Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MILANO - Sentenza 14 dicembre 2015, n. 5512

Tributi - Accertamento - Società a socio unico - Movimentazioni bancarie non giustificate di conti correnti personali appartenenti al socio unico - Presunzioni di maggior reddito e volume d’affari nei confronti della società - Esclusione - Onere di prova da parte dell’Ufficio

 

Svolgimento del processo

 

La società istante,come rappresentata e difesa,propone appello alla sentenza n. 881/07/2014 del 26/11/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia che ha parzialmente accolto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento n. T9H03B50,358/2012 relativo all'anno 2007 determinato dalle risultanze di rilievi sulle movimentazioni bancarie non giustificate di conti correnti personali e postali appartenenti alla socia unica dal 2009, rideterminando in euro 67.233,62 il maggior reddito ed in euro 130.351,12 il maggior volume di affari, compensando le spese.

La socia unica nel 2007 non aveva redditi propri, non ha una partita I.V.A., era legale rappresentante della società per cui i movimenti non giustificati sui suoi conti personali anche cointestati con l'altro socio sono stati riferiti alla società.

Poiché dopo la chiusura del processo verbale di constatazione, l'ufficio dopo otto giorni ha notificato l'atto impedendo il contraddittorio con la parte, dopo la presentazione del ricorso, l'ufficio, in autotutela parziale ha ritenuto giustificate altre operazioni per cui il presente contenzioso continua sul residuo maggior reddito di euro 68.144 ed un maggior volume di affari di euro 137.335 con IVA relativa.

Con l'appello insiste sulla violazione dell'obbligo del contraddittorio che avrebbe dato un esito diverso al procedimento tant'è vero che l'ufficio, dopo il ricorsoci è prodigato nel notificare l'autotutela spontanea anche se parziale ed il Primo Giudice ha ridotto ulteriormente il risultato.

Contesta la motivazione della sentenza sulla mancanza di prova da parte dell'ufficio che avrebbe individuato gli elementi indiziari nel fatto che nel 2007 non disponeva di redditi propri e, dunque, le movimentazioni finanziarie sui conti personali non potevano che ascriversi alla società di cui era rappresentante legale e socia all'80%, perché ha dimostrato che tutte le operazioni giustificate si riferiscono ad operazioni personali senza alcuna commistione con le operazioni societarie ed i conti sono tutti intestati a suo nome.

Contesta il fatto che l'ufficio ha considerato i prelevamenti quali costi della società su cui ha applicato una percentuale di ricarico desunta dalle scritture contabili e considerato il relativo ricavo come omesso, operando una doppia presunzione.

Sui prelevamenti ritiene applicabile la sentenza della Corte Costituzionale anche se riferita ai lavoratori autonomi.

Contesta che il dirigente dott. L. ha delegato alla firma dell'atto la dott.ssa C. che fa parte dei dirigenti dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale per cui l'atto è nullo.

Contesta che il Primo Giudice abbia considerato non deducibili dalla società i costi per l'acquisto di un orologio e di una scultura giustificati dai certificati di proprietà e a carattere privato.

Conclude con la richiesta di riforma della sentenza e/o riduzione dell'accertamento sulla base della documentazione prodotta.

Con memorie illustrative insiste sulla illegittimità della firma sull'atto e sulla violazione del contraddittorio.

L'ufficio costituendosi elenca tutte le operazioni bancarie e postali che non sono state giustificate per versamenti considerati ricavi, prelevamenti considerati costi, ricarico del 10% sui prelevamenti pari ad utile omesso, per un totale di maggior reddito accertato euro 68.144 e maggior volume di affari euro 137.335.

Contesta la violazione dell'art. 12, dello statuto del contribuente non trattandosi di verifica e accesso presso il contribuente, contesta che la delega di firma può essere depositata a richiesta del collegio o di parte, ed insiste che essendo l'amministratore unico della società sprovvisto di redditi ed attività proprie i movimenti finanziari sui suoi conti personali non possono che essere riferibili alla società di cui è divenuta socio unico dal 2009.

Conclude con la richiesta di conferma e condanna alle spese.

All'odierna trattazione in Pubblica Udienza,le parti si rimettono alle rispettive ragioni come in atti.

Indi la causa viene posta in decisione.

 

Motivi della decisione

 

L'appello della società istante è fondato e va accolto.

Preliminarmente va risolta, negativamente per le ragioni che seguono, l'eccezione di illegittimità degli atti posti in essere dall'ufficio perché firmati da un dirigente dichiarato decaduto dalla sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale in quanto, mediante la combinata lettura dell'art. 42 del DPR n. 600/73 e dell'art. 54 sull'I.V.A.,ai fini della valida sottoscrizione di un atto impositivo, la qualifica dirigenziale in capo al delegante o al delegato non è giustificato dal dato normativo che contempla la figura del capo ufficio ovvero dell'altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, senza menzionare la qualifica dirigenziale dato che è il capo ufficio l'agente capace di manifestare la volontà dell'amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna ed altresì perché tale pregiudiziale è stata chiesta per la prima volta in appello e costituisce una eccezione nuova non rilevabile d'ufficio in virtù della specialità del diritto tributario rispetto a quello amministrativo perché il legislatore ha scelto di ricomprendere nella categoria unitaria della nullità tributaria indifferentemente tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell'atto tributario, riconducendoli nello schema della invalidità-annullabilità mediante impugnazione entro il termine di decadenza di cui all'art. 21 del D.Lgs. n. 546/92.

Quanto all'eccezione sul mancato contraddittorio preventivo, l'eccezione è fondata.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 19667/2014 ha affermato sistematicamente che in campo tributario l'amministrazione finanziaria è tenuta ad attivare, a pena di nullità dell'atto, il contraddittorio preventivo con il contribuente nei cui confronti intende adottare un provvedimento lesivo dei suoi diritti ed interessi, anche se ciò non sia espressamente prevista dalla norma che si vuole adottare nei suoi confronti.

In tema, poi, di indagini bancarie, la Corte di Cassazione ha statuito, con la sentenza n. 4314/2015, che deve essere instaurato il contraddittorio preventivo prima di emettere un avviso di accertamento.

Nella fattispecie, non può essere considerato instaurazione del contraddittorio la serie di incontri avvenuti tra la ricorrente e l'ufficio in data 8 novembre 2012 e 10 dicembre 2012 con il deposito della documentazione giustificativa e la riserva da parte dell'ufficio di procedere al suo esame perché, in data 18 dicembre 2012 (dopo otto giorni dall'ultimo incontro) è stato notificato l'avviso di accertamento impugnato, in violazione dell'art. 12 dello Statuto del Contribuente.

Violazione ancor più dimostrata dal fatto che, dopo la presentazione del ricorso,

l'ufficio ha ridotto, in autotutela parziale n. T9HX3B503058/2012 in data 16/05/2013, la pretesa iniziale da euro 221.623,00 ad euro 69.191,00 giustificandola con la produzione di ulteriore documentazione da parte della ricorrente in sede di adesione.

Il punto non dimostrato, però, è la riferibilità del residuo operazioni bancarie relative ai versamenti (e non certo ai prelevamenti) non giustificati, alla società istante, in quanto nessuna corrispondenza è stata esibita tra le operazioni della società e le operazioni bancarie rilevate sui conti personali della socia legale rappresentante se non la presunzione che gli stessi derivino dalle attività sociali non avendo la titolare di detti conti nessuna altra attività né altro reddito disponibile.

Ancora più apodittica è la presunzione,da parte dell'ufficio,che i prelevamenti ingiustificati siano costi della società istante e che il ricarico della stessa sia del 15% per accertare ricavi omessi pari ad euro 79.569,00 che, sommati ai versamenti ingiustificati di euro 57.766,00 determinano un volume di affari di euro 137.335,00 da valere ai fini del calcolo dell'I.V.A. relativa da cui non può essere sottratta l'I.V.A. relativa ai costi sostenuti a meno che non risulti no effettuate le liquidazioni periodiche.

All'uopo, con la circolare n. 32/E del 2006, l'Amministrazione Finanziaria ha tracciato una differenza tra le ipotesi in cui lo strumento delle indagini bancarie viene utilizzato nell'ambito di un accertamento induttivo "puro", in presenza del quale nella ricostruzione del reddito si deve tener conto sopratutto in assenza di documentazione certa (come nel caso "de quo"),di una incidenza percentuale di costi presunti a fronte di maggiori ricavi accertati e l'ipotesi in cui le indagini bancarie sono utilizzate a supporto di accertamenti analitici o analitici-induttivi in presenza dei quali nessun margine si offre all'ufficio procedente al fine di un possibile riconoscimento di componenti negative di cui non è stata fornita dal contribuente prova certa.

Ergo, l'ufficio non ha fatto buon uso delle indagini bancarie disattendendo anche il suo documento di prassi e risolvendo l'accertamento solo su una "praesumptum de praesumpto non admittitur".

In definitiva, per attribuire i prelevamenti ingiustificati della socia quali costi della società, l'ufficio avrebbe dovuto dimostrare la corrispondenza tra il prelevamento del socio ed il riferimento ad un costo della società su cui, però, non ha operato alcun riscontro contabile analitico e, dunque, non ha dimostrato ciò che ha presunto.

Allo stesso modo non ha dimostrato che i versamenti ingiustificati della socia sono riferibili a ricavi occulti della società e, dunque, non ha dimostrato ciò che ha presunto. Per le considerazioni suesposte ed ogni altra eccezione disattesa restando assorbita da quanto prefato, l'appello della società istante deve essere accolto anche se, alla soccombenza, non si ritiene di far seguire la condanna al pagamento delle spese di giudizio che, pertanto, restano integralmente compensate tra le parti in causa, a motivo della reciproca soccombenza nei due gradi di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente decidendo, in riforma della decisione impugnata, accoglie integralmente il ricorso introduttivo della società contribuente.

Spese compensate.