/2008, anziché quella corretta del 28/10/2008. Produce al riguardo, in allegato alla medesima memoria, attestato della segreteria della C.T.R. Lombardia.

8. Va preliminarmente disattesa la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso dell'Agenzia per tardiva sua proposizione, risultando la sentenza de qua (alla stregua delle attestazioni a margine e in calce ad essa apposte) pubblicata in data 28/10/2008 e non notificata; non si può pertanto considerare decorso da tale data, fino a quella di proposizione del ricorso avvenuta in data 14/12/2009, il termine lungo per impugnare di un anno previsto dall'art. 327 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis), venendo quest'ultimo infatti a cadere, considerata la sospensione di 46 giorni per il periodo feriale, in data 13/12/2009 e, dunque, trattandosi di giorno festivo (domenica), nel giorno successivo (art. 155, comma quarto, cod. proc. civ.).

9. È inammissibile il primo motivo di ricorso, in quanto non pertinente rispetto alla effettiva ratio decidendi espresse in sentenza.

Diversamente da quanto postulato dalla ricorrente si ricava dalla pur laconica motivazione della sentenza impugnata, sopra testualmente trascritta, l'espressione chiara del convincimento secondo cui, in realtà, nel caso di specie, la contribuente avesse - contrariamente a quanto assunto dall'Agenzia - già prodotto, in sede di risposta al questionario, i documenti posti a fondamento della dedotta (e ritenuta in sentenza) illegittimità dell'impugnato accertamento.

Le contestazioni mosse dalla ricorrente afferiscono pertanto più propriamente alla giustificazione offerta in sentenza di tale convincimento, muovendo esse pertanto non già sul piano della interpretazione della norma e della corretta ricognizione della fattispecie astratta da essa prevista, quanto piuttosto su quello della ricognizione della fattispecie concreta quale emersa dalle risultanze di causa e, dunque, impingendo il diverso tema della coerenza e adeguatezza della motivazione.

10. Il secondo motivo, con il quale per l'appunto si deduce vizio di motivazione su detto aspetto centrale della controversia, va però anch'esso a sua volta considerato inammissibile in quanto carente "della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione" (c.d. momento di sintesi).

Varrà rammentare al riguardo che in tema di ricorso per cassazione, con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l'art. 366-bis cod. proc. civ. - norma introdotta dall'art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore dello stesso decreto) e fino al 4 luglio 2009 (data dalla quale opera la successiva abrogazione disposta dall'art. 47, comma 1, lett. d legge 18 giugno 2009, n. 69) e da applicarsi dunque nella fattispecie, essendo stata la sentenza de qua pubblicata come detto il 28/10/2008 - prescrive, nei termini suindicati, l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente.

Tale onere deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine dì esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare Immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso. Tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., ma assume l’autonoma funzione volta alla immediata rilevabllità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente (v. e pluribus Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28242 del 18/12/2013, Rv. 629397; Sez. 5, n. 5858 del 08/03/2013, Rv. 625952).

11. Ad analogo rilievo va incontro anche il terzo motivo, anch'esso risultando privo della prescritta formulazione del c.d. momento di sintesi.

12. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dell'amministrazione ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 6.000,00, oltre accessori come per legge.