Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 gennaio 2016, n. 443

Associazione professionale - Ammissione al passivo - Il credito ha natura chirografaria e non privilegiata

 

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 13724 DEL 2013 "Il tribunale di Arezzo, adito in sede di opposizione allo stato passivo della s.p.a. E. in amm.ne straordinaria dall’avv. P. F. anche nella qualità di legale rappresentante dello studio associato F. & F. rigettava la predetta opposizione ritenendo correttamente posto in chirografo il credito per prestazioni professionali del quale si era richiesta l’insinuazione privilegiata.

In particolare il tribunale escludeva il privilegio sulla base della più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 18455 del 2011 e 11052 del 2012) che richiedeva la prova concreta della cessione del credito relativo alla prestazioni professionali al fine di poter applicare l’art. 2751 bis cod. civ. Al riguardo l’originaria insinuazione è stata richiesta dal F. in qualità di legale rappresentante dell’Associazione e la prova per testi articolata in ordine alla cessione del credito era tardiva. Quanto alla successiva istanza formulata personalmente dall’avv. F. dopo la messa in liquidazione dell’associazione, il tribunale evidenziava la mancanza di prova in ordine al passaggio delle posizioni creditorie e debitorie in capo all’istante, non risultando la circostanza né dall’atto di scioglimento né dagli altri documenti prodotti.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l’avv. F. nella qualità di legale rappresentante della predetta associazione professionale.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 25 del d.lgs n. 96 del 2001, dell’art. 2229 cod. civ. e dell’art. 2751 bis cod. civ. per non avere il Tribunale ritenuto che il credito dell’Associazione professionale poteva essere ammesso in privilegio, ritenendo che tale collocazione fosse possibile soltanto per il credito personale del professionista.

Secondo la parte ricorrente la titolarità del credito in capo all’associazione non ne esclude a priori la natura professionale e personale, con conseguente applicazione degli art. 2229 e 2751 bis cod. civ.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2697 cod. civ. con riferimento alla l. n. 1815 del 1939 e l’art. 2751 bis cod. civ. per avere il Tribunale erroneamente ritenuto gravante sull’associazione l’onere di provare la natura personale dell’attività professionale svolta dall’avv. F., dovendosi invece ritenere sufficiente la prova della natura e qualità dell’attività svolta. Al riguardo viene citata la sent. n.2249 del 2009 secondo la quale occorre stabilire se il rapporto professionale si è instaurato con il singolo professionista o l’associazione.

Nel terzo motivo viene dedotto l’omesso esame di fatti e documenti decisivi dai quali poteva agevolmente dedursi che il rapporto professionale era instaurato con il singolo professionista.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 1 della l. n. 1815 del 1939 nonché dell’art. 112 cod. proc. civ. per non avere il tribunale rilevato che la cessione di credito deriva ex se dall’esistenza del vincolo associativo. Aver ammesso il credito dell’associazione professionale al passivo stava ad indicare che vi era stata una sottostante cessione di credito. Le prove non ammesse avevano lo scopo di accertare che i crediti maturati dagli associati erano crediti dell’Associazione per patto sociale.

La censura è formulata anche ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.

I motivi possono essere trattati congiuntamente.

L’art. 25 comma primo, della l. 96 del 2001 stabilisce che i compensi derivanti dall’attività professionale degli associati diventano crediti dell’associazione. Essi pertanto, istituzionalmente e salvo espresse deroghe statutarie o pattizie entrano nel patrimonio sociale e l’associazione ne diventa titolare ancorché derivino dall’attività professionale dei singoli associati. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente la previsione normativa esclude che il modello associativo tipico possa essere fondato sulla cessione di credito. La titolarità del credito è in capo all’associazione professionale non per effetto della cessione ma per la partecipazione alla compagine sociale. Tale premessa, condivisa dai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. 18455 del 2001; 11052 del 2012) si fonda sul riconoscimento di un rilievo primario allo schermo associativo rispetto alla natura professionale dell’opera oltre che sulla diretta imputabilità degli effetti del predetto rapporto professionale in capo all’associazione.

Ne consegue che se il credito viene azionato dall’associazione professionale che se ne assume la titolarità, deve escludersene la natura privilegiata salvo che non venga fornita la prova della sussistenza di un vincolo pattizio diverso fondato sul meccanismo indiretto della cessione del credito. In tale ipotesi il rapporto sorge con il singolo professionista ed ha natura personale. Il credito sorto da tale rapporto viene ceduto all’associazione, la quale non è titolare del rapporto ma del credito successivamente al suo maturare esclusivamente per effetto della cessione.

Tale diversa configurazione del rapporto tra associato ed associazione costituisce una deroga del modello normativo di cui deve essere fornita prova ad hoc.

Al riguardo nessuna censura è stata formulata in ordine alla valutazione di tardività delle deduzioni probatorie. Il regime fiscale è ininfluente al riguardo così come la specifica menzione del ricorrente come codifensore nel mandato.

La giurisprudenza più recente, ha, in conclusione, superato il precedente orientamento fondato sull’accertamento della natura e qualità dell’attività svolta per incentrare, correttamente, l’accento sul modello sociale legale o pattizio prescelto dal quale far rifluire la "personalità" dell’attività professionale o la sua riconducibilità diretta all’associazione ed al suo autonomo meccanismo di distribuzione degli utili e dei rischi d’impresa, del tutto incompatibili con la ratio del privilegio ex art. 2751 bis cod. civ.

In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso va respinto".

Il Collegio letta la memoria di parte ricorrente e la giurisprudenza di legittimità anche recente richiamata (in particolare Cass. 4485 del 2015) rileva che nelle pronunce selezionate rimane necessario superare la presunzione, ancorché semplice, di esclusione della natura personale dell’attività svolta, alla luce delle pattuizioni in concreto stabilite dai componenti l’associazione e delle risultanze istruttorie. Tale superamento secondo il giudice del merito (pag. 2 pronuncia impugnata), anche sotto il profilo della cessione del credito è mancato. Anche l’arresto più recente di questa sezione (Cass. 20750 del 2015) si fonda sulla necessità di provare la personalità della prestazione professionale richiamando espressamente i precedenti, in ordine all’accertamento probatorio di tale requisito n. 22439 del 2009 e 4485 del 2015, pervenendo all’accoglimento del ricorso proprio in virtù dell’avvenuto positivo accertamento della natura della prestazione, come risultante dal complessivo esame delle emergenze istruttorie.

In conclusione il ricorso deve essere respinto senza alcuna statuizione sulle spese non essendosi costituita la parte intimata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Si dà atto che ricorrono le condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.