Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 dicembre 2015, n. 25688

Dirigente - Anticipata risoluzione del rapporto - Perdita di chance - Danno - Risarcimento

 

Svolgimento del processo

 

La Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha parzialmente accolto la domanda proposta da C.G.G. nei confronti della Regione Calabria ed ha condannato l'ente appellato alla regolarizzazione della posizione contributiva nonché, a titolo di risarcimento del danno, al pagamento dell'importo quantificato nel dispositivo trascritto in calce alla sentenza pubblicata in € 82.636,36 e nel dispositivo letto in udienza in euro 48.233,64.

La Corte ha accertato l'illegittimità della revoca dell'incarico di dirigente del settore "Programmazione e Sviluppo Economico - Interventi Comunitari", disposta con deliberazione n. 522 del 2/5/2005, rilevando, sostanzialmente, che l'incarico in questione non poteva essere qualificato apicale, in quanto la G. era preposta solo ad un settore e, quindi, era sottoposta al controllo del dirigente di dipartimento.

Ne ha desunto la inapplicabilità dell'art. 1, commi 6 e 7, della L. R. n. 12/2005, che prevede la decadenza di diritto dei dirigenti alla data di proclamazione del Presidente della Giunta, ed ha richiamato la giurisprudenza della Corte Costituzionale per evidenziare che il cosiddetto spoils system, previsto dall'art. 50 dello Statuto e dalla legge sopra citata, si riferisce ai soli dirigenti apicali ed è diretto a rafforzare la coesione fra l'organo politico regionale e gli organi di vertice dell'apparato burocratico.

La Corte ha, quindi, ritenuto parzialmente fondata la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente ed ha quantificato il danno detraendo l'aliunde perceptum dall'ammontare complessivo dei compensi che la G. avrebbe percepito dalla Regione Calabria, ove l'incarico fosse proseguito sino alla naturale scadenza. Nella motivazione della sentenza la Corte ha, poi, evidenziato che doveva essere liquidato in favore della appellante, a titolo di danno da perdita di chance, anche l'ulteriore importo di C 40.000,00, poiché la anticipata risoluzione del rapporto aveva impedito alla G. di raggiungere gli obiettivi e, quindi, di percepire l'indennità di risultato. Il giudice di appello ha, invece, escluso la fondatezza delle ulteriori domande, volte ad ottenere il risarcimento del danno all'immagine nonché il pagamento della indennità sostitutiva delle ferie non godute e del trattamento di fine rapporto.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Regione Calabria sulla base di due motivi. La intimata ha resistito con controricorso, proponendo impugnazione incidentale condizionata.

Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1 - Preliminarmente deve essere disposta, ex art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza.

2.1 - Con il primo motivo di ricorso la Regione Calabria denuncia "violazione artt. 130, 132, 158, 161, 287, 429, 430, 437 e 438 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c." ed eccepisce, sostanzialmente, la nullità della sentenza impugnata per insanabile contrasto fra il dispositivo letto in udienza, all'esito della camera di consiglio del 28.10.2010, e la motivazione depositata il 16.11.2010. Rileva che il primo conteneva la condanna della Regione appellata al pagamento della somma di € 48.233,64, importo, questo, di gran lunga inferiore a quello indicato nella motivazione e nel dispositivo della sentenza pubblicata il 16 novembre, con la quale, invece, l'ente era stato condannato a corrispondere alla G. € 82.636,36.

Replica la controricorrente eccependo la inammissibilità del motivo e rilevandone, comunque, la infondatezza perché, a suo dire, la Corte territoriale sarebbe incorsa unicamente in un errore di calcolo, in relazione al quale era stata immediatamente sollecitata ordinanza di correzione dell'errore materiale.

2.2 - L'eccezione di inammissibilità è priva di fondamento.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l'onere della specificità imposto dall'art. 366 n. 4 c.p.c. non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell'art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi, comportando solo l'esigenza di una chiara esposizione, nell'ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell'impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all'art. 360 citato (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931).

Nel caso di specie la ricorrente ha con chiarezza denunciato l'insanabile contrasto fra il dispositivo letto all'udienza e la motivazione della sentenza, sicché non può certo determinare la inammissibilità del motivo il richiamo nella rubrica anche al n. 3 dell'art. 360, comma 1 c.p.c., anziché al solo n. 4 dello stesso articolo.

La Regione Calabria, poi, nel rispetto del principio dell'autosufficienza, ha indicato nel ricorso il contenuto del dispositivo ed ha provveduto a depositare copia dello stesso.

2.3 - Il motivo è fondato.

Occorre premettere che, essendo stato denunciato un error in procedendo, sussiste il potere di questa Corte di procedere all'esame diretto degli atti del giudizio di merito.

Nel dispositivo, pronunciato dalla Corte di appello di Catanzaro il 28.10.2010, si legge: "in parziale accoglimento dell'appello, condanna la Regione Calabria ...al pagamento in favore dell'appellante, per il titolo in motivazione, della somma di € 48.233,64, oltre interessi dalie singole scadenze fino al soddisfo ed alla regolarizzazione della sua posizione contributiva; rigetta le ulteriori domande dell'appellante".

La motivazione della sentenza impugnata, invece, alle pagine 9 e 10, oltre a riconoscere il diritto della G. alle differenze retributive, quantificate in € 48.233,64, ritiene fondata anche la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, limitatamente alla mancata percezione della indennità di risultato, e liquida a detto titolo l'ulteriore somma di € 40.000,00.

Nel dispositivo della sentenza pubblicata l'importo complessivamente liquidato viene indicato in € 82.636,36, somma questa che, oltre ad essere non coincidente con quella del dispositivo letto all'udienza, non corrisponde neppure al totale delle voci indicate in motivazione. Nel rito del lavoro il dispositivo della sentenza è atto di rilevanza esterna, che racchiude gli elementi del comando giudiziale, i quali non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione, poiché la lettura in udienza fissa in maniera immodificabile tale comando, portandolo ad immediata conoscenza delle parti ( Cass. 21.3.2008 n. 7698).

Dalla particolare natura del dispositivo discende innanzitutto che la sussistenza di un insanabile contrasto con la motivazione, tale da determinare nullità della decisione, va valutata in relazione al contenuto del dispositivo portato a conoscenza delle parti attraverso la lettura in udienza, al quale deve essere data prevalenza qualora, come nella fattispecie, lo stesso non coincida con quello riportato in calce alla sentenza pubblicata ( Cass. 12.5.2008 n. 11668).

La giurisprudenza di questa Corte è, poi, consolidata nell'affermare che, a fronte di una difformità fra dispositivo letto in udienza e motivazione, è ravvisabile un errore materiale solo qualora sussista una parziale coerenza fra i due atti, divergenti solo dal punto di vista quantitativo, e la motivazione difforme sia ancorata ad un elemento obiettivo che la sostenga in modo inequivocabile, sì da potersi escludere la possibilità di un ripensamento non consentito del giudice (Cass. 27.8.2007 n. 18090).

Dette condizioni, in mancanza delle quali il contrasto determina nullità della decisione, sicuramente non ricorrono nella fattispecie, poiché il dispositivo letto all'udienza, non solo fa riferimento alla somma di euro 48.233,64, ossia esattamente all'importo che la appellante aveva chiesto a titolo di differenze sulla retribuzione mensile ( doc. 10 delle produzioni di primo grado), ma respinge anche le ulteriori domande, fra le quali rientra, evidentemente, la richiesta della indennità di risultato, che nel conteggio sopra richiamato la G. aveva quantificato separatamente.

La motivazione della sentenza impugnata, quindi, nel riconoscere oltre alle differenze retributive anche l'ulteriore importo di € 40.000,00, si pone in insanabile contrasto con il dispositivo, che aveva respinto le ulteriori richieste risarcitorie nella loro interezza.

Non a caso la stessa Corte territoriale, con ordinanza del 14 aprile 2011, ha respinto l'istanza di correzione dell'errore materiale, rilevando la "non coerenza della motivazione con il tenore del dispositivo letto in udienza".

In conclusione sussiste la nullità denunciata con li primo motivo di ricorso, sicché si impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente grado.

3 - Il ricorso incidentale "condizionato al mancato accoglimento da parte della Corte di Appello di Catanzaro della istanza di correzione dell'errore materiale" prima ancora che infondato, per le ragioni sopra esposte, è inammissibile.

Il ricorso incidentale condizionato è lo strumento attraverso il quale la parte vittoriosa nel precedente grado di giudizio ripropone le questioni in relazione alle quali è rimasta soccombente, subordinandone l'esame da parte della Corte all'accoglimento del ricorso avversario, poiché solo detto accoglimento fa sorgere il suo interesse alla impugnazione.

E' evidente, quindi, che l'impugnazione incidentale non può essere condizionata all'eventuale rigetto della istanza ex art. 288 c.p.c., poiché l'unico condizionamento ammissibile è quello che lega fra loro l'impugnazione principale e la incidentale.

Si deve aggiungere che con l'unico motivo la G. sollecita sostanzialmente questa Corte a disporre la correzione dell'errore, ossia ad esercitare un potere riservato al giudice di merito (Cass. 23.3.2015 n. 5727).

Restano assorbite tutte le censure sviluppate nel secondo motivo di ricorso nonché la questione di legittimità costituzionale della I.r. Calabria n. 12/2005, peraltro già esaminata dalla Corte Cost. con le sentenze n. 34 del 12.1.2010 e n. 233 del 4.4.2006, sollevata nel corso della discussione orale.

 

P.Q.M.

 

Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Accoglie il primo motivo del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, assorbiti gli altri, e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.