Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 gennaio 2016, n. 600

Organismo pubblico - Inps - Contributi previdenziali - Cartella esattoriale - Opposizione

 

Svolgimento del processo

 

La Corte di Appello di Firenze, confermando la sentenza del Tribunale di Grosseto, accoglieva l'opposizione della (...) S.p.A. a cartella esattoriale emessa per il pagamento in favore dell'INPS di contributi c.d. minori per il periodo agosto 20007 - febbraio 2008.

A base del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilievo secondo il quale la società opponente doveva ritenersi di carattere pubblico per le finalità perseguite (gestione dell'edilizia residenziale pubblica), per il carattere pubblico dei suoi azionisti, delle sue fonti di finanziamento, dei suoi organi di controllo e tanto tenendo conto anche della nozione sostanzialistica di ente pubblico propria del diritto comunitario. Conseguentemente, secondo la predetta Corte, "le contribuzioni di cui era causa non erano dovute essendo da queste esonerate gli enti pubblici, così come disposto dall'art. 40 del rdl n.1827 del 1935 per la disoccupazione, dall'art. 79 del dpr n. 797 del 1995 per gli assegni familiari, dall'art. 79 del dlgs n.151 del 2001 per la maternità, dall'assenza di rischio d'insolvenza e dalla presenza di trattamenti alternativi per i contributi al fondo e per quelli di disoccupazione e malattia ( ora anche in forza dell'art. 20 del DL n.112 del 2008)".

Riteneva, poi,la Corte territoriale, in accoglimento dell'appello incidentale della società, di condannare la controparte al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio non sussistendo a suo parere, per quelle di primo grado, le gravi ed eccezionali ragioni di cui all'art. 92 c.p.c. anche perché non sussisteva, a differenza di quanto affermato dal Tribunale, alcun reale contrasto giurisprudenziale sull'argomento.

Avverso questa sentenza l'INPS ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la società intimata.

 

Motivi della decisione

 

Preliminarmente va rilevato che secondo giurisprudenza di questa Corte nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, notificata dall'istituto di credito concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall’I.N.P.S., la legittimazione passiva spetta unicamente a quest'ultimo ente, quale titolare della relativa potestà sanzionatoria, mentre l'eventuale domanda in opposizione, attinente a tale oggetto, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera denuntiatio litis (prevista dall'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 209 del 2002, conv. in l. n. 265 del 2002) che non vale ad attribuirgli la qualità di parte e a far nascere la necessità di un litisconsorzio necessario (Cass. 12 maggio 2008 n.11687 e Cass. 11 novembre 2014 n. 23984).

Con il primo motivo l'INPS, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della legge n. 138 del 1943, 75 del dpm 797 del 1955, 21 della legge n. 1204 del 1971, 2, ottavo comma, legge n. 297 del 1982, 20 del dl n. 112 del 2008 conv. in legge n.133 del 2006, 49 della legge n. 88 del 1989, 5 della legge n. 274 del 1991 e della legge regione Toscana n. 77 del 1998 nonché vizio di motivazione. Premette in proposito l'INPS che la controversia riguarda l'obbligo contributivo per assegni familiari, malattia, maternità e TFR limitatamente ai lavoratori dipendenti della ex ATER che sono transitati presso la e conseguentemente la questione di diritto non è tanto la natura pubblica o meno di detta società, bensì se questa società possa continuare a fruire limitatamente a nominati dipendenti (ex pubblici) che hanno optato per la permanenza della posizione previdenziale IVS presso l'INPDAP delle regole esonerative del versamento della contribuzione per cui è causa.

Osserva il Collegio che questa questione, e cioè se per i dipendenti pubblici transitati presso la (...) S.p.A.

possa o meno essere conservato l'esonero dalla contribuzione c.d. minore, è da considerasi inammissibile atteso che della stessa non vi è alcun accenno nella sentenza impugnata e l'INPS non precisa in quale atto processuale del giudizio di merito ha esplicitato siffatta deduzione ed in quali termini.

Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, qualora una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. 21 febbraio 2006 n. 3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).

Con la censura in esame,poi, l'INPS denuncia l'erroneità dell'annullamento dell'inquadramento operato dall'INPS, per sussunzione della S.p.A. nella categoria degli enti pubblici.

L'assunto è infondato perché non vi è alcuna declaratoria nella sentenza impugnata di annullamento dell'inquadramento operato dall'INPS essendosi limitata la corte del merito a statuire la non debenza della contribuzione per cui è causa trattandosi di società a carattere pubblico.

Tanto premesso l'INPS sviluppa la censura in esame sulla base di cinque profili rispettivamente dedicati alla: contribuzione per malattia, contribuzione per maternità,, contribuzione per TFR, contribuzione per assegni familiari, natura di ente pubblico dell'(...) S.p.A.

Ritiene il Collegio di trattare pregiudizialmente quest'ultimo profilo nell'ambito del quale l'INPS critica la sentenza impugnata per . aver fatto riferimento ad una nozione di organismo pubblico desunto dal diritto comunitario che, però, lo disciplina solo per quanto riguarda gli appalti sì che esso non può valere per tutte le materie ed in particolare quella contributiva ai fini della quale bisogna aver riguardo alla struttura sostanziale.

Osserva il Collegio che questa Corte ( per tutte V. Cass. 24 giugno 2009 n. 14847, Cass.10 marzo 2010 n. 5816, Cass.11 settembre 2013 e Cass. 10 dicembre 2013 n. 27513) ha già avuto modo di precisare, sia pure con riferimento alla debenza dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, delle società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, che, ai fini di cui trattasi, in relazione alle finalità diversamente perseguite ben può verificarsi che una società per azioni, con pacchetto azionario pubblico, possa definirsi "impresa pubblica", mentre la nozione di organismo di diritto pubblico può non essere riconosciuta, a determinati fini, ad un ente pubblico economico esercente attività industriale o commerciale, come avviene per la materia degli appalti pubblici di servizi in relazione alla direttiva 92/50/CEE; parimenti, la relazione funzionale con l'ente pubblico può dare luogo alla responsabilità contabile anche in caso di società a capitale misto (cfr. Cass., sez, un., n. 26806 del 2009), così confermandosi che le conseguenze giuridiche derivanti da tale relazione dipendono, di volta in volta, dalle specifiche discipline normative.

Nel sistema assistenziale e previdenziale, si è .così precisato da questa Corte, la locuzione "imprese industriali degli enti pubblici", di cui alla norma di cui al D.Lgs. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, come sostituito dalla L. 12 luglio 1988, n. 270, art. 4, comma 1 deve essere interpretata riguardando la funzione e i limiti del potere di controllo dello Stato o dell'ente pubblico sulla gestione della società, sì che questa possa definirsi impresa, esercitata nella forma privatistica della società di capitali, "appartenente" all'ente pubblico. Da tali considerazioni questa Corte ha tratto la conseguenza che nel caso di società per azioni, se il capitale versato sia interamente di proprietà di enti pubblici e da essi gestito, si può ritenere più conveniente, di volta in volta, adottare schemi operativi privatistici o pubblicistici; e le società costituite dagli enti pubblici che rimangono detentori interamente dei pacchetti azionari devono essere considerate imprese industriali pubbliche a tutti gli effetti anche ai fini contributivi.

Il mantenimento dell'intero pacchetto azionario da parte dell'ente pubblico, si è rimarcato, è elemento discriminante rispetto all'azionariato misto (cfr. Cass. n. 4600 del 1993). Tale discriminazione si spiega col fatto che nella società a capitale misto, con pacchetto azionario detenuto - se pure in misura maggioritaria - non interamente dall'ente pubblico, quest'ultimo è soggetto, quanto all'esercizio del potere decisionale e all'organizzazione aziendale, alle evenienze proprie della dialettica societaria che si esplica, sì, con una. influenza derivante dalla sostanziale prevalenza azionaria, ma non coincide con il potere di autonomia e di controllo proprio della detenzione dell'intero pacchetto azionario.

Ritiene il Collegio che nella specie la Corte del merito, nel considerare di carattere pubblico (...) S.p.A., facendo riferimento alla nozione di organismo di diritto pubblico proprio del diritto comunitario, non si è attenuta ai principi fissati da questa Corte, come sopra rimarcati, in tema di individuazione di società di carattere pubblico.

Conseguentemente in accoglimento della censura in parola, nel cui esame rimangono assorbite le ulteriori critiche ed il secondo motivo del ricorso concernente la violazione dell'art. 92 epe,la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione che procederà ad un nuovo esame del merito in applicazione dei principi sopra richiamati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.