Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 gennaio 2016, n. 979

Pubblico impiego - Concorso - Copertura del posto di dirigente - Applicazione dell’istituto della mobilità

 

Svolgimento del processo

 

P.O. (come riferisce la sentenza impugnata) conveniva la Provincia di Lecce chiedendo la dichiarazione di nullità del provvedimento del 24.3.2003 della Provincia in quanto adottato in violazione dell'art. 34 bis del D. Lgs n. 165/2001; l'accertamento del diritto ad essere assunto in ruolo nella qualifica dirigenziale (Provincia di Lecce), la condanna della Provincia al risarcimento del danno patrimoniale nella misura indicata, la disapplicazione, l'annullamento o la nullità di tutti gli atti adottati in violazione dei suoi diritti. Deduceva di essere risultato (terzo) idoneo nella graduatoria del concorso pubblico del 1999 per la copertura del posto di dirigente e che il primo idoneo era stato assunto presso altro Ente.

Allegava di aver presentato altro ricorso per la rivendicata assunzione che era stato concluso con sentenza di rigetto divenuta definitiva con la decisione emessa da questa Corte n. 5588/2009, nella quale però la Cassazione aveva affermato l'esistenza di un diritto soggettivo" necessariamente consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso"; aggiungeva che il nuovo concorso indetto con determina n. 1737/2003 era stato indetto in difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies comma primo L. n. 241/1990 (inserito dalla legge n. 15/2005) e non in violazione di legge come affermato incidentalmente dai Giudici di cassazione. Contestava, però, che vi fosse stato un giudicato sostanziale ad opera della decisione della Suprema Corte. il P. presentava anche altri ricorsi in via di urgenza che venivano respinti per difetto di giurisdizione dell'A.g.o. e la Corte di cassazione con sentenza n. 21065/2011 dichiarava inammissibile il ricorso di regolamento di giurisdizione, in quanto la domanda diretta all'assunzione per scorrimento della graduatoria era già stata esaminata in altro procedimento da parte della Cassazione che aveva ritenuto la competenza del giudice ordinario a conoscere la controversia. Il Tribunale del lavoro di Lecce con sentenza 2711/2012 accoglieva l'eccezione di inammissibilità del ricorso per la coincidenza del petitum sostanziale rispetto a quello del giudizio conclusosi con la decisione della Corte di cassazione del 2009. La Corte di appello di Lecce con sentenza del 27.3.2014 rigettava l'appello del P.. La Corte territoriale osservava che il P. aveva chiesto la dichiarazione di nullità della determina n. 1737 del 2003 in quanto disposta in violazione dell'art. 34 D. Lgs n. 165/2001 ma che il Giudice di prime cure aveva correttamente esaminato le domande proposte nel precedente giudizio e quelle nel presente. La Corte di cassazione nel precedente procedimento aveva rilevato che si era formato un giudicato in ordine alla giurisdizione su tutte le questioni poste nel ricorso con riferimento alla natura della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio per cui l'A.g.o. rimaneva competente solo nei limiti di cui all'art. 5 L. 2248/1865.

La Corte di cassazione aveva affermato che non si era perfezionato un diritto allo scorrimento della graduatoria del 2009 ed un diritto all'assunzione e che 'la Provincia aveva manifestato la volontà non di utilizzare la precedente graduatoria, ma di procedere in altro modo. Su ciò si era formato un giudicato formale e sostanziale circa anche l'inesistenza del diritto allo scorrimento della graduatoria del 1999 e in tema di giurisdizione. Posto che si trattava di un ricorso che aveva vantato anche un interesse legittimo al controllo delle modalità di esercizio del potere pubblico, la Corte di cassazione aveva precisato che l'A.G.O. non avrebbe potuto disapplicare il bando del 2003 perché non era stato fatto valere un diritto soggettivo (sul punto si era formato un giudicato interno); rispetto alla determinazione n. 1737/2003 vi era una carenza di giurisdizione dell'A.G.O. Non si poteva accedere alla tesi del lavoratore per cui la Suprema Corte avrebbe affermato un diritto allo scorrimento avendo questa solo affermato che, anche a voler ritenere che la Provincia fosse tenuta ad utilizzare la graduatoria, non averlo fatto concretava una violazione di legge e non un eccesso di potere. Non poteva neppure esaminarsi la violazione ad opera del bando del concorso del 2003 dell'art. 34 bis d.lgs. n. 165/2001 in quanto su tale punto era intervenuto giudicato amministrativo, come da sentenza del Tar Lecce del 2010 che aveva dichiarato inammissibile la domanda di annullamento della determina del 2003 posto che il petitum sostanziale del giudizio conclusosi nel 2009 era identico, anche se non era stato in quel giudizio dedotto il profilo della violazione dell'art. 34; il Consiglio di Stato aveva poi confermato la decisione nel 2012. I due giudicati coprivano quindi tutte le domande formulate; comprese quelle proposte con i ricorsi di urgenza perché si trattava di domande consequenziali al preteso diritto allo scorrimento della graduatoria. Anche la domanda relativa alla dichiarazione di nullità dell'avviso pubblico del 2011 ( per mobilità esterna) appariva infondata perché tale avviso appariva legittimo alla luce dell'art. 30 d.lgs n. 165 che assegna una priorità assoluta a questa forma di copertura dei posti e comunque inammissibile perché già azionata con esito negativo in sede amministrativa. La graduatoria del 99, comunque, non era efficace alla data del 31.12.2009 successiva al deposito del ricorso. In ogni caso il Tar adito sul punto aveva sottolineato che non c'era interesse del P. posto che lo stesso non aveva impugnato la determina dirigenziale del 2012 che aveva approvato la graduatoria finale della procedura di mobilità e che la scelta di ricorrere alla mobilità esterna era corretta ( il Consiglio di Stato aveva poi rigettato nel 2013 il ricorso del P. per sopravvenuta carenza di interesse). Le deduzioni circa l'illegittimità delle assunzioni a termine non erano esaminabili posto che, comunque, erano scelte insindacabili da parte dall' A.g.0. e comunque solo fonte di risarcimento per i diretti interessati.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il P. con 5 motivi, resiste la Provincia con controricorso. Le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si allega !a violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: art. 2909 c.c. ed art. 4 L. n. 2248 del 1865; art. 21 septies L. n. 241/1990 in relazione all'art. 360 c.p.c.; violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.; omessa pronuncia sulla domanda riguardo la nullità dell'art. 34-bis del d.lgs n. 165/2001. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La decisione del 2009 era in mero rito e non esaminava il merito della dedotta violazione dell'art. 34 bis del d.lgs n. 165/2001; i passaggi della sentenza della cassazione del 2009 costituivano un mero obiter posto che la determina era del 2003 mentre il ricorso era stato introdotto nel 2002. La violazione di tale norma configurava peraltro non una violazione di legge, ma un provvedimento radicalmente nullo in quanto adottato in carenza di potere. Non esisteva neppure un giudicato amministrativo in quanto le sentenze dei Giudici amministrativi non erano entrati nel merito.

Il motivo appare infondato. Alla luce di questa Corte del 2009 deve infatti escludersi lo stesso interesse di parte ricorrente ad una ulteriore valutazione, che viene richiesta al motivo e che sarebbe stata omessa da parte della Corte di appello sulla base di un inesistente giudicato, della legittimità della determina n. 1737/2003 per violazione dell’art. 34 già ricordato, posto che anche nel presente procedimento si chiede l’accoglimento del diritto all’assunzione, o al risarcimento del danno (pag. 1 della sentenza impugnata) per effetto del preteso diritto, violato in vario modo e nel corso degli anni dallo scorrimento della graduatoria del concorso del 1999.

Non vi è dubbio alcuno che tale diritto sia stato recisamente escluso dalla sentenza del 1999 ( n. 5588) di questa Corte il cui passaggio inequivocabile in tal senso giova riportare: "sul tema dello "scorrimento" e con riguardo alla perdurante efficacia di una graduatoria, è principio consolidato che l'operatività dell'istituto presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto utilizzando una determinata graduatoria rimasta efficace e restando in tal modo esentata dall'obbligo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 97 Cost., comma 3) di bandire un nuovo concorso (si deve trattare di posti, sulla base delle disposizioni normative invocate dal ricorrente, non solo vacanti, ma anche disponibili, e tali diventano per effetto di apposita determinazione dell'amministrazione); la decisione, quindi, una volta assunta, risulta equiparabile all'espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con l'identificazione degli ulteriori vincitori (Cass. S.u. 14529/2003, cit.; Cass. 5 marzo 2003, n. 3252). In altri termini, il diritto all'assunzione sorge con il completamento di una fattispecie complessa: perdurante efficacia di una graduatoria decisione di avvalersene per coprire posti vacanti (vedi Cass. 11 agosto 2008, n. 21509; 21 dicembre 2007, n. 27126; 21 agosto 2007, n. 17780). La sentenza impugnata si è puntualmente attenuta a questi principi escludendo che si fosse perfezionata la fattispecie costitutiva del diritto all'assunzione. Nel caso di specie, la Provincia, lungi dal manifestare la volontà di procedere alla copertura di posti vacanti e disponibili avvalendosi della graduatoria di precedente concorso rimasta efficace, ha assunto decisioni di segno esattamente opposto: copertura di posto dirigenziale vacante mediante il conferimento di incarichi a termine; utilizzazione di personale interno. Queste decisioni hanno certamente reso inoperante l'istituto dello "scorrimento", non rilevando a questi effetti le illegittimità denunciate dal ricorrente, le cui argomentazioni restano di conseguenza assorbite". Pertanto posto che il P. non vantava alcun diritto alla scorrimento della graduatoria del concorso del 1999 in virtù di sentenza passata in cosa giudicata cadono tutte le censure che "a pioggia" sono state mosse agli atti adottati, nel tempo, dalla Provincia per coprire un posto rispetto al quale il P. non vantava alcun diritto in virtù della precedente graduatoria alla stregua di un accertamento, giusto o sbagliato che sia, conclusosi in via definitiva. In ogni caso la stessa Corte di cassazione con la ricordata decisione del 1999 ha comunque già valutato le doglianze del ricorrente in ordine alla decisione della Provincia di bandire un concorso nel 2003 ritenendole inconferenti (inammissibili) posto che, essendo ormai radicata la competenza del giudice ordinario. (come anche accertato da Cass. n. 21065/2011 sul regolamento di giurisdizione), non poteva in ogni caso procedersi alla disapplicazione trattandosi semmai di violazione di legge, ma non di difetto assoluto di motivazione, affermazione che oggi viene contestata, ma che appare coperta da giudicato. Parte ricorrente deduce che l'altro procedimento era iniziato nel 2002 e che quindi la determina era del 2003 e quindi successiva, ma il tema della legittimità dell'indizione del concorso del 2003 era comunque entrato a far parte del thema decidendum di quel procedimento, presumibilmente su iniziativa del P., e quindi legittimamente la Corte l'ha valutato con il rigetto delle doglianze del P. ( che non deduce non aver accettato il contraddittorio), che in buona sostanza le ha riproposte nel successivo procedimento. Inoltre la Corte di appello ha correttamente osservato che, qualificando invece le doglianze come correlate ad un interesse legittimo avente a fondamento la contestazione della conformità a legge del potere dell'amministrazione in materia di pubblici concorsi (fermo restando che non è stato dimostrato un interesse a coltivare questo aspetto posto che il P. non può vantare alcun diritto allo scorrimento della graduatoria in virtù del giudicato), sul punto si è formato anche giudicato amministrativo avendo il Tar ritenuto inammissibile il ricorso del P. volto alla dichiarazione di nullità della determina n. 1737, sentenza confermata dal Consiglio di stato nel 2012. Il Tar ( vedi pagina 9 della sentenza impugnata ) ha rilevato che la violazione dell'art. 34 bis doveva essere comunque prospettata nel giudizio preventivamente esperito in sede ordinaria. Emerge dalla sentenza impugnata che anche il Consiglio di stato ha osservato che l'illegittimità del bando del 2003 e della successiva delibera n. 299/2004 era già stata sollevata alla Corte di cassazione e che la supposta violazione dell'art. 34 doveva essere posta in quella sede e pertanto era in ogni caso tardiva. Inoltre la violazione dell'art. 34 avrebbe portato non alla caducazione della scelta dell'amministrazione, ma del solo atto di assunzione. Come si vede i Giudici amministrativi sono scesi nel merito ampiamente rigettando sotto diversi profili le doglianze del P.: la questione posta nel motivo appare quindi effettivamente coperta da giudicato anche in sede amministrativa, oltre che ordinaria. Una interpretazione diversa per cui sarebbe lecito proporre "a pioggia" doglianze avverso un medesimo provvedimento amministrativo che potevano essere unitariamente proposte quando il provvedimento è stato contestato in sede giudiziaria sarebbe in contrasto con il principio, di derivazione europea, del "giusto processo" portando ad una abnorme ( in quanto evitabile ) ripetizione di procedimenti aventi il medesimo petitum sostanziale, con conseguente sovraccarico irragionevole della funzione giudiziaria, ai danni della necessaria celerità dei processi. Con il secondo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: art. 2909 c.c., nonché artt. 1175 e 1375 c.c., violazione dell'art. 112 c.p.c.; omessa pronuncia sulla domanda dell'appellante circa b scorrimento della graduatoria adottato con delibera n. 299/2004. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Non c'è nella sentenza impugnata alcuna risposta in ordine alla legittimità della graduatoria del 2004 che utilizzava lo scorrimento della graduatoria del 2003 ma non di quella del 1999, ancora efficace. Erano stati violati i principi di correttezza e buona fede.

La censura appare inammissibile in quanto "nuova"; parti ricorrente non deduce e comprova come e quando la questione affrontata (legittimità della delibera n. 299/2004 in ordine all’utilizzazione della graduatoria del concorso appena concluso per coprire una nuova vacanza verificatasi, pendente il concorso, con lo scorrimento dell'ultima graduatoria in luogo di quella del 1999) sia stata posta nelle fasi precedenti del giudizio, non essendo sufficiente l'indicazione di memorie, verbali di udienza, deposito di documenti, né il confuso riferimento ai procedimenti della fase cautelare che sono stati ricostruiti in modo diverso nella sentenza impugnata. Il ricorrente avrebbe dovuto con chiarezza indicare i passaggi relativi alla fase di primo grado con cui sarebbe stata posta la questione e le relative conclusioni rassegnate sul punto, nonché i motivi del ricorso in appello formulati: mentre il motivo è palesemente non autosufficiente contenendo indicazioni non idonee ed omettendo invece quelle necessarie. A pag. 22 del ricorso si sostiene ad esempio che l'indebito scorrimento della graduatoria sotto il profilo indicato al motivo sarebbe stato prospettato in appello, ma non si riproduce il preteso motivo di appello e si richiamano deduzioni e precisazioni contenute in memorie o anche in passaggi del ricorso, non idonei a dimostrare che la questione oggi proposta sia mai stata introdotta idoneamente in giudizio. in ogni caso per quanto già detto la questione del diritto del P. di giovarsi della graduatoria del 1999 e quindi del consequenziale scorrimento di questa è stato escluso da questa Corte con la già citata decisione del 1999; accertamento che copre logicamente tutti i concorsi e le graduatorie utilizzate nel tempo dalla Provincia.

In ordine alla delibera n. 299/2004 peraltro sussiste il giudicato amministrativo, anche in ordine al supposto danno, avendo (pag. 10 della sentenza impugnata) il C.D.S. osservato che le contestazioni alla delibera erano tardive. Le doglianze circa le pretese violazioni dei principi di correttezza e buona fede appaiono non solo generiche ma anche infondate e tardive posto che i Giudici ordinari ed amministrativi hanno stabilito che non vi era alcun diritto allo scorrimento della graduatoria del 1999.

Va peraltro precisato che la Provincia in sede di memoria ex art. 378 c.p.c. ha precisato che i ricorsi in revocazione ancora pendenti (in sede civile ed amministrava) sono stati definiti con il rigetto delle istanze del P.

Con il terzo motivo si allega l'omessa pronuncia sulle domande dell'appellante: violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c.: abuso del diritto in relazione all'art. 36 d. Igs n. 165/2001, all'art. 5 d. Igs n. 368/2001; all'art. 110 comma primo d. Igs n. 267/2000; violazione di norme di legge, falsa applicazione e difetto di motivazione riguardo all'art. 39 comma 16 legge 27.12.1997, degli artt. 1175 e 1375 c.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussone tra le parti e difetto di motivazione. Si era fatta valere l'illegittimità dei vari contratti a termine stipulati con il dr. I. anche sotto il profilo della correttezza e buona fede. Le necessità temporanee non erano sussistenti. Il motivo appare inammissibile e comunque infondato non sussistendo alcun interesse per il ricorrente al dedotto accertamento. A pag. 27 si indica infatti la ragione delle varie doglianze: "la Provincia ... sarebbe dovuta ricorrere all'istituto dello scorrimento della graduatoria del P.": ma proprio tale diritto allo scorrimento è stato escluso con efficacia di giudicato dalla ricordata decisione di questa Corte nel 2009. Posto che non sussisteva tale diritto non sussiste a fortiori alcuna violazione dei doveri di correttezza e buona fede. Appare peraltro corretto il rilievo per cui la normativa citata sui contratti a termine potrebbe essere fatta valere al più dai lavoratori interessati a fini risarcitori: il P. non ha alcun interesse ad accertare eventuali violazioni di tale normativa posto che comunque non può far valere diritti (esclusi con forza di giudicato) correlati a tale accertamento.

Con il quarto motivo si allega l’omessa pronuncia sulle domande dell’appellante: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 364 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; domanda subordinata di violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Art. 36 d.lgs. n. 165/2001; artt. 30, 34 e 34 bis d.lgs. n. 165/2001; art. 39 comma 16 legge n. 449/1997; art. 6 comma 21 L. 15.5.1997; art. 21 septies L. n. 241/90; art. 111 Costituzione. La Provincia aveva ammesso che la graduatoria era stata prorogata mentre la Corte l’aveva considerata decaduta al momento in cui si era decisio l’avvio del procedimento di mobilità di cui all’avviso pubblico del 2011, un errore revocatorio denunciato dal P.

Anche questo motivo appare infondato posto che come correttamente osserva la sentenza impugnata a pag. 11 non sussisteva alcun diritto del ricorrente allo scorrimento della graduatoria del 1999 alla luce del precedente giudicato di cui si è già parlato. Solo ad abundantiam La Corte territoriale ha aggiunto ( oltre a dubitare che la graduatoria fosse ancora efficace) che l'istituto della mobilità prevale su quello dello scorrimento come peraltro affermato in sede amministrativa dalla sentenza del Tar del 2012 che ha accertato tra l'altro che la graduatoria non era più efficace e che difettava l'interesse ad agire del P. che non aveva impugnato la graduatoria finale della procedura di mobilità. Sull'impugnazione di tale ultima decisione il Consiglio di stato nel 2013 ha dichiarato inammissibile il ricorso del P. per difetto di interesse. Pertanto anche in sede amministrativa si è accertato il difetto di interesse del P. a contestare la legittimità dell'avviso pubblico del 2001 in quanto tale accertamento non potrebbe giovargli in alcun modo. Con il quinto motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Art. 51 comma quarto c.p.c., art. 158 c.p.c.; artt. 24 e 111 della Costituzione e art. 6 Cedu. Il Giudice istruttore della sentenza del 7.3.2014 è lo stesso Giudice istruttore della sentenza di appello della precedente causa conclusasi con la sentenza della Suprema Corte del 2009 ed era anche il Giudice istruttore dell'istanza di sospensione del Ricorso di revocazione. Lo stesso Giudice istruttore aveva dichiarato di volersi astenere, ma il Presidente aveva rigettato la richiesta. Il motivo appare inammissibile alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale era onere della parte ricorrente proporre tempestiva istanza di ricusazione non potendo la causa di astensione ex art. 51 c.p.c. essere fatta valere in sede di gravame: "il motivo di astensione di cui all'art. 51, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., che la parte non abbia fatto valere in via di ricusazione del giudice a termini dell'art. 52, non può in seguito essere invocato in sede di gravame, e non trova deroga in relazione all'eventualmente dedotta, tardiva conoscenza della composizione del collegio giudicante, tenuto conto che le parti sono in grado di avere tempestiva contezza di tale composizione, dal ruolo di udienza e dall’intestazione del verbale di causa ad opera del cancelliere, e, quindi, di proporre rituale istanza di ricusazione" (Cass. n. 2323/1997).

Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite -liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza. La corte ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. n. 155 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, nonché in euro 3.000,00 per compensi oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. n. 155 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.