Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 gennaio 2016, n. 76

Settore creditizio - Operazioni di avvicendamento societario - Lavoratori - Contratto di lavoro a tempo indeterminato - Assunzione presso la società subentrante

 

Svolgimento del processo

 

C. B., T. V., L. R. M., N. M., S. S., Z. R, M. M., L. P., R. R., L. L., P. I., M. B., A. A., F. G., C. F., Di M. P., V. M., F. M. E., M M., B. M., P. N., M. M. e R. R. adirono il Tribunale di Torino evocando in giudizio la società Intesa San Paolo s.p.a. per sentire accertare il loro diritto ad esercitare l’opzione prevista dall’Accordo del 25.5.2001 e per sentir condannare la convenuta ad astenersi da qualsiasi atto incompatibile con l’esercizio del predetto diritto.

Tale accordo era stato siglato con le organizzazioni sindacali dalla Cardine Banca s.p.a., società controllante la G. s.p.a, poi divenuta Gest Line s.p.a, società concessionaria del servizio nazionale di riscossione dei tributi della quale erano dipendenti gli attuali intimati. Lo stesso accordo prevedeva che ove, per qualsiasi causa, fosse venuto meno in capo alla società Cardine Banca s.p.a il servizio di riscossione ed il subentrante non fosse stato un soggetto controllato da uno o più gruppi creditizi, i dipendenti avrebbero potuto a loro richiesta essere assunti presso una società del gruppo Cardine appartenente all’area del credito. L’accordo era stato recepito e ratificato dalla San Paolo IMI s.p.a. allorché, a far tempo dall’1.6.2002, la Cardine s.p.a e la sua controllata G. s.p.a. (poi Gest Line s.p.a) erano passate sotto il suo controllo. Successivamente, con decorrenza dal 1° ottobre 2006, a seguito delle disposizioni di cui all’art. 3 del D.L. 30.9.2005 n. 203, convertito nella legge n. 248/2005, era venuto meno il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione, in quanto le relative funzioni erano state attribuite all’Agenzia delle Entrate che le esercitava attraverso la società Riscossione s.p.a. che aveva costituito unitamente all’lnps.

Il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda ed accertò il diritto dei ricorrenti all’esercizio della predetta opzione, compensando le spese processuali.

Con la sentenza attualmente impugnata la Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame proposto dalla società Intesa San Paolo s.p.a avverso la decisione del primo giudice.

La Corte ha spiegato che nella fattispecie si erano verificate le condizioni previste dal predetto accordo per l’esercizio del diritto d’opzione in esame, in quanto era venuta meno la concessione alla società G. s.p.a (poi Gest Line) e nel controllo di questa era subentrato un soggetto non appartenente all’area del credito, per cui poteva essere confermata la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto dei dipendenti a richiedere l’assunzione presso una società del gruppo Sanpaolo appartenente al settore creditizio.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Intesa San Paolo s.p.a. con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Resistono con controricorso i lavoratori di cui in epigrafe.

 

Motivi della decisione

 

Osserva preliminarmente la Corte che non si ravvisano nella fattispecie i presupposti, anche nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, per l’accoglimento dell’istanza di differimento dell’udienza volta alla sua decisione contestuale a quella che sarà adottata in altri procedimenti in ordine ai quali è stata prospettata l’analogia alla presente vicenda.

1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., la società bancaria contesta la decisione impugnata nella parte in cui è stata respinta l’eccezione di carenza di interesse ad agire dei lavoratori.

Tale eccezione era stata sollevata dalla difesa dell’odierna ricorrente nel giudizio di merito al fine di evidenziare la mancanza del pregiudizio paventato dai medesimi lavoratori di dover rendere la loro prestazione, a seguito delle operazioni di avvicendamento societario, in favore di una compagine, qual’era la concessionaria del servizio di riscossione dei tributi Gest Line s.p.a., non controllata da un gruppo bancario. Invero, i lavoratori ricorrenti avevano sostenuto che l’appartenenza ad una società del settore creditizio avrebbe loro garantito una maggiore tutela lavorativa, ragione per la quale era stato loro riconosciuto, in sede di accordo sindacale, di poter optare per l’assunzione presso una società de! Gruppo Cardine appartenente all’area del credito qualora fosse venuta meno in capo alla stessa società il servizio di riscossione dei tributi ed il subentrante non fosse stato un soggetto controllato da uno o più gruppi creditizi.

Ritiene, invece, l’odierna ricorrente che la Corte territoriale ha erroneamente rigettato la predetta eccezione, posto che alcun nocumento derivava agli attuali intimati dal fatto di rendere la loro prestazione lavorativa in favore della Gest Line s.p.a., società, questa, idonea a garantire la tutela reale, anche se non controllata da un gruppo bancario, così come nessun vantaggio i medesimi potevano ricavare dall'appartenenza ad un gruppo bancario.

Il motivo è infondato.

Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di precisare (Cass. Sez. 3, n. 12893 del 23/6/2015), "in tema di azione di mero accertamento, l'interesse ad agire postula che colui che agisce si qualifichi titolare di diritti o di rapporti giuridici e non anche l’attualità della lesione del diritto poiché è sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico o sull'esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, dovendosi ritenere che la rimozione di tale incertezza non rappresenti un interesse di mero fatto ma un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistere l'interesse ad agire della ricorrente in relazione all'oggettiva incertezza dei termini di un contratto di assicurazione, ingenerata dalla condotta stragiudiziale e processuale tenuta dalla compagnia assicuratrice)".

Ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha rilevato che nel caso di specie i lavoratori avevano dedotto di vantare, sulla base di un accordo sindacale, un diritto (quello di opzione di cui sopra) nei confronti della società appellante, diritto che era stato da quest’ultima contestato, per cui non v’era dubbio che sussistesse in capo a loro l’interesse ex art. 100 c.p.c. a farlo valer« anche a prescindere dall’esistenza di un pregiudizio attuale.

In effetti va osservato che l’incertezza della situazione giuridica determinatasi in conseguenza del venir meno del sistema di affidamento in concessione del servizio di riscossione tributi, dovuto al fatto che le relative funzioni erano state attribuite all’Agenzia delle entrate che le esercitava tramite altra società di riscossione, e le contestazioni mosse dalla resistente al diritto reclamato dai lavoratori non potevano non comportare un interesse di questi ultimi ad agire in giudizio ai fini dell’invocato accertamento.

2. Col secondo motivo la ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ. in quanto contesta la correttezza della decisione della Corte di merito che ha riconosciuto il diritto degli attuali intimati all’esercizio dell’opzione prevista dall’Accordo del 25.5.2001.

Sostiene al riguardo la ricorrente che le finalità di tale accordo erano quelle di fornire una tutela nell'ipotesi in cui il venir meno della concessione avesse comportato una crisi occupazionale, ipotesi, questa, che nella fattispecie non si era verificata. Quindi, prosegue la ricorrente, l’ipotesi di Accordo del 25.5.2001 perseguiva la finalità specifica di tutelare l’occupazione, garantendo nel contempo i lavoratori dalle conseguenze del processo di ristrutturazione delle attività esattoriali, anche nel caso del venir meno della concessione a seguito del trasferimento della stessa ad altro soggetto.

Il motivo è infondato.

Anzitutto preme rilevare che la censura contiene solo una generica riproposizione delle argomentazioni avanzate nella precedente fase di merito del giudizio in ordine alla lettura delle clausole dell’accordo in questione, senza una indicazione specifica delle ragioni per le quali la Corte d’appello si sarebbe discostata dai normali canoni legali ermeneutici di interpretazione delle stesse.

In realtà, con motivazione condivisibile, la Corte di merito ha dato risalto al significato letterale e logico delle espressioni adoperate nella prima parte della clausola 8.2.2 sulla quale si radica il diritto reclamato dai lavoratori, mentre le finalità occupazionali di cui parla la ricorrente attengono propriamente alla clausola 8.2.1 dell’ Accordo del 25.5.2001.

Infatti, la clausola 8.2.2. di tale Accordo prevede che qualora il subentrante nella concessione ovvero nel controllo della società G. spa sia un soggetto non controllato da uno o più gruppi creditizi, fino al 31.12.2004, il personale di quest’ultima (in servizio con contratto di lavoro a tempo indeterminato alla data dell’1.1.2001), su richiesta, sarà assunto presso una società del gruppo Cardine appartenente all’area del credito.

Nella restante parte della stessa clausola si specifica che dall'1.1.2005 al 31.12.2010 la facoltà di cui sopra sarà subordinata alla condizione che non siano contestualmente in corso, nell'ambito del Gruppo Cardine, procedure legali o contrattuali che prevedano riduzioni di organico, da realizzare in misura superiore al 4% dell’organico complessivo tempo per tempo in servizio con contratto a tempo indeterminato nel Gruppo stesso.

Inoltre, la Corte di merito ha adeguatamente chiarito che l’ipotesi contemplata dal predetto Accordo del venir meno della concessione si era realmente verificata, in quanto nel controllo della società G. spa era subentrata la spa Riscossione, società costituita dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps che non era controllata da uno o più gruppi creditizi.

Orbene, il diritto di opzione reclamato dai lavoratori si radica sulla corretta lettura della portata della citata clausola 8.2.2., tesa a garantire ai medesimi una maggiore tutela rispetto alle conseguenze del processo di ristrutturazione delle attività esattoriali, nonché sulla situazione di fatto, prevista dal citato Accordo e realmente verificatasi, così come adeguatamente scrutinata dalla Corte di merito, per cui alcuna censura merita la sentenza impugnata.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti nella misura complessiva di € 5.500,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.