Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 gennaio 2016, n. 1135

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello - Termine di proposizione - Contenziosi instaurati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 69/2009 - Applicazione del termine lungo

 

Osserva

 

La CTR di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia, appello proposto contro la sentenza n. 188/17/2009 della CTP di Milano che aveva già accolto il ricorso di "F.W.C.E. srl", ed ha così annullato la cartella di pagamento relativa ad IRES anno 2004.

La predetta CTR ha ritenuto che l’appello fosse stato tardivamente presentato atteso che ai contenziosi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge n. 69/2009 si applica, per l’impugnazione delle sentenze di primo grado il termine di sei mesi decorrenti dalla data di pubblicazione, e ciò in virtù del rinvio operato dall’art. 38 del D.Lgs. 546/1992 all’art. 327 cpc e del disposto dell’art. 58 del predetto D.Lgs., per il combinato disposto delle quali norme il termine di proposizione dell’appello (in precedenza pari ad un anno) era stato ridotto a mesi sei. Pur assorbente detto rilievo, il giudicante riteneva che la pronuncia di primo grado fosse comunque esente da censure, giacché era stato ricostruito il credito esposto in dichiarazione ed era stata ritenuta corretta la utilizzazione del credito in compensazione, ivi compreso l’importo indicato nella cartella.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La parte contribuente si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione e falsa applicazione degli art. 327 cpc, 38 del D.Lgs. 546/1992 e 58 della legge n. 69/2009) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante, ai fini di dichiarare inammissibile l’appello, abbia erroneamente fatto applicazione del termine di mesi sei, per quanto la novella dell’art. 58 dianzi menzionato si applichi soltanto ai giudizi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge n. 69/2009, ciò che non poteva predicarsi a proposito della vicenda di causa, essendo il processo iniziato nel novembre 2008.

Il motivo appare fondato e da accogliersi.

Invero, il giudice del merito - pur avendo correttamente individuato il criterio di applicazione della nuova formula dell’art. 327 cpc risultante dalla novella introdotta dall’art. 58 della legge n. 69/2009 ("i contenziosi instaurati dopo l’entrata in vigore della predetta legge") - ne ha fatto falsa applicazione alla vicenda di causa che - siccome ha debitamente illustrato la parte ricorrente - si sottrae a detta applicazione, per essere stata introdotta la causa prima dell’entrata in vigore della legge medesima. Si verte perciò nell’ipotesi del vizio disciplinato dal numero 3 dell’art. 360 comma 1 (falsa applicazione di legge), che si realizza allorquando il giudicante assume la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista - pur rettamente individuata e interpretata - non è idonea a regolarla (in termini si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18782 del 26/09/2005).

Né può condividersi la tesi di parte controricorrente secondo cui al processo tributario il termine lungo di mesi sei si applicherebbe in ragione del consueto criterio cronologico della vigenza della norma al momento del compimento dell’atto. Non si tratta infatti di fare qui applicazione della distinzione tra rinvio dinamico e rinvio statico, perché - se si assumesse che l’art. 38 del D.Lgs. 546/1992 presceglie l’applicazione di detto secondo criterio di collegamento (anche detto: recettizio) - si dovrebbe concludere che il processo tributario sia del tutto refrattario alle modifiche del termine di impugnazione introdotte nel rito civilistico in epoca successiva all’emanazione del D.Lgs. 546/1992 medesimo. Ma ciò, neppure la parte ricorrente si spinge a sostenerlo.

Essendo invece pacificamente di genere dinamico il rinvio che la norma di rito tributario effettua a quella di rito ordinario, altro non può dirsi se non che quest’ultima si applica alla controversie tributarie - in ragione diacronica - così come di tempo in tempo vigente, e perciò con la medesima dinamica che riguarda il processo civile.

Ne consegue che è certamente erronea la sua applicazione al processo per cui è causa nella formula introdotta con la novella della legge n. 69/2009, per quanto il processo fosse stato introdotto già in epoca antecedente alla sua entrata in vigore.

L’accoglimento del primo motivo di impugnazione assorbe anche il secondo motivo, atteso che gli argomenti che il giudicante ha riservato all’esame della questione di merito appaiono frustranei, una volta fatto accoglimento della questione pregiudiziale di rito.

La pronuncia di secondo grado deve comunque essere cassata, con conseguente rinvio alla medesima CTR per il rinnovo dell’esame, una volta superata la questione della tempestività dell’appello.

Il ricorso può pertanto essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Ritenuto inoltre:

- che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

- che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

- che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto i relazione al primo motivo, assorbito il secondo;

- che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.