Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2016, n. 725

Tributi - Condono - art. 9 bis della legge n. 289/2002 - Ritardato versamento

 

Considerato in fatto

 

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia-Sezione distaccata di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di primo grado la quale -nella controversia relativa all’impugnazione da parte di M. R. A. dell’atto di diniego di condono ex art. 9 bis della legge n. 289/2002 per ritardato versamento dell’ultima rata- aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente facendo, però, salva l’applicazione della sanzione ordinaria del 30% prevista dall’art.13 del d.lgs. n.471/97.

Il Giudice di Appello -pur richiamando l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui ai fini della validità del condono ex art. 9 bis della legge n.289/2002 era necessario il pagamento integrale di tutte le rate nei termini- riteneva che l’eccezionalità di tale norma non poteva derogare ai principi generali dettati dalla legge n.212/2000, con la conseguenza che il mero ritardo di quindici giorni del contribuente, nel versamento dell’ultima rata/ andava considerato come irregolarità scusabile non inficiarne la validità del condono.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.

La contribuente resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

Ritenuto in diritto

 

Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.9 bis della legge n.289/2002, come ampliato dalla legge 24/12/2003 n.350, art. 2 comma 45 laddove la Commissione Tributaria Regionale siciliana, applicando l’istituto della buona fede, aveva ritenuto che il tardivo versamento dell’ultima rata del condono fosse idoneo al perfezionamento del condono stesso.

La censura è fondata. Costituisce infatti ius receptum (ex multis, da ultimo, Cass. sent. nn. 7852/2015, 1003/2015, 973/2015 e 420/2015; ord. nn. 24464/2014 e 10650/2013; sent. nn. 21364/2012, 19546/2011 e 20745/2010) che il condono tributario previsto dall'art 9 bis della L. n. 289 del 2002 (come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 - legge finanziaria per il 2004) ha struttura e funzione diversa dalle altre forme di sanatoria previste dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della medesima legge. Esso ha, invero, natura "demenziale", in quanto consente di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento della imposta e degli interessi - ovvero, in caso di mero ritardo, dei soli interessi -senza aggravi e sanzioni, nonché di procedere (a determinate condizioni) al pagamento in forma rateale, senza comportare alcuna forma di accertamento tributario- straordinario. Le altre forme di condono indicate hanno invece natura "premiale", in quanto riconoscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario. Ne consegue che questa forma di condono "demenziale", non richiedendo un'attività di liquidazione ex art. 36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973, non comporta alcuna incertezza in ordine al quantum dovuto dal contribuente per definire favorevolmente la vicenda fiscale, poiché esso coincide con l'ammontare dallo stesso indicato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, e con gli interessi di cui al quarto comma, dell'art. 9 bis, L. n. 289/02.

Pertanto, in ipotesi di pagamento rateale, ai fini del perfezionamento del condono - che produce la definizione della lite pendente - non è sufficiente il pagamento della prima o di alcune tate, ma è necessario l'integrale pagamento nei termini perentori stabiliti per il versamento in un'unica soluzione ovvero in tre rate, in difetto restando legittimata l'Amministrazione finanziaria al recupero dell’originaria imposta dovuta (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20745 del 06/10/2010; n. 20966/2010, n. 14708/2010, n. 6051/2010 conf, da ultimo Cass. ord. n. 8420 e n. 8149 del 2015 e, con specifico riguardo all’ipotesi di ritardo minimo, Ordinanza n. 10309 del 03/05/2013).

La sentenza impugnata nel ritenere che un ritardo di soli quindici giorni nel pagamento dell’ultima rata costituisse, in virtù del principio di buona fede, irregolarità scusabile che non può inficiare la validità del condono, si è discostata dai superiori principi.

Né, in senso contrario, assume rilevanza la circostanza dedotta dalla controricorrente che, all’epoca, in Giarre (luogo dove la contribuente esercitava la sua attività) vigeva la sospensione di tutti gli obblighi tributari di cui al D.L. 4/11/2002 n.245 convertito in legge n.286/2002, prorogato per i comuni colpiti da eventi calamitosi sino al 17.12.2005 giusta decreto 17.5.2005, prorogato poi sino al 30.6.2008 in forza della legge 296/2006, art 1, comma 1011. Ed invero, la questione, come risulta in atti, non venne introdotta sin dal ricorso introduttivo dalla contribuente, quale motivo giustificativo del ritardato pagamento, ma solo in secondo grado, quale motivo di appello incidentale, ai fini della non debenza delle sanzioni, rigettato dalla C.T.R. con statuizione non impugnata.

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Il recente consolidarsi dell’orientamento in materia, in passato fonte di contrasti, induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e di questo giudizio.