Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 dicembre 2015, n. 25394

Operatore dei servizi socio educativi - Svolgimento delle attività di pulizia - Mansioni aggiuntive - Retribuzione

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso al Tribunale di Roma A.I., P.C., N.L. e R.R., dipendenti del Comune di Roma (ora Roma Capitale), inquadrate nella categoria B con il profilo professionale di operatore dei servizi socio educativi, esponevano di avere svolto regolarmente tutte le attività di pulizia dei locali dell'asilo nido comunale presso il quale prestavano servizio, diverse ed ulteriori rispetto alle limitate attività di riordino delle aule e dei bagni, contrattualmente dovute in base al mansionario adottato dalla Giunta Comunale con deliberazione n. 2800 del 3.10.1995, poi modificato solo parzialmente con delibera n. 358 del 7 ottobre 2000. Chiedevano, pertanto, che venisse riconosciuto il loro diritto, fondato sull'art. 36 cost., a percepire la giusta retribuzione per dette mansioni aggiuntive ed invocavano l'applicazione, eventualmente anche in via equitativa, della indennità prevista dall'accordo sindacale del 31 ottobre 2000 per gli operatori chiamati a sostituire il cuoco, pari a tre ore di lavoro straordinario per ogni giornata lavorativa.

Il Tribunale, con sentenza del 20.12.2007, respingeva integralmente le domande.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Roma che, con la decisione qui impugnata, respingeva il gravame proposto dalle attuali ricorrenti.

La Corte, premesso che le appellanti non avevano mai inteso rivendicare prestazioni per lavoro straordinario o per espletamento di mansioni superiori, osservava che, secondo la stessa allegazione del ricorso introduttivo, le mansioni non potevano essere qualificate aggiuntive, configurandosi solo "una mera rimodulazione quantitativa, peraltro non precisata in termini temporali, nell'ambito di mansioni già disimpegnate, nel senso di una estensione dei compiti di pulizia .... accompagnata da un diminuito disimpegno degli altri compiti...".

Riteneva, pertanto, condivisibile l'iter motivazionale della sentenza impugnata, che aveva respinto le domande evidenziando che a norma dell’art. 2 del d.lgs 165/2001 l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire solo mediante contratti collettivi e che doveva ritenersi la sussistenza dei caratteri di proporzionalità ed adeguatezza ex art. 36 Cost. nelle retribuzioni percepite dalle operatrici dei servizi socio educativi. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso le ricorrenti indicate in epigrafe, sulla base di due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. Roma Capitale è rimasta intimata.

 

Ragioni della decisione

 

1 - Con il primo motivo le ricorrenti denunciano "violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 115 e 416 c.p.c." e rilevano che Roma Capitale non aveva contestato le allegazioni del ricorso introduttivo, nel quale era stato dedotto che le attività di pulizia, che dovevano essere effettuate dal personale della s.p.a. R.M., erano state, invece, quotidianamente curate dagli operatori dei servizi socio educativi i quali, quindi, si erano visti costretti ad effettuare una prestazione aggiuntiva rispetto ai compiti loro assegnati dal mansionario approvato con deliberazione n. 2800 del 3.10.1995, solo parzialmente modificato con delibera n. 358 del 7.10.2000. Deducono che la Corte di Appello non poteva ritenere evidente l'impossibilità di effettuare contemporaneamente più mansioni fra quelle di competenze, in quanto, al contrario, non era contestata fra le parti che la attività di pulizia fosse stata espletata unitamente a tutti gli altri compiti previsti dal mansionario.

Con il secondo motivo viene denunciata la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2099 c.c. ed all'art. 36 Costituzione". Rilevano sostanzialmente le ricorrenti che il Comune di Roma, con le deliberazioni sopra citate, aveva affidato agli operatori dei servizi socio educativi principalmente compiti di assistenza, sorveglianza e custodia mentre l'attività di pulizia, appaltata alla R.M. s.p.a., era stata limitata agli interventi indispensabili per consentire durante l'orario scolastico che le aule ed i bagni mantenessero le necessarie condizioni di agio e di igiene. Poiché, a causa della indisponibilità del personale della ditta appaltatrice, tutti gli interventi sulla struttura, anche quelli di carattere straordinario, erano stati eseguiti dagli operatori, la prestazione richiesta a questi ultimi era risultata più gravosa, poiché erano state espletate mansioni aggiuntive che, in quanto tali, dovevano essere compensate, pur in assenza di una specifica previsione contrattuale, ex artt. 2099 c.c. e 36 cost.. Deducono, infine, che il compenso, stante la equivalenza delle fattispecie, doveva essere pari a quello riconosciuto all'operatore chiamato a sostituire il cuoco assente, quantificato in tre ore di lavoro straordinario per ogni giorno di sostituzione.

2. - Il primo motivo è infondato perché, nel lamentare la asserita violazione del principio di non contestazione, non coglie le ragioni per le quali la Corte di Appello di Roma ha ritenuto di non potere accogliere la domanda. Invero la sentenza impugnata non afferma che le ricorrenti non avevano provato lo svolgimento delle attività di pulizia indicate in ricorso, bensì sottolinea che, evidentemente, si era di fronte ad una "mera rimodulazione quantitativa", poiché gli operatori impegnati negli interventi sulla struttura dovevano necessariamente essere distolti dagli altri compiti di vigilanza, assistenza e custodia.

La Corte, quindi, pur ritenendo pacifiche le circostanze allegate in ricorso, ha escluso che sulle stesse si potesse fondare il diritto al maggiore compenso, in quanto la prestazione sotto il profilo qualitativo risultava riconducibile al livello di inquadramento e dal punto di vista quantitativo, anche se inteso in senso non meramente temporale ma di intensità, non risultava maggiormente gravosa "stante la rilevata necessaria alternanza nell'una o nelle altre - non meno impegnative secondo la rassegna fornitane - prestazioni".

In altri termini la Corte territoriale, proprio sulla base delle allegazioni del ricorso, ha ritenuto che l'affidamento di compiti di pulizia diversi da quelli previsti nel mansionario aziendale non avesse inciso sulla qualità e quantità della prestazione.

3.1 - Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale le ricorrenti ribadiscono che l'attività di pulizia dell'intero stabile e delle aree pertinenziali, in quanto ulteriore rispetto alle mansioni elencate nelle delibera della giunta comunale (il cui contenuto essenziale viene trascritto in ricorso), doveva essere adeguatamente compensata ai sensi del combinato disposto degli artt. 2099 c.c. e 36 Cost..

Nessun cenno è contenuto nel motivo alla classificazione del personale effettuata dalla contrattazione collettiva di comparto, classificazione alla quale le ricorrenti non avevano fatto riferimento alcuno nei precedenti gradi di giudizio, giacché, come si desume dalla sintesi della vicenda processuale riportata nel ricorso e dalla motivazione della sentenza impugnata, avevano fondato la loro domanda solo sul mansionario approvato dalla Giunta municipale con le deliberazioni del 3.10.1995 e del 7.10.2000.

3.2 - E' utile premettere che l’art. 52 del d.lgs n. 165/2001, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevede che il prestatore di lavoro deve essere adibito "alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi", Gli artt. 2 e 45 del decreto riservano, poi, alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, escludendo che il datore di lavoro pubblico, nel contratto individuale, possa attribuire un trattamento diverso, anche se di miglior favore per il dipendente.

Analizzando il complesso di dette disposizioni questa Corte ha ripetutamente affermato che la disciplina tiene conto delle perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore, condizionato nella organizzazione del lavoro da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse (in tal senso Cass. 21.5.2009 n. 11835 e Cass. 11.5.2010 n. 11405).

Ne ha tratto la conseguenza che, a differenza di quanto accade nell'impiego privato, il datore di lavoro pubblico, quanto alla individuazione delle mansioni esigibili da parte del lavoratore, ha solo "la possibilità di adattare i profili professionali, indicati a titolo esemplificativo nel contratto collettivo, alle sue esigenze organizzative, senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie, in quanto il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato. È conseguentemente nullo l'atto in deroga, anche "in melius", alle disposizioni del contratto collettivo, sia quale atto negoziale, per violazione di norma imperativa, sia quale atto amministrativo, perché viziato da difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell'art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, dovendosi escludere che la P.A. possa intervenire con atti autoritativi nelle materie demandate alla contrattazione collettiva." (Cass. S.U. 14.10.2009 n. 21744). Parimenti consolidato è nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui l'art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 (nel testo anteriore alla novella recata dall'art. 62, comma 1 del d.lgs. n. 150 del 2009) "assegna rilievo solo al criterio dell'equivalenza formale in riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che possa aversi riguardo alla norma generale di cui all’art. 2103 cod. civ. e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione" (Cass. 5.8.2010 n. 18283 e Cass. 26.3.2014 n. 7106).

Infine non è senza rilievo, ai fini che qui interessano, sottolineare che il datore di lavoro pubblico incontra precisi limiti nella determinazione del trattamento economico spettante al personale, poiché detta voce di spesa deve essere "evidente, certa e prevedibile nella evoluzione" (art. 8), con la conseguenza che il trattamento economico non può che essere quello definito dai contratti collettivi (art. 45, commi 1 e 2), la cui conclusione è assoggettata ad un rigoroso procedimento di determinazione degli oneri finanziari conseguenti (art. 47).

3.3 - Per gli enti del comparto regioni ed autonomie locali il CCNL 31.3.1999 di revisione del sistema di classificazione del personale ha previsto l'articolazione dello stesso in quattro categorie, stabilendo, all'art. 3: che le categorie sono individuate dall'insieme "dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse" (comma 4); che "gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali non individuati nell'allegato A o aventi contenuti professionali diversi rispetto ad essi e li collocano nelle corrispondenti categorie nel rispetto delle relative declaratorie, utilizzando in via analogica i contenuti delle mansioni dei profili indicati a titolo semplificativo nell'allegato A." (comma 6); che tutte le mansioni ascriviteli a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili. L'assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell'oggetto del contratto di lavoro." (comma 2).

Quanto, poi, al trattamento economico il CCNL 1.4.1999 ed i contratti successivi, hanno riservato alla contrattazione collettiva decentrata la individuazione delle fattispecie e dei criteri per la corresponsione di compensi aggiuntivi finalizzati a "compensare l'esercizio di attività svolte in condizioni particolarmente disagiate da parte del personale delle categorie A, B e C" (artt. 4 lett. c e 17 lett. e del CCNL 1.4.1999).

Le parti collettive, quindi, oltre a stabilire, nell'esercizio del potere delegato dall'art. 45 del d.lgs 165/2001, il trattamento economico fondamentale, hanno rimesso alla contrattazione decentrata di ente anche la individuazione delle ipotesi in cui le condizioni di maggiore gravosità della prestazione giustificano il riconoscimento di un compenso aggiuntivo.

3.4 - La questione che qui viene in rilievo, relativa alla sussistenza del diritto del dipendente pubblico ad essere retribuito ex art. 36 cost. per la prestazione aggiuntiva resa nell'ambito del normale orario di lavoro, non può prescindere dal quadro normativo e contrattuale sopra delineato nei suoi tratti essenziali. Dai principi di diritto richiamati, infatti, discende innanzitutto che il parametro di riferimento per la stessa configurabilità in astratto di una "prestazione aggiuntiva" deve essere il sistema di classificazione dettato dalla contrattazione collettiva, giacché la mansione potrà essere considerata ulteriore rispetto a quelle che il datore di lavoro può legittimamente esigere ex art. 52 d.lgs 165/2001 solo a condizione che la stessa esuli dal profilo professionale delineato in via generale dalle parti collettive.

Non a caso le pronunce di questa Corte (Cass. 19.3.2008 n. 7387 e Cass. 3.6.2014 n. 12358), che hanno ammesso la astratta possibilità di riconoscere ex art. 36 Cost. una maggiorazione stipendiale al dipendente pubblico chiamato a svolgere mansioni aggiuntive, si riferivano a fattispecie nelle quali le prestazioni ulteriori pacificamente non erano ricomprese nel profilo, come delineato in un caso dalla legge nell'altro dalla contrattazione collettiva.

Non è, invece, possibile porre a fondamento della pretesa il solo mansionario con il quale il datore di lavoro pubblico abbia individuato in concreto i compiti da assegnare al prestatore, poiché detta individuazione è comunque condizionata nella sua validità dal rispetto del sistema contrattuale di classificazione, che, a sua volta, costituisce l'unico parametro ex art. 52 d.lgs 165/2001 per la individuazione della mansione esigibile.

Va, poi, precisato che la prestazione può essere considerata aggiuntiva solo qualora la mansione assegnata esuli dal profilo professionale, non già nella diversa ipotesi in cui, a fronte di un inquadramento che comporti una pluralità di compiti, il datore di lavoro, nell'ambito del normale orario, eserciti il suo potere di determinare l'oggetto del contratto dando prevalenza all'uno o all'altro compito riconducibile alla qualifica di assunzione.

Nel caso di specie, pertanto, non sussiste il vizio denunciato, sia perché le ricorrenti non hanno fatto alcun riferimento alla classificazione del personale ed ai profili professionali delineati dalle parti collettive, sia perché, una volta ammessa la riconducibilità al profilo professionale delle attività di pulizia (le ricorrenti non avevano mai contestato che detta attività fosse esigibile da parte del datore di lavoro, sia pure nei termini indicati dal mansionario aziendale), si deve escludere che la attività in questione possa essere considerata aggiuntiva e, quindi, legittimare una maggiorazione della retribuzione, solo perché prestata in un arco di tempo più esteso rispetto a quello fissato dal mansionario aziendale.

3.5 - Alle considerazioni che precedono si deve poi aggiungere che è consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui il giudizio di congruità della retribuzione va formulato prendendo in considerazione tutti gli elementi concreti del rapporto, da fornirsi da parte del lavoratore che lamenti l'insufficienza della retribuzione, e riguarda il trattamento economico complessivo corrisposto al lavoratore, non già singole componenti dello stesso.

Da detto principio discende che perché il prestatore possa pretendere ex art. 36 cost. il pagamento della prestazione ritenuta aggiuntiva non è sufficiente la mera allegazione dello svolgimento di compiti ulteriori e di un criterio di calcolo per determinare il compenso di tale attività, ma è necessario fornire elementi tali che consentano di verificare la congruità del complessivo trattamento economico ricevuto rispetto al parametro di cui all'art. 36 Cost. (Cass. 3.6.2014 n. 12358).

Infatti la Corte Costituzionale ha "reiteratamente chiarito che il giudizio sulla conformità di un trattamento all’art. 36 Cost. non può essere svolto per singoli istituti, nè - può aggiungersi - giorno per giorno, ma occorre valutare l'insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza (sentenze nn. 366 e 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164 del 1994) (Corte Costituzionale 4.4.2012 n. 120).

Nel caso di specie, al contrario, le ricorrenti si sono limitate a rivendicare un compenso per la asserita prestazione aggiuntiva senza fare alcun riferimento all'ammontare complessivo della retribuzione mensile.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

La mancata costituzione dell'intimata esime dal provvedere sulle spese del grado.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso. Nulla sulle spese del grado.