Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 gennaio 2016, n. 916

Tributi - IRPEF - Accertamento sintetico del reddito, cd. "redditometro" - Incremento patrimoniale - Disponibilità di redditi sufficienti - Giustificazione - Atto di donazione da parte della madre - Prova di nesso tra donazione e acquisto - Necessità

 

Ritenuto in fatto

 

L'Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad unico motivo, nei confronti di P.F., che non resiste, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Toscana -in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di avvisi di accertamento emessi ex art. 38 d.p.r. n. 600/73 portanti i.r.p.e.f. per gli anni 2003-2004- aveva confermato la decisione di primo grado favorevole alla contribuente.

In particolare, il Giudice di appello ha argomentato la decisione dando atto che, dalla documentazione prodotta, si evince che la ricorrente ha assolto ai suoi obblighi nei confronti del fisco...La sig.ra F. "lavoratrice dipendente" nel periodo in contestazione ha dato atto della maniera in cui è venuta in possesso dei beni a lei intestati: atto di "donazione" da parte della madre con disponibilità finanziarie tassate e/o intassabili legalmente. Pertanto sia in contenuto che in merito gli avvisi impugnati - privi di ragionevolezza - sono da annullare.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

Considerato in diritto

 

1. Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 38, commi 4, 5 e 6 d.p.r. n.600 del 1973 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva omesso, malgrado le contrarie argomentazioni svolte in appello, ogni indagine circa il necessario assolvimento dell'onere probatorio, da parte della contribuente, fondato sulla produzione di idonea prova documentale circa l'affermata esistenza della liberalità.

2. La censura è fondata. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, fra l'altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall'altro (comma 5), contempla le "spese per incrementi patrimoniali", cioè quelle - di solito elevate - sostenute per l'acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi del sesto comma dell'art. 38 cit., la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).

Con recente pronuncia poi, questa Corte (Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014) ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art. 38 DPR 600/1973: "A norma dell'art. 38, comma sesto d.p.r. n. 600 del 1973, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione". La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della "durata" del relativo possesso, previsione che ha l'indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentite la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati".

Nella specifica ipotesi di liberalità, poi, questa Corte ha statuito che "nell'ambito dell'accertamento sintetico la prova delle liberalità che hanno consentito l'incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto" (cfr. Cass. n. 24597/2010; Cass. 6397/2014).

3. La sentenza impugnata la quale -pur a fronte di elementi documentali di segno contrario (tutti riportati in ossequio al principio di autosufficienza in ricorso)- ha, genericamente, affermato che la contribuente aveva dato atto della maniera in cui era venuta in possesso dei beni a lei intestati, reputando all'uopo sufficiente la dedotta liberalità ad opera della madre, senza neppure valutare se detta "donazione" fosse idoneamente documentata e, soprattutto, fornisse la prova della permanenza nel tempo del possesso dei relativi redditi, si è discostata, nell'applicazione della normativa di riferimento, dai principi sopra illustrati.

4. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito affinché provveda, adeguandosi ai superiori principi, al riesame della vicenda processuale ed a regolare le spese processuali.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione.