Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 gennaio 2016, n. 491

Lavoro - Trasferimento - Licenziamento - Assenza ingiustificata - Inadempimento grave

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d'appello di Milano con la sentenza n. 2413 del 2012 confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato il ricorso presentato da F. C. al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del trasferimento dalla sede di via Liguria a quella di viale Testi, entrambe nel comune di Milano, nonché del licenziamento intimatogli in data 17 marzo 2008 per assenza ingiustificata nei giorni dall'11 al 15 febbraio 2008.

La Corte in primo luogo disattendeva il motivo d'appello secondo il quale il licenziamento sarebbe stato irrogato per fatti diversi da quelli contestati: rilevava che l'argomentazione, contenuta nella lettera di licenziamento, secondo la quale il lavoratore assentandosi dal lavoro aveva ignorato le disposizioni aziendali che non avevano autorizzato le ferie richieste per i giorni in cui si era verificata l'assenza, non era finalizzata ad introdurre un fatto nuovo rispetto a quello contestato, ma a rispondere alle giustificazioni del lavoratore che aveva motivato l'assenza assumendo di avere fruito di ferie autorizzate. Le ferie, infatti, non erano state autorizzate in quanto, come riferito da un testimone, vi erano esigenze ostative per le contestuali dimissioni di tre dipendenti distribuiti su più sedi che era necessario rimpiazzare. Il licenziamento risultava quindi legittimo, in considerazione del fatto che l'articolo 217 del CCNL applicato in azienda prevede la sanzione espulsiva in caso di assenza ingiustificata per oltre tre giorni nell'anno solare e che il C. era andato in ferie nella piena consapevolezza che le stesse non fossero state autorizzate. Riteneva tuttavia che l'inadempimento non fosse così grave da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto durante il periodo di preavviso, considerato che al lavoratore la risposta definitiva in ordine alla negazione delle ferie era stata fornita il sabato 9 febbraio, precedente all'inizio del periodo di ferie che era stato richiesto dall'll; riconosceva quindi l'indennità sostitutiva del preavviso nella misura prevista dal contratto collettivo. Confermava poi la valutazione del primo giudice in ordine alla legittimità dell'assegnazione alla sede di viale F. T., stanti le difficoltà connesse alle dimissioni dei colleghi di lavoro ed il carattere temporaneo di tale assegnazione.

Per la cassazione della sentenza F. C. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c.S. s.p.a.. La difesa di C. ha depositato altresì osservazioni scritte sulle conclusioni del P.M. ex art. 379 u.c. c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. Il primo motivo di ricorso attiene al capo della sentenza d’appello che ha ritenuto che non fosse stato violato il principio di immutabilità della contestazione disciplinare, per avere il datore di lavoro nella lettera di licenziamento valorizzato la circostanza che per il periodo di assenza ingiustificata al lavoratore non fossero state concesse le richieste ferie.

Il motivo è così testualmente rubricato:

"Violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 3, n. 5 e dei principi sul " giusto processo". Motivazione illogica, erronea, omessa motivazione in contraddizione con le risultanze processuali (docc. 5 e 7 dei ricorso di I grado in relazione agli artt. 217 e 221 ccnl terziario), che si risolve nella violazione dell’art. 7 L.n. 300/1970 e biunivocamente: violazione di legge di erronea applicazione, al caso di specie, dei criteri di ermeneutica legislativa e del ccnl dettati dall’ art. 12 delle preleggi, e nello stesso tempo violazione di norme del ccnl e segnatamente degli artt. 217 e 221 ccnl del terziario, che contemplano all’ evidenza, comportamenti diversi e etiologicamente e ontologicamente autonomi, del lavoratore, quanto meno sotto il fondamentale profilo dell’ aspetto volitivo (comportamento sostenuto da colpa, nel caso dell’ assenza ingiustificata, da dolo, nell’intenzionale violazione di disposizioni datoriali ), che si risolve in un errore di giudizio, di motivazione, di decisione, di omissione della motivazione, di omesso esame di punti decisivi della vertenza che sono stati discussi, fra le parti, meritevole di per sé solo della cassazione della sentenza. Omesso esame circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti".

1.2. Il motivo è inammissibile: come risulta dalla rubrica riportata ed è confermato dallo sviluppo argomentativo, sono trattati congiuntamente i profili della violazione di legge e di contratto collettivo, nonché del vizio di motivazione, senza che sia possibile distinguere le diverse argomentazioni inerenti i diversi profili di censura. Risultano così violati i principi affermati in proposito da questa Corte secondo i quali il motivo di ricorso per cassazione che presenti congiuntamente in rubrica diversi profili di censura è inammissibile se rimette al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, dovendo la sua formulazione permettere di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. n. 19443 del 2011, n. 9793 del 2013, Sez. U. n. 9100 del 2015).

1.3. L'argomento che ne costituisce l’oggetto è stato peraltro ampiamente e diffusamente trattato dalla Corte d'appello alle pagine 9 e 10 della sentenza, con motivazione completa e coerente che ha puntualmente trascritto il contenuto della lettera di contestazione di addebito e della lettera di licenziamento, esaminando il valore delle deduzioni formulate nella seconda alla luce delle giustificazioni fomite dal dipendente.

2. Il secondo motivo di ricorso attiene alla motivazione della Corte d'appello che ha ritenuto che l’assenza fosse ingiustificata, pur avendo il C. richiesto le ferie per quel periodo ed essendo stato il trasferimento disposto dal superiore gerarchico con abuso del diritto, due ore prima della partenza per le ferie programmate da mesi.

Il motivo è così compendiato: "Vizio logico di motivazione, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio: omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti (documentato inoltro della richiesta di ferie da parte del ricorrente ) che si risolve in violazione di norma della contrattazione collettiva art. 27 ccnl che parla di "assenza ingiustificata " . Biunivocamente: violazione delle norme sul " giusto processo" e sull’ ermeneutica legislativa, art. 12 preleggi, in relazione al significato dell’art. 217 ccnl citato che si risolve in un errore di motivazione illogica e contradditoria. Omessa e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia discusso (comportamento abusivo del preposto della S.) - conseguente inefficacia e nullità del trasferimento del C. ) che si risolve in violazione di legge ovvero dell'articolo 2106 e 1175 e 1325 c.c. (abuso del diritto)".

2.1. Anche tale motivo, così come il precedente, è inammissibile.

Nelle 17 pagine che lo illustrano vengono riportati passaggi argomentativi degli atti di parte di primo grado, brani delle deposizioni testimoniali, argomentazioni in fatto e in diritto, richiami alla giurisprudenza di questa Corte in tema di abuso del diritto. Il tutto, senza distinzione con riferimento ai diversi vizi che vengono prospettati che richiamano l’art. 360 numeri 3, 4 e 5 c.p.c., e senza specifici riferimenti ai passaggi motivazionali della Corte d’appello, che ha puntualmente preso in esame le risultanze istruttorie e ne ha desunto che le ferie, pur richieste, non fossero state concesse e che di ciò il C. fosse a conoscenza, nonché laddove ha ritenuto che il trasferimento, realizzato in realtà in via temporanea, fosse giustificato dalla situazione aziendale che si era venuta a verificare. Né si riferisce in quale sede nel giudizio di merito vi sarebbe stata la deduzione di un "abuso del diritto" in relazione al quale la Corte territoriale nulla ha detto.

3. Il terzo motivo ha ad oggetto il giudizio di proporzionalità fra la sanzione irrogata e la condotta di cui il dipendente si è reso responsabile.

Viene così rubricato: "Violazione di legge ex art. 360 n, 3,4,5 c.p.c. e art. 132 c.p.c.. per omissione delle ragioni di fatto e di diritto a fondamento della decisione. Omessa pronunzia su punti della controversia essenziali ai fini del decidere. Motivazione apparente che si risolve in violazione di legge e del ccnl (artt.217 e 221 ccnl) ; omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, che si risolve in violazione di legge, art. 2106, 1175, 1366, 1375 cc 7 statuto dei lavoratori, 217 e 221 ccnl, art. 3 legge n. 604 del 1966".

3.1. Anche il terzo motivo è inammissibile per gli stessi motivi già sopra illustrati, né le circostanze prospettate (e ribadite nelle note ex art. 379 c.p.c.) sono idonee a confutare la motivazione della Corte d’appello secondo la quale la mancata autorizzazione delle ferie rendeva comunque l’assenza del dipendente (protrattasi per cinque giorni lavorativi) ingiustificata - non essendo sufficiente la richiesta delle stesse secondo le previsioni del regolamento aziendale - e quindi integrava la previsione dell’art. 217 del CCNL, che prevede al sanzione del licenziamento per l’assenza ingiustificata di oltre tre giorni nell’anno solare.

4. A conclusione del ricorso si formulano considerazioni finalizzate a prospettare la necessità di cassare la sentenza gravata. Si riassumono le circostanze di fatto e di diritto che avrebbero dovuto condurre la Corte d'appello ad una diversa valutazione delle risultanze fattuali e che sarebbero tali da escludere che l'assenza fosse ingiustificata, laddove in realtà era stata punita una ritenuta insubordinazione prevista dall'articolo 221 del contratto collettivo del terziario.

Tali considerazioni conclusive ripropongono le circostanze di fatto già ampiamente e diffusamente esaminate dalla Corte d'appello, al fine di conseguire il risultato patrocinato dal ricorrente, mentre è estranea al giudizio di legittimità la possibilità di procedere a nuovo giudizio di merito attraverso un'autonoma e propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694).

5. Conclusivamente, il ricorso dev’essere rigettato.

Segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.

In considerazione della data di notifica del ricorso, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell'art. 13, comma lquater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma 17 dell'art. 1 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, ai fini del raddoppio del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.