Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 gennaio 2016, n. 1

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Sentenza di appello - Omessa pronuncia di inammissibilità per mancato deposito della copia dell'appello presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale - Errore revocatorio - Esclusione

 

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la C. s.r.l. per la cassazione della sentenza n. 97/10/12 con cui la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 395, numero 4, c.p.c., il ricorso per revocazione prodotto dall'Ufficio contro la sentenza della medesima Commissione Tributaria Regionale n. 118/08/10. Tale ricorso si fondava sull’assunto che il primo giudice avrebbe accolto l’appello del contribuente, invece che dichiararlo inammissibile ai sensi dell'articolo 53, comma 2, d.lgs. 546/92, per non essersi avveduto che l’appellante aveva omesso di depositare copia dell’appello presso l'ufficio di segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Trieste.

La Commissione Tributaria Regionale ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione prodotto dall'Agenzia, ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., in quanto ha negato che il mancato accertamento dell’omesso deposito della copia dell'appello presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale costituisse un errore revocatorio ex art. 395 n. 4 c.p.c., affermando che si trattava di un error in procedendo di omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 53, comma 2, del d.lgs. 546/1992.

La Commissione Tributaria Regionale ha altresì sottolineato come la sentenza impugnata per revocazione non fosse definitiva.

Il ricorso si fonda su due motivi, entrambi riferiti all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.

Con il primo motivo, la ricorrente contesta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 64, commi 1 e 2, del D.lgs. 546/92 in combinato con l'art. 395 n.4 c.p.c, sostenendo, in particolare, che l'omessa verifica del deposito dell'appello da parte del giudice costituirebbe un errore revocatorio.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata, sempre per violazione delle norme suddette, in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa negando, implicitamente, l’impugnabilità per revocazione delle sentenze non definitive ai sensi dell'art. 64 del D.lgs. 546/92.

L’intimato non si è costituito in giudizio.

Il primo motivo del ricorso non è fondato.

Come questa Corte ha avuto modo di precisare con la pronuncia n. 17110/10, perché una sentenza possa considerarsi affetta da errore revocatorio è necessario che la errata supposizione della sussistenza o insussistenza di un fatto sia espressa e non implicita; è cioè necessario, in altri termini, che la motivazione della sentenza che si assume affetta da errore revocatorio dia espressamente atto della esistenza di un fatto la cui verità sia incontrovertibilmente esclusa o della inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita. Qualora, invece, la sentenza, senza dare espressamente conto della esistenza o inesistenza di un determinato fatto, si limiti a pronunciare una decisione che giuridicamente presupponga l’esistenza di tale fatto (ed esso risulti incontrovertibilmente escluso) o la sua inesistenza (ed esso risulti positivamente stabilito) non sussiste un errore revocatorio, cioè una percezione errata di un fatto, ma un’omessa percezione del medesimo; quest’ultima esula dall’ambito dell’errore revocatorio e ricade nell’ambito dell’omessa valutazione dei fatti di causa, censurabile con il mezzo di cui all’articolo 360, n. 5, cpc se si riferisce a fatti sostanziali, o con il mezzo di cui all’articolo 360, n. 4, cpc se si riferisce a fatti processuali. Inconferente è poi il richiamo del ricorrente alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 15227/09, che ha affermato l’impugnabilità per revocazione della sentenza che dichiari inammissibile l’appello sull'erroneo presupposto del mancato deposito di copia dell’atto di appello nella segreteria del giudice di primo grado; la declaratoria dì inammissibilità per mancato deposito postula, infatti, una espressa affermazione dell’inesistenza del deposito, laddove, nell’odierna fattispecie, la sentenza n. 118/08/10 - oggetto del ricorso per revocazione respinto dalla sentenza qui impugnata per cassazione - aveva accolto l’appello del contribuente e non risulta (nessun riferimento sul punto venendo svolto nel ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate) che avesse espressamente dato atto del deposito della relativa copia presso il giudice di primo grado.

Il primo mezzo di ricorso va quindi rigettato.

Il secondo motivo del ricorso risulta inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse dell’Agenzia delle entrate, il quanto la prima ratio deciderteli della sentenza gravata, secondo cui il ricorso per revocazione avverso la sentenza n. 118/08/10 era inammissibile per non essere quest’ultima affetta da errore revocatorio, resiste al primo mezzo di ricorso ed è autonomamente sufficiente a sorreggere il decisum della semenza gravata.

In conclusione, si propone il rigetto del ricorso.»

che la contribuente non si è costituita;

che la relazione è stata notificata alla parte ricorrente;

che non sono state depositate memorie difensive;

che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione;

che, pertanto, si deve rigettare il ricorso;

che non vi è luogo a regolazione di spese, non essendosi l’intimato costituito.

Che non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, perché il disposto dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115/02 non si applica all’Agenzia delle entrate (Cass. SSUU 9938/14).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.