Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 gennaio 2016, n. 969

Tributi - Plusvalenza da alienazione di terreni ricevuti in eredità - Avviso di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione - Intervenuta declaratoria di incostituzionalità dell'art. 82, co. 2, ultimo periodo del TUIR applicabile "ratione temporis" - Rimborso delle somme versate - Esclusione

 

Ritenuto in fatto

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di B.L. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria n. 39/02/2007, depositata in data 3/07/2007, con la quale - in controversia concernente l'impugnazione del diniego opposto dall'Amministrazione Finanziaria ad un'istanza, presentata "in data 26/07/2002", di rimborso delle somme versate dalla contribuente, in ottemperanza ad un avviso di accertamento (concernente la plusvalenza realizzata, nell'anno 1996, con l'alienazione di terreni ricevuti in eredità), notificato alla medesima, il 2 maggio 2002, e non impugnato - è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della B., dichiarando dovuto il rimborso in forza dell'intervenuta declaratoria di incostituzionalità (con sentenza della Corte Costituzionale n. 328 del 9/07/2002) dell'art. 82, comma 2, ultimo periodo del TUIR e per effetto della conseguente rivalutazione del valore assunto quale prezzo di acquisto ai fini della determinazione della plusvalenza.

In particolare, i giudici d'appello hanno sostenuto che, per effetto della pronuncia dì incostituzionalità della suddetta norma, era sorta una nuova obbligazione tributaria con il Fisco, avente ad oggetto il diritto alla ripetizione dell'imposta indebitamente versata ed assoggettato al termine decennale di prescrizione.

 

Considerato in diritto

 

1. L'Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt. 136 Cost., 19 e 21 d.lgs. 546/1992, 2033 e 2935 c.c., atteso che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici della C.T.R., una volta esauritosi il rapporto tributario, perché divenuto non più contestabile, stante la definitività dell'atto impositivo, lo stesso non è più esposto alle modifiche delle norme che lo regolano, incluse quelle conseguenti a pronunce di incostituzionalità.

2. La censura è fondata.

Questa Corte ha già affermato (Cass. 5206/1999; Cass. 6254/2004; Cass. 10340/2007; Cass. 2822/2012) che "li processo tributario, pur comportando un giudizio su rapporti, può essere instaurato soltanto mediante impugnazione di specifici atti o rifiuto degli stessi, con la conseguenza del formarsi di preclusioni a seguito del mancato esercizio, nei termini decadenziali, del diritto d'impugnazione; in base a tale principio devono considerarsi rapporti esauriti, sui quali non spiega effetti la dichiarazione di incostituzionalità dell'assoggettamento ad ILOR dei redditi di lavoro autonomo non assimilabili ad impresa, quelli in cui il pagamento dell'imposta sia stato eseguito in base a iscrizione a ruolo, divenuta definitiva per mancata impugnazione nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella esattoriale, nonché quelli in cui, in caso di versamento diretto, non sia stata presentata domanda di rimborso all’intendenza di finanza nel termine di diciotto mesi dal pagamento; ne consegue che al diritto al rimborso, regolato da norme speciali e soggetto a preclusioni e decadenze, non si applica la disciplina della "conditio indebiti" e il medesimo non può essere esercitato liberamente nel termine decennale di prescrizione".

Ora, per rapporti esauriti devono intendersi quelli in relazione ai quali sia intervenuta una preclusione che li abbia resi irretrattabili e quindi insensibili anche ad eventuali pronunce di illegittimità costituzionale.

La dichiarazione di incostituzionalità, infatti, non può incidere su un rapporto d'imposta ormai esaurito, atteso che il contribuente, raggiunto dall'avviso, per non rendere incontestabile il rapporto tributario per intervenuta definizione dell'imponibile, avrebbe dovuto impugnare tempestivamente l'accertamento notificatogli.

Nella specie, al momento della pronuncia di incostituzionalità, l'avviso di accertamento era già divenuto definitivo per mancata impugnazione nel termine di gg. 60 dalla sua notifica, ex art.21 d.lgs. 546/1992.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente. Le spese processuali del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, tenuto conto del cristallizzarsi della giurisprudenza di legittimità sulla questione di diritto, in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna l'intimata al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.