Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2016, n. 712

Rapporto di lavoro - Contratti a termine - Proroga - Nullità - Rispetto delle percentuali di contingentamento - Prova

 

1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:

"Con ricorso al Giudice del lavoro di Crotone, I. C. chiedeva, sulla base di plurime ragioni, che fosse dichiarato nullo il termine apposto a tre contratti a tempo determinato stipulati rispettivamente con la D. S.p.A. (cui poi era succeduta la A. C. Care S.p.A.) per il periodo dal 23/10/2000 al 22/1/2001, con proroga fino al 22/4/2001, con la Obiettivo lavoro s.c.r.l. (che forniva lavoro temporaneo alla D. S.p.A.) per il periodo dal 23/4/2001 al 23/7/2001, con proroga fino al 23/10/2001, ed ancora con la D. S.p.A. per il periodo dal 16/11/2001 fino al 31/12/2001. Il Tribunale, disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Obiettivo Lavoro s.c.r.l., rigettava la domanda. La decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Catanzaro che dichiarava la nullità del termine apposto al contratto del 16/11/2001, ordinava la ricostituzione del rapporto con condanna della D. S.p.A. al pagamento, in favore dell’appellante, di tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Avverso questa la A. C. Care S.p.A. propone ricorso per cassazione.

I. C. è rimasta solo intimata (invero manca agli atti la prova dell’avvenuta notifica del ricorso).

I motivi proposti dalla società si riassumono come segue.

Violazione o falsa applicazione degli artt. 434 e 342 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., 346 cod. proc. civ. per non avere la Corte territoriale dichiarato l’inammissibilità dell’appello per mancanza di censure alla sentenza di primo grado (primo motivo).

Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale fatto propria una consulenza prodotta in giudizio ed elaborata dal dr. P. L. del tutto errata - in quanto nella stessa non sarebbero stati indicati i contratti di formazione e lavoro, sarebbero stati considerati a tempo determinato tutti i lavoratori per i quali nei libri non era stata indicata la tipologia contrattuale, i lavoratori in part-time sarebbero stati indicati quali unità intere e come lavoratori a tempo determinato, i lavoratori a tempo determinato sarebbero stati conteggiati più volte in base al numero dei contratti a termine - ed inoltre per non aver tenuto conto di quanto evidenziato dai testi escussi con riguardo alla verifica della regolarità delle assunzioni da parte dei rappresentanti sindacali (secondo motivo).

Il primo motivo è inammissibile.

Il ricorrente non allega né riproduce il contenuto dell’atto di appello e della sentenza di primo grado così da consentire a questa Corte di valutare la fondatezza delle doglianze.

Va infatti applicato il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, ove il ricorrente denunci che la sentenza d’appello abbia erroneamente dichiarato ammissibile l’impugnazione nonostante il rilievo che l’appellante si fosse limitato ad una mera riproposizione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado senza muovere censure alla decisione impugnata è necessario - per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - che l’atto di appello e la sentenza appellata siano trascritti in modo completo (o quantomeno nelle parti salienti) nel ricorso, così da dimostrare che nel suddetto atto di impugnazione erano ravvisabili le lamentate carenze con riferimento alle motivazioni del giudice di primo grado. In mancanza, questa Corte non è in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure alla pronuncia di ammissibilità in quanto non abilitata a procedere all’esame diretto degli atti del merito (cfr. ex multis Cass. 10 gennaio 2012, n. 86; Cass. 12 maggio 2010 n. 11477; Cass. 21 maggio 2004, n. 9734).

Del resto, la valutazione dell’osservanza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione, di cui agli artt 342 e 434 cod. proc. civ. - nella formulazione anteriore alle modifiche di cui al d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata sulla G.U. 11/8/2012 (applicabili ai ricorsi in appello depositati dopo l’il settembre 2012, e cioè dopo il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, e quindi non al ricorso in appello in esame, depositato il 27/4/2012) non può essere effettuata direttamente dalla Corte di cassazione, spettando al giudice di merito interpretare la domanda, mentre il giudice di legittimità può solo indirettamente verificare tale profilo avuto riguardo alla correttezza giuridica del procedimento interpretativo e alla logicità del suo esito, senza poter ricondurre la censura nell’ambito degli "errores in procedendo", mediante interpretazione autonoma dell’atto di appello (cfr. Cass. 27 maggio 2014, n. 11828; Cass. 1° febbraio 2007, n. 2217).

E’ inammissibile anche il secondo motivo.

Va osservato che la sentenza impugnata è stata depositata il 1° ottobre 2012 e quindi dopo l’11 settembre del 2012; pertanto al ricorso per cassazione è applicabile ratione temporis, quanto all’anomalia motivazionale, l’art 360 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione introdotta con il D.L. 83/2012, conv. con legge 7/8/2012, n. 134 come detto pubblicata sulla G.U. 11/8/2012 (la disposizione, infatti, si applica alle sentenze pubblicate a partire dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione). Come è noto, con le modifiche introdotte da tale legge le sentenze non possono più essere impugnate per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ma per "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti" che, secondo i principi affermati da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014 nn. 8053 e 8054, consiste nella motivazione graficamente assente, in quella meramente apparente, in quella consistente in affermazioni tra di loro inconciliabili, in quella perplessa ed obiettivamente incomprensibile, in quanto il nuovo testo del n. 5 introduce non un generico vizio della motivazione, ma un vizio specifico concernente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo; da ciò deriva, da un lato, che il ricorrente deve indicare tale fatto storico, il "dato" da cui risulti esistente, il "come" e il "quando" esso sia stato discusso e la sua "decisività" e, dall’altro lato, che non rileva l’omesso esame di elementi istruttori, se il fatto storico è stato comunque valutato dal giudice.

Nella specie il fatto storico (il materiale probatorio in base al quale decidere se vi fosse o meno la prova del rispetto delle percentuali di contingentamento) è stato esaminato e valutato dalla Corte di appello che ha ritenuto, sulla base degli esiti di causa, non rispettate le percentuali delle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato (come fissate dal c.c.n.l. del 2000), al momento della stipula del terzo contratto evidenziando altresì che il datore di lavoro non aveva fornito alcuna prova del rispetto di tali percentuali.

Si aggiunga che il motivo è carente anche sotto il profilo dell’autosufficienza non risultando riprodotto il contenuto della c.t.u. e delle deposizioni testimoniali richiamate.

In ogni caso le critiche sono dirette ad un inammissibile riesame di merito.

Va al riguardo ricordato il costante orientamento di questa Corte secondo il quale la valutazione delle risultanze delle prove e scelta, tra queste, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (v., ex multis, Cass, 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 24 maggio 2006, n. 12362; Cass. 1° settembre 2003, n. 12747; Cass. 29 aprile 2002, n. 6224; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662).

In conclusione, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5".

2 - Risulta dagli atti la prova dell’avvenuta notifica del ricorso per cassazione a I. C. che è rimasta intimata.

3 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e non scalfite dalla memoria con la quale la società ricorrente oppone alle argomentazioni afferenti la (prima) prospettata ragione di inammissibilità del ricorso una asserita non necessità di pedissequa riproduzione di atti che sono nella disponibilità della Corte. Tale rilievo tuttavia non tiene conto del fatto che l’esame diretto degli atti che la Corte è chiamata a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato, prospettandosi preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità, diventa possibile valutare la fondatezza dei motivo medesimo sulla base di tali atti e documenti. Va pertanto ribadito che quando sia, come nella specie, censurata l’omessa statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dell’appello, la parte ha l’onere di indicare puntualmente, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice dell’impugnazione e gravemente carente il gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa aspecificità (cfr. tra le più recenti Cass. 30 settembre 2015, n. 19464; Cass. 5 febbraio 2015, n. 2143; Cass. 7 gennaio 2015, n. 18). Esigenza tanto più necessaria laddove, come nell’ipotesi in esame, la Corte territoriale abbia disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello operando una valutazione complessiva dell’atto ed abbia evidenziato che lo stesso, nella sostanza, esprimeva adeguatamente il dissenso rispetto alle conclusioni del giudicante tanto da consentire di enucleare i punti di affermata erronea valutazione del giudicante di primo grado: 1) mancanza delle esigenze straordinarie e temporanee legittimanti le assunzioni a termine; 2) illegittimità delle proroghe (si veda pag. 2 della sentenza).

Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo.

4 - In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

5 - Nulla va disposto per le spese processuali non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

6 - La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. un. n. 22035/2014).

 

P.Q.M.

 

Dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.