Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 dicembre 2015, n. 25199

Assegno di invalidità - Riconoscimento - Ricorso - Oneri processuali - Esenzione - Condizioni reddituali

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 5 novembre 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:

"Con sentenza del 20.1.2014, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto da C.L. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla predetta, volto al riconoscimento dell’assegno di invalidità civile per carenza nell’atto introduttivo del giudizio della indicazione relativa al valore della prestazione dedotta in giudizio, così come prescritto dall’art. 152 dip. att. c.p.c. nel testo modificato dall’art. 38 del d.I. n. 98 del 2011, conv. dalla legge 111 del 2012, condannando l’appellante al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del grado.

Per quel che rileva nel presente giudizio, la Corte osservava che, ai fini del regolamento delle spese, così come affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’esenzione dal pagamento delle stesse, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 dip. Att. cpc, sostituito dall’art. 42 comma 11 del d.l. 269/2003, conv. dalla legge 326/2003, era inefficace se non sottoscritta dalla parte, poiché a tale dichiarazione la norma connetteva un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che l’interessato si impegnasse a comunicare, fino a che il processo non fosse definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito e che, nel caso di specie, l’appellante non poteva invocare la normativa speciale, perché l’autocertificazione in atti non era conforme al modello normativo in quanto si riferiva al mancato superamento del triplo dell’importo previsto dagli artt. 76 commi da 1 a 3 e 77 DPR 115/2002 e non al doppio come previsto dal citato art. 152 disp att. cpc. Per la cassazione della decisione ricorre la C., affidando l’impugnazione ad unico motivo - cui resiste, con controricorso, l’INPS - con il quale denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., come sostituito dal comma 11 d.I. 30 settembre 2003 n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003 n. 326, dolendosi della erronea interpretazione della norma in questione, da interpretare, invece, nel senso che la dichiarazione sostitutiva di certificazione da formulare con il ricorso introduttivo di primo grado esplica la sua efficacia senza necessità di ulteriore reiterazione anche nei gradi successivi, salvo l’impegno, fino all’esito definitivo del giudizio, di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti.

Osserva la ricorrente che il giudice del gravame si è riferito ad una dichiarazione depositata nel giudizio di appello, mentre avrebbe dovuto tenere presente esclusivamente e comunque in primis la dichiarazione allegata al ricorso di primo grado e poi confrontarla con quella depositata in 2° grado, al fine di verificare se quest’ultima consentisse di ritenere non più produttiva di effetti esonerativi quella di primo grado perché confessava un reddito superiore. Rileva che nella specie la dichiarazione di primo grado era contenuta, come parte integrante del ricorso, in un foglio separato sottoscritto dalla ricorrente ed allegato alle conclusioni del ricorso introduttivo, onde la ricorrente ben poteva invocare la normativa speciale. All’uopo, per il principio di autosufficienza, allega il detto foglio separato contenente la dichiarazione suddetta e rileva che nel successivo giudizio di appello, permanendo la medesima situazione reddituale, ovvero non essendovi variazioni rilevanti dei limiti di reddito, non aveva formulato alcuna dichiarazione ai fini dell’esonero dal pagamento delle spese processuali e che il solo difensore aveva richiamato la dichiarazione sostitutiva di primo grado.

Nel ricorso in appello la dichiarazione resa si era limitata a rendere tale autocertificazione unicamente ai fini dell’esenzione del pagamento del contributo unificato, dichiarando di avere conseguito anche nel 2011 un reddito personale ai fini IRPEF di euro 0, come risultante dal prospetto fotocopiato. Aggiunge che soltanto nel fascicolo di parte era stata prodotta dichiarazione di certificazione - da cui il giudice aveva fatto discendere la condanna -, dalla quale si evinceva che la stessa era stata resa dalla parte esclusivamente ai fini dell’esenzione dal pagamento del contributo unificato e, quindi, con finalità e sulla base di disposizioni normative del tutto diverse.

Tale dichiarazione non era stata inserita nelle conclusioni dell’atto di appello, restando con ciò irrilevante in relazione alla possibile condanna alle spese.

Il ricorso appare palesemente fondato.

Le questioni esaminate concernono l'individuazione delle condizioni formali richieste per potere beneficiare dell'esonero dal pagamento delle spese processuali per il caso di soccombenza in base all'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo attualmente vigente.

Al riguardo vanno ribaditi i seguenti principi di diritto: "L'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, laddove onera la parte ricorrente che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell'esonero dagli oneri processuali, in caso di soccombenza, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione, va interpretato nel senso che tale dichiarazione deve essere formulata con il ricorso introduttivo di primo grado ed esplica la sua efficacia, senza necessità di ulteriore reiterazione, anche nei gradi successivi, come si evince dagli espressi riferimenti legislativi "all'anno precedente a quello di instaurazione del giudizio" e alle "conclusioni dell'atto introduttivo", nonché dalla previsione del richiesto impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti "fino a che il processo non sia definito" (cfr. Cass. 4.4.2012 n. 5363). L'evoluzione di tali condizioni reddituali non è tuttavia indifferente, cosicché, salvo sempre l'onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni dichiarate in ipotesi di contestazione, l'interessato deve dichiarare quelle variazioni che facciano venir meno le condizioni di esonero e, per converso, ove tali condizioni originariamente insussistenti si siano concretizzate nel prosieguo del giudizio, può rendere, se del caso anche nei gradi successivi, apposita dichiarazione nel senso richiesto dal succitato art. 152 disp. att. c.p.c.. L'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, laddove onera la parte ricorrente che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell'esonero dagli oneri processuali in caso di soccombenza di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione "nelle conclusioni dell'atto introduttivo" va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell'atto introduttivo del giudizio, cosicché deve ritenersi l'efficacia della dichiarazione sostitutiva che, ancorché materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo (Cass. 26.7.2011 n. 16284).

Nella specie, la Corte romana, a sostegno della decisione, ha affermato che la dichiarazione in atti non è conforme al modello normativo, con ciò disattendo, nell’interpretazione della normativa, i principi richiamati, onde si propone la cassazione della sentenza in relazione al capo che dispone sulle spese processuali e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la decisione in parte qua, nel senso dell’esonero dell’appellante dal pagamento delle spese del giudizio di gravame".

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla richiamata giurisprudenza di legittimità, onde deve pervenirsi all’accoglimento del ricorso nei sensi di cui alla proposta del relatore, con cassazione della decisione impugnata in relazione al capo sulle spese di lite e decisione nel merito nei termini sopra precisati, indicati in dispositivo.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell’INPS e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non tenuta la C. al pagamento delle spese del giudizio di appello.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.