Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 dicembre 2015, n. 24768

Tributi - Reddito d’impresa - Deducibilità - Poste di bilancio approvate con titoli specifici - Compensi all’amministratore per attività lavorativa diversa - Assenza di un valido rapporto di lavoro subordinato, autonomo o di collaborazione sottostante - Qualificazione di compensi all’amministratore - Assenza delibera di assemblea - Indeducibilità

 

Svolgimento del processo

 

La Srl F.T.M. propone ricorso per cassazione, con otto motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte che, accogliendo l'appello dell'Agenzia delle entrate e rigettando quello incidentale della società contribuente, nel giudizio introdotto con l'impugnazione di tre avvisi di accertamento diretti al recupero di IVA, IRPEG, ILOR e IRAP per gli anni 1996, 1997 e 1998, emessi all'esito di una verifica nella quale erano state riscontrate irregolarità contabili e carenza di documentazione per costi, ritenuti indeducibili, iscritti al conto perdite e profitti, da una parte ha confermato l'indeducibilità dei compensi corrisposti all'amministratore in ragione della mancanza di predeterminazione degli stessi e l'indeducibilità delle altre spese, mancando in relazione a queste ultime "regolarità contabile e valida documentazione probante", e dall'altra ha escluso la deducibilità dei compensi corrisposti allo stesso amministratore per l'attività di modellista svolta. In particolare, con riguardo alla distinzione, ai fini del compenso, dell'attività di modellista da quella di amministratore, rilevato che la prima non risultava dal bilancio della società, ha osservato che non era configurabile nella specie un rapporto di lavoro subordinato, "mancando l'iscrizione a libro paga e libro matricola", né una ipotesi di lavoro autonomo, mancando la fatturazione delle prestazioni eseguite, ai fini dell'addebito IVA, e neppure risultava in essere alcun contratto di collaborazione coordinata e continuativa, sicché non era "possibile il riconoscimento di un diverso titolo ad una posta di bilancio regolarmente approvata".

L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, denunciando error in procedendo, la contribuente si duole dell'omessa pronuncia sulla censura avente ad oggetto l'erroneità della ritenuta indeducibilità dei compensi erogati agli amministratori; con il secondo motivo denuncia violazione di legge con riguardo alla ritenuta necessità di preventiva delibera assembleare di determinazione del compenso agli amministratori; con il terzo motivo denuncia error in procedendo per l'omessa pronuncia, con riguardo alla denuncia della ritenuta indeducibilità dei compensi erogati agli amministratori, "benché tale pretesa erariale si pone in aperto contrasto con il divieto di plurimposizione"; con il quarto motivo, denunciando violazione di legge, si duole che siano stati emessi gli avvisi di accertamento pur essendo stato dimostrato che le some pretese erano "state già regolarmente assoggettate a tassazione dai propri amministratori"; con il quinto motivo denuncia violazione di legge per la ritenuta indeducibilità dei compensi erogati per l'attività di modellista, pur avendo essa contribuente dimostrato di aver assolto gli adempimenti prescritti dall'art. 75 del tuir; con il sesto motivo denuncia violazione di legge in ordine alla natura del rapporto cui è riconducibile l'attività di modellista, e emessa motivazione con riguardo alla produzione di documentazione "che dimostra come la società ha correttamente assolto a tutti gli obblighi previdenziali prescritti dalla disciplina che regola il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa"; con il settimo motivo denuncia violazione di legge in ordine alla deducibilità dei costi sostenuti a titolo di rimborso spese viaggi ove ne sia stata dimostrata l'esistenza con idonea documentazione; con l'ottavo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, si duole non sia stata riconosciuta la deduzione di costi, pur essendo stato dimostrato che tali componenti negativi appartengono alla categoria delle spese di pubblicità.

I primi due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto legati, devono essere disattesi.

Questa sezione, nel solco di Cass. sez. un. 29 agosto 2008, n. 21933, ha infatti affermato, con riguardo "alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma, cod. civ. (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al d.lgs. n. 6 del 2003), che qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento della società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma, cod. civ., abrogato dall'art. 1 del d.lgs. n. 61 del 2002); la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di determinazione dei compensi (art. 2364 nn. 1 e 3 cod. civ.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed Implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, cod. civ.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori" (Cass. n. 20265 e n. 17673 del 2013).

Nel rigettare l'appello incidentale della contribuente (secondo la quale non si poteva "escludere la deducibilità del relativo costo perché la società ha omesso la redazione di uno specifico verbale di assemblea per determinare il compenso degli amministratori. Per la deducibilità è richiesta solo l'inerenza all'attività di impresa"), la sentenza impugnata ha confermato sul punto la decisione di primo grado, confermando "la legittimità dell'affermazione di indeducibilità delle altre spese, mancando regolarità contabile e valida documentazione probante", di guisa che va esclusa nella specie la ricorrenza dell'omessa pronuncia.

Il Collegio osserva comunque, con riguardo ad entrambe le censure, che "la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione normofilattica ad essa affidata dall'ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 cod. proc. civ., di correggere la motivazione anche a fronte di un "error in procedendo", quale la motivazione omessa, mediante l'enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell'implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto" (Cass. n. 28663 del 2013): sicché nel caso in esame la motivazione in diritto va integrata nei sensi di cui al principio di diritto enunciato supra.

È conseguentemente assorbito l'esame del terzo e del quarto motivo, senza dire che il quesito di diritto di quest'ultimo motivo, che si limita a porre una questione giuridica, si rivela inidoneo alla stregua delle prescrizioni dell'art. 366 bis cod. proc. civ.

Il quinto ed il sesto motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati, in quanto il giudice d'appello ha accertato, sulla base del bilancio, che non risultavano compensi corrisposti agli amministratori per la specifica attività di modellista; e che, comunque, anche qualora l'importo complessivamente erogato agli amministratori avesse compreso anche il corrispettivo dell'attività di modellista, sarebbe stato necessario individuare la natura del rapporto sottostante. Ma nella specie, ha accertato la sentenza impugnata, dando conto degli indici utilizzati per l'esame, andava escluso tanto la ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato che quella di lavoro autonomo che, infine, di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Ed ha concluso col rilievo che non era perciò "possibile il riconoscimento di un diverso titolo ad una posta di bilancio regolarmente approvata".

La ricorrente, quanto alla prima di tali censure, afferma apoditticamente di avere fornito la prova della deducibilità della spesa, senza sottoporre a critica la sentenza sul punto; quanto al sesto motivo, sostiene essere stata provata una circostanza della quale, a fronte della ratio decidendi della pronuncia (che tocca anche l'approvazione in bilancio di poste con titoli specifici, e l'esclusione, in fatto, dello svolgimento dell'attività), non spiega la decisività.

I motivi settimo e ottavo sono inammissibili, in quanto i relativi quesiti di diritto sembra si limitino a formulare delle mere questioni giuridiche.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 8.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese prenotate a debito.