Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 dicembre 2015, n. 25478

Tributi - Imposta di registro - Atto istitutivo di Trust - Regime anteriore al D.L. n. 262/2006 - Attribuzione di immobili - Modalità di tassazione - Imposta fissa

 

Svolgimento del processo

 

L'Agenzia delle Entrate rideterminava le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale al valore indicato dai coniugi E.F.F. e V.V. in relazione a un trust denominato F. Fund, istituito - con beneficiari i figli dei disponesti - per atto pubblico del 18-6-2003. All'istituzione del trust aveva fatto seguito, giusta ulteriore atto in data 25-6-2005, l'affidamento in trust di alcuni immobili.

Ad avviso dell'ufficio il trasferimento in trust, pur non avendo avuto natura onerosa, doveva ritenersi operazione munita di interesse di carattere patrimoniale, così da essere assoggettabile, fin dall'inizio, a imposta in misura proporzionale del 3 % ai sensi dell'art. 9 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.

Proposta opposizione, l'adita commissione tributaria provinciale di Frosinone annullava la ripresa fiscale, ritenendo l'atto tassabile a imposta fissa ai sensi dell'art. 11 del d.P.R. n. 131 del 1986. Ciò in quanto il trustee avrebbe dovuto semplicemente amministrare i beni e trasferire i redditi ai beneficiari, donde l'intestazione dei beni stessi dovevasi considerare, fino allo scioglimento del trust, solo momentanea.

L'appello dell'ufficio veniva rigettato dalla commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza in data 20-10-2009.

La commissione ribadiva che "l'imposta di registro, catastale e ipotecaria" sarebbe stata pretensibile "soltanto al momento del trasferimento dei beni patrimoniali nei confronti dei beneficiari".

L'agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

L'intimata V., in qualità di trustee, si è costituita a norme del trust F. Fund, concretamente intimato, replicando con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

I. - Va innanzitutto osservato che il ricorso risulta proposto nei riguardi di "Trust F. Fund, in persona del legale rappresentante e trustee sig.ra V.V.", e che allo stesso modo dalla sentenza risulta esser stato proposto l'appello nei confronti del medesimo soggetto, indicato come "trust F. Fund".

Consegue che il giudizio di cassazione (come a suo tempo l'appello) è stato instaurato dall'amministrazione sull'erroneo presupposto di essere il trust un soggetto giuridico, suscettibile di operare come centro autonomo di rapporti giuridici rappresentato legalmente dal trustee.

Così non è, dovendo riaffermarsi in questa sede l'inesistenza della soggettività del trust, il quale - come chiaramente traesi dall'art. 2 della afferente Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364 - è costituito da un insieme di rapporti giuridici "istituiti da una persona, il disponente - con atto tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine determinato".

Questa corte ha più volte affermato che il trust non è quindi un soggetto giuridico dotato di propria personalità, essendo invece unicamente il trustee la persona di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale "legale rappresentante" di un inesistente soggetto distinto, ma come soggetto che dispone del diritto (v. Sez. 2^ n. 28363-11, in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada; e v. pure Sez. 1, n. 10105-14, per la negazione della qualità di litisconsorte del trust nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi avesse conferito l’azienda; da ultimo, per identico principio in ordine al difetto di soggettività del trust, Sez. 1° n. 3456-15).

L'affermazione rileva anche nelle controversie nelle quali si discute di pretese erariali, essendo coerente con la caratteristica specifica dell'atto istitutivo di un trust affermare che quell'atto non dà vita a un nuovo soggetto giuridico sebbene all'effetto di segregazione patrimoniale.

Pur con tale deficit strutturale, il ricorso per cassazione ha tuttavia raggiunto lo scopo, per essersi costituito il trustee persona fisica, il quale ha validamente assunto la titolarità del rapporto processuale ancorché perpetuando l'errore incentrato sulla spendita di un inesistente potere di rappresentanza.

Il ricorso - nella corretta prospettiva appena indicata - può quindi essere esaminato nel merito delle censure.

II. - Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 11 della tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, la ricorrente sostiene che andavano applicate nel caso di specie le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale, dovendosi considerare l'atto di trasferimento di un bene immobile in trust come avente a oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale; cosa d'altronde testimoniata della necessaria richiesta di trascrizione dell'atto medesimo nei registri immobiliari.

Col secondo subordinato motivo, l'amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 10 del d.lgs. n. 347 del 1990, nonché dell'art. 1 della relativa tariffa, in quanto ove anche si fosse ritenuto applicabile l'art. 11 della tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 ai fini dell'imposta di registro, le altre imposte, ipotecaria e catastale, avrebbero dovuto essere applicate in misura proporzionale, attesa la costituzione di un vincolo di destinazione con effetti traslativi.

III. - Il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati perché connessi, è infondato, benché sia necessario integrare, e in parte correggere, la motivazione della sentenza impugnata.

IV. - E' rilievo preliminare che l'atto istitutivo di trust, che in questa sede viene in esame, era distinto dal carattere di gratuità e che, finanche considerandolo in termini globali, in rapporto cioè al successivo negozio di trasferimento dei beni immobili in trust, si collocava nel solco del sistema previgente a quello oggi rinvenibile degli artt. 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, 1, commi da 77 a 79, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) e 1, comma 31, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008).

Il nuovo regime normativo prevede l'applicabilità dell'imposta sulle successioni e donazioni quanto ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e "sulla costituzione di vincoli di destinazione". Il tutto "secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54".

Ma al nuovo regime normativo la fattispecie in esame è sottratta giacché, in base all'art. 2, 53° comma, le norme appena evocate "hanno effetto per gli atti pubblici formati, per gli atti a titolo gratuito fatti, per le scritture private autenticate e per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006". E le stesse decorrenze valgono "per le imposte ipotecaria e catastale concernenti gli atti e le dichiarazioni relativi alle successioni di cui al periodo precedente".

Pertanto il collegio non ritiene necessario prendere posizione sui profili problematici (ampiamente dibattuti) involti da tali previsioni, che non costituiscono specifico oggetto di questa causa.

V. - Tanto premesso, occorre dire che nella vigenza della disciplina fiscale pro tempore - vale a dire di quella di registro e di quella sulle donazioni risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 383 del 2001, tenuto conto che l'atto istitutivo di trust è stato redatto nella specie nell'anno 2001 ed è stato seguito da un trasferimento di beni in trust nell'anno 2005 - era discusso quale fosse il regime impositivo dell'atto e se l'imposizione dovesse realizzarsi fin dall'inizio ovvero solo al momento delle attribuzioni patrimoniali dal trust fund ai beneficiari.

Il dibattito era avvenuto a livello dottrinale, giacché questa corte aveva avuto modo di esaminare la questione della fiscalità rispetto ai vincoli di destinazione solo in rapporto al fondo patrimoniale. Per il quale peraltro è utile fin da ora sottolineare essersi progressivamente affermato il principio che l'atto di costituzione di un fondo patrimoniale, di cui all'art. 167 cod. civ., non è un atto traslativo a titolo oneroso, né un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, né, infine, un atto avente natura meramente ricognitiva, bensì una convenzione istitutiva di un nuovo regime giuridico, diverso da quello precedente, costitutivo di beni in un patrimonio avente un vincolo di destinazione a carattere reale, in quanto teso a vincolare l'utilizzazione dei beni e dei frutti solo per assicurare il soddisfacimento dei bisogni della famiglia; sicché, quanto all'imposta di registro, il regime di tassazione di tale atto si è affermato non essere quello dell'imposta proporzionale, di cui agli artt. 1 (atti traslativi a titolo oneroso), 9 (atti diversi, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale) o 3 (atti di natura dichiarativa) della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ma quello della categoria residuale disciplinata dall'art. 11 della tariffa stessa. Con conseguente applicabilità dell'imposta nella misura fissa ivi indicata (v. Sez. 5A 8162-02, 8289-03, 10666-03, 21056-05, 12071-08).

In ordine al trust, si erano invece confrontate due tesi. La prima, sostenuta in particolare dall’amministrazione finanziaria in documenti di prassi, riteneva che, ove il trust fosse stato istituito con attribuzione di beni immobili, il negozio traslativo in favore del trustee doveva scontare l'imposta proporzionale di registro in ragione della rilevata carenza del profilo di liberalità nei confronti di questi. Secondo la tesi, non essendosi in presenza di atti a titolo oneroso, si sarebbe dovuto fare applicazione non degli artt. 1 e 2 della tariffa, prima parte, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, quanto piuttosto dell'art. 9 della tariffa medesima, volto a fissare l'aliquota (3 %) in via residuale per gli "atti diversi da quelli altrove indicati avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale".

A siffatta tesi si era contrapposto un distinto copioso orientamento di matrice dottrinale, secondo il quale, invece, l'imposizione, in caso di trust con beneficiario, doveva realizzarsi solo al momento dell'attribuzione del bene al beneficiario, perché in quel momento sarebbe divenuto definitivo e (soprattutto) effettivo il trasferimento di beni indice di capacità contributiva.

Al proprio interno questa seconda tesi poi si divideva: considerando che l'intero fenomeno del trust era normalmente caratterizzato da un intento di liberalità, ma con peculiarità specifiche, una parte della dottrina ne aveva desunto potersi far riferimento al campo fiscale relativo alle donazioni modali o a quello delle donazioni condizionate (arg. ex art. 58 del d.lgs. n. 346-90), altra parte al profilo fiscale delle donazioni indirette di tipo fiduciario.

VI. - In tale panorama l'amministrazione ricorrente si affida al primo orientamento, rilevando che lo specifico atto istitutivo di trust, che contemplava il trasferimento di beni in trust, per quanto gratuito aveva avuto per oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale, giacché il consenso prestato riguardava un vincolo su beni muniti di valore economico.

Con questa particolarità: che, scontata l'imposta proporzionale di registro (e le imposte catastali e ipotecarie) quanto alla segregazione in trust, le successive attribuzioni dal trustee ai beneficiari, al momento prestabilito, avrebbero poi trovato la causa nell'esecuzione giustappunto di quanto previsto col trust, e dunque sarebbero state assoggettabili esse pure all'imposta proporzionale di registro.

VII. - La commissione tributaria ha invece negato validità alla tesi, in base all'argomento che il presupposto dell'imposta, vale a dire il trasferimento dei beni dai disponenti al trustee, era (ed è) transitorio, sicché l'atto istitutivo di trust, benché seguito dall'attribuzione di beni immobili in trust, doveva scontare la sola imposta fissa di registro, ai sensi dell'art. 11 della tariffa, per essere semmai soggetto all'imposta proporzionale soltanto il successivo trasferimento finale del bene (o dei beni) dal trustee ai beneficiari (i figli della coppia).

Osserva la corte che l'assunto della commissione tributaria è condivisibile nella prima parte, perché effettivamente non è dato sottoporre l'atto costitutivo di un trust a imposizione proporzionale immediata, essendo quell'atto non in grado di esprimere la capacità contributiva del trustee. Vale in tal caso la medesima ratio posta a base dell'orientamento all'inizio richiamato circa la tassazione del fondo patrimoniale.

La particolarità del trust è l'acquisto da parte del trustee (laddove, o nella misura in cui, il trust non sia autodichiarato). Ma quell'acquisto costituisce solo un mezzo funzionale alla realizzazione dell'effetto finale successivo, che si determina nell'attribuzione definitiva del bene al beneficiario. Sicché non rileva, giacché solo l'attribuzione al beneficiario può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell'imposta sul trasferimento di ricchezza. Peraltro la precisazione della commissione tributaria - per quanto condivisibile - neppure era necessaria perché in verità la tesi dell'amministrazione finanziaria dovevasi considerare errata già a proposito dell'ambito applicativo dell'art. 9 della tariffa. E' difatti errato affermare che l'atto istitutivo di un trust andrebbe annoverato nell'alveo degli atti a contenuto patrimoniale per il sol fatto che il consenso prestato riguarda un vincolo su beni muniti di valore economico.

Una tale affermazione contrasta sia con le caratteristiche tipiche del trust come istituto giuridico (che tra un momento verranno meglio esaminate), sia e soprattutto con le caratteristiche del sistema impositivo di registro, in cui l'elemento essenziale cui connettere la nozione di prestazione "a contenuto patrimoniale", ex art. 9 della tariffa, è l'onerosità.

L'art. 9 della tariffa, parte I, rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti, diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché però onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale.

Questo è del tutto ovvio perché la norma non può essere intesa in modo dissociato dal contesto dell'art. 43, I° comma, del d.p.r. n. 131 del 1986, che fissa la base imponibile dell'imposta prevedendola (v. lett. h), per le "prestazioni a contenuto patrimoniale", nell'ammontare "dei corrispettivi in denaro pattuiti per l'intera durata del contratto". Il che rappresenta limpida dimostrazione del fatto che, ai sensi dell'art. 9 della tariffa, la prestazione "a contenuto patrimoniale" è la prestazione onerosa.

La contraria interpretazione sostenuta dalla ricorrente non è supportata da alcun valido elemento normativo quanto alla determinazione della base imponibile in rapporto al valore del bene affidato in trust. Né è supportata dal riferimento all'onere della trascrizione, atteso che la trascrivibilità del vincolo dì destinazione non incide sul connotato della prestazione, ma serve a realizzare il consueto effetto di opponibilità ai terzi del rapporto a base della attribuzione del bene al trustee, secondo le ordinarie previsioni civilistiche di cui all'art. 2645-ter cod. civ. e dunque secondo il particolare atteggiarsi del suo titolo.

Nel caso di specie consta dalle stesse difese della ricorrente che il trust era stato istituito con affidamento di beni immobili dei coniugi disponenti a uno di essi (la moglie), e con beneficiari, alla scadenza, i figli dei medesimi. Un atto simile, a meno di diverse risultanze circa finalità elusive nella specie neppure paventate, appare coerente con programmi familiari rispondenti a scopi di liberalità, per quanto rimessi alla produzione di un effetto discendente non dalla costituzione del trust in sé considerata, quanto dall'attribuzione finale dei beni alla scadenza.

Codesto era il tema di fondo caratterizzante la fattispecie e, se a tanto l'intero programma poteva considerarsi improntato, ciò bastava per escludere la fondatezza della pretesa di assoggettamento dell'atto a imposta proporzionale di registro, giacché - come in qualche modo anticipato - ai fini dell'imposta di registro sono tassabili residualmente nella misura proporzionale del 3 % solo gli atti che comportano l'assunzione di una obbligazione o la modificazione - oggettiva o soggettiva - di un rapporto obbligatorio.

VIII. - Il ricorso dell'amministrazione finanziaria non può considerarsi fondato neppure sul versante di cui al secondo motivo, concernente le imposte ipotecaria e catastale.

A tal riguardo peraltro va corretta la motivazione dell'impugnata sentenza nella misura in cui ha affermato soggetta a imposta proporzionale di registro (e alle imposte ipotecaria e catastale) l'attribuzione finale degli immobili ai beneficiari del trust.

Tale affermazione non può essere condivisa salvo che si neghi - cosa che l'impugnata sentenza non ha fatto (e che d'altronde non poteva fare attesa la contraria premessa dell'amministrazione) - l'intrinseca gratuità, e dunque la natura liberale, della funzione di un trust del tipo di quello di cui si tratta. Il trust avente causa di liberalità, con attribuzione di beni al beneficiario, rientra nell'orbita civilistica delle donazioni indirette. La peculiarità è che l'arricchimento del beneficiario si realizza con la mediazione della causa fiduciaria cui è soggetta la previa attribuzione dei beni al trustee. Il quale è tenuto semplicemente ad amministrarli per poi devolverli ai beneficiari alla scadenza stabilita. In sostanza, laddove venga in considerazione un trust non oneroso (come nella specie è affermato dalla stessa amministrazione quanto al trust istituito dai genitori in favore dei figli), si è in presenza di una liberalità attuata mediante strumenti negoziali altri rispetto al negozio tipico di donazione, parimenti in grado di realizzare, benché indirettamente, oltre all'effetto proprio del trust di costituire il vincolo di destinazione, anche e soprattutto l'effetto finale di arricchimento senza corrispettivo del beneficiario. Effetto finale che identifica l'operazione ma che è differito nel tempo, e che si concretizzerà - anche ai fini dell'imposizione fiscale - nel momento dell'effettivo trasferimento di ricchezza al beneficiario.

La particolarità, invero, non è tanto nel fatto della identificazione dello scopo di donazione nell'unitarietà delle negoziazioni che compongono il trust (scopo implicitamente riconosciuto anche dal legislatore del 2006), quanto nel fatto che al detto scopo la donazione è pure fiduciaria. Con la donazione fiduciaria, difatti, in ambito civilistico, il donante, nelle condizioni date, generalmente persegue lo scopo (e solo lo scopo) di arricchire il terzo effettivo donatario.

Considerandosi che il trust dì cui è causa era stato istituito prima del d.l. n. 262 del 2006, si imponeva di esattamente comprendere l'effetto di cd. doppia proprietà (dual ownership) in rapporto al regime fiscale che lo caratterizzava.

A questo proposito va rammentato che il trust sostanzia un rapporto giuridico fondato sulla fiducia tra disponente (settlor) e trustee. Il disponente, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore del trustee il quale li amministra, con i diritti e i poteri del proprietario, nell'interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito. L'effetto principale dell'istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale, in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee, sicché quei beni (salvo l'attuale art. 2929-bis cod. civ., conseguente al d.l. n. 83 del 2015) non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del beneficiario.

In questo senso - e solo in questo - il trust è caratterizzato da una doppia proprietà, perché l'una, in capo al trustee, è finalizzata solo all'amministrazione, mentre è l'altra, quella che farà capo al beneficiario, che assume rilevanza quale momento di effettivo godimento del bene e delle relative utilità giuridiche.

IX. - In base ai canoni tradizionali dell'ordinamento non è agevole misurarsi con un simile sdoppiamento di proprietà. Tuttavia è abbastanza evidente la compressione del diritto di godimento dei beni affidati al trustee, che pure ne è il proprietario: in sostanza, mentre la titolarità del diritto di proprietà è piena, l’esercizio del diritto del trustee è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell'atto istitutivo.

E in questo senso la precarietà dell'attribuzione al trustee cozza con l'idea della sottoposizione del vincolo all'imposta sui trasferimenti fin dalla sua costituzione. Il che è ancora più evidente laddove - come nella specie - sia designato come trustee uno dei disponenti. Invero se è lo stesso disponente a essere designato quale trustee, e se dunque si è in presenza un trust almeno in parte autodichiarato, il vincolo di destinazione sui beni si forma, per quella parte, all'interno dello stesso patrimonio della parte disponente.

X. - E allora può osservarsi che ove il trust in concreto si presenti come trust liberale, con il quale si dispone di assetti familiari in beneficio di terzi (i figli), è illogico affermare applicabile l'imposta sul trasferimento (ipotecaria e catastale) già al momento della istituzione del trust.

E' illogico perché non a tale momento è correlabile il trasferimento definitivo di ricchezza che in effetti rileva quale indice di capacità contributiva.

Il contrario potrebbe essere affermato solo a petto di una totalmente diversa ricostruzione del fenomeno, secondo lo schema, cioè, della sostituzione d'imposta, stante che in questa prospettiva il trustee verrebbe a trovarsi nella posizione di sostituto d'imposta del beneficiario a tutti gli effetti di legge. Ma, nel contesto rilevante in causa, a sostenere tale schema osta la mancanza di un adeguato supporto normativo, atteso che la sostituzione d'imposta è fattispecie eccezionale e, come tale, dovrebbe essere esplicitamente prevista per legge.

Ecco allora dimostrato perché erra l'amministrazione nell'insistere - quanto al caso di specie - nella pretesa circa le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale. L'errore sta nel fatto di considerare il trust immediatamente produttivo degli effetti traslativi finali che costituiscono il presupposto dell'imposta. Mentre la costituzione del vincolo di destinazione non è in grado, in sé, di determinare il presupposto dell'obbligazione tributaria, dovendo l'effetto di trasferimento essere proiettato nella sfera giuridica di un soggetto diverso dal trustee, fin dall'inizio determinato dal disponente, nominatim ovvero in base a un criterio generale di individuazione.

Ne consegue che la costituzione di un trust va considerata estranea al presupposto dell'imposta indiretta sui trasferimenti in misura proporzionale, sia essa l'imposta di registro (anche per le considerazioni all'inizio esposte) sia essa l'imposta ipotecaria o l'imposta catastale, mancando l'elemento fondamentale dell'attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario. E, quanto alle imposte ipotecaria e catastale, l'atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo in senso proprio (id est, definitivo), postula l'applicazione di dette imposte in misura fissa (art. 1 del d.lgs. n. 347-90 e 4 dell'allegata tariffa, quanto all'ipotecaria; art. 10, 2° comma, del d.lgs. cit., quanto alla catastale).

XI. - Il ricorso è rigettato.

L'intrinseca difficoltà della sottostante questione interpretativa e la mancanza di precedenti specifici della corte giustificano la compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.