Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risoluzione 15 dicembre 2015, n. 104/E

Gestione degli interpelli antielusivi a seguito delle modifiche legislative intervenute nel corso del 2015

Nel corso del 2015, sono intervenuti due distinti provvedimenti che hanno inciso profondamente sulla disciplina dell'interpello antielusivo: il primo è stato il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128 che, con effetto dal 1° ottobre 2015, ha introdotto una definizione di abuso del diritto e, al contempo, una nuova procedura di interpello antiabuso (rinviando integralmente alle previsioni dell'articolo 11 della L. n. 212 del 2000 in materia di interpello ordinario); il secondo è stato il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 che, con effetto dal 1° gennaio 2016, ha profondamento modificato l'intera disciplina degli interpelli tributari (compresi quelli antiabuso) procedendo ad una sua uniformazione.

Sono conseguentemente pervenute alla scrivente richieste di chiarimenti in merito alla gestione delle istanze di interpello antielusivo già presentate ai sensi dell'articolo 21, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 alla luce delle novità intervenute per effetto delle disposizioni del D.Lgs. n. 128 del 2015 e di quelle presentate ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 5, del menzionato D.Lgs. n. 128 del 2015, nonché di quelle antiabuso che potranno essere presentate ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 156 del 2015.

L'articolo 1 del D.Lgs. n. 128 del 2015 ha disposto, a decorrere dalla sua data di entrata in vigore (ossia, dal 2 settembre 2015), l'abrogazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 che il citato articolo 21 richiama al fine di definire le fattispecie oggetto della predetta istanza.

Inoltre, il medesimo articolo 1 ha, con la diversa decorrenza del 1° ottobre 2015, introdotto nell’ambito della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente, l’articolo 10-bis con l’ulteriore specificazione che tutte le disposizioni di legge che rinviano al previgente articolo 37-bis devono intendersi riferite a detto articolo 10-bis.

Successivamente, il D.Lgs. n. 156 del 2015 ha abrogato esplicitamente sia l’articolo 21 della L. n. 413 del 1991 sia l’articolo 10-bis, comma 5, della L. n. 212 del 2000, a decorrere dal 1° gennaio 2016. Al contempo, il citato D.Lgs. n. 156 del 2015 ha introdotto nuove disposizioni in materia di interpello antiabuso previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera c), della L. n. 212 del 2000.

La non coincidenza temporale tra l’intervenuta abrogazione dell’articolo 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’entrata in vigore delle disposizioni dell’articolo 10-bis della L. n. 212 del 2000 nonché l’abrogazione espressa dell’articolo 21 della L. n. 413 del 2000 (ndr articolo 21 della L. n. 413 del 1991) solo con effetti dal 1° gennaio 2016 ed il susseguirsi di modifiche legislative in materia di interpelli antielusivi hanno determinato alcuni dubbi applicativi in ordine alle gestione delle singole istanze.

Le criticità emerse in relazione alle disposizioni in materia di interpelli riguardano, nello specifico, le istanze di interpello antielusive/antiabuso presentate:

a) entro la data del 1° settembre 2015 (fondate legittimamente sull’articolo 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) per le quali la risposta non sia stata ancora resa dall’Amministrazione finanziaria;

(b) nel periodo intercorrente tra il 2 settembre ed il 30 settembre 2015; e infine

(c) nel periodo tra il 1° ottobre 2015 ed il 31 dicembre 2015.

Con riferimento alle istanze di cui alla lettera (a), si fa presente che l’Amministrazione provvederà a fornire il proprio parere limitatamente alla richiesta applicazione del citato articolo 37-bis; occorre, infatti, considerare che le stesse (presentate ai sensi dell’articolo 21, comma 9, della L. n. 413 del 1991) risultano argomentate e strutturate in base alle previsioni dell’articolo 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (vigente alla data della loro presentazione) e che, quindi, possono risultare prive di tutti quegli elementi indispensabili all’Amministrazione finanziaria ai fini di una complessiva valutazione antiabusiva della fattispecie rappresentata ai sensi e per gli effetti del menzionato articolo 10-bis.

Naturalmente le medesime istanze saranno trattate in applicazione delle regole procedurali di istruttoria delle istanze di cui all’articolo 21, comma 9, contenute nel decreto ministeriale 13 giugno 1997, vigenti al momento di presentazione dell’istanza. Ne consegue che il termine di centoventi giorni per la risposta non è da considerarsi perentorio per le istanze in esame, ferma restando la possibilità del contribuente di diffidare l’Amministrazione con l’ulteriore conseguenza, decorsi ulteriori sessanta giorni dalla presentazione della diffida, della formazione del silenzio assenso sulla soluzione interpretativa prospettata dallo stesso contribuente.

Con riferimento alle istanze di cui alla lettera (b), occorre evidenziare che il disallineamento temporale tra l’avvenuta abrogazione dell’articolo 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’entrata in vigore dell’articolo 10 bis rende impossibile procedere ad un’analisi delle fattispecie rappresentate negli interpelli antielusivi presentati in assenza di un qualsiasi parametro normativo di riferimento.

In relazione ad eventuali istanze presentate nel suddetto periodo, nel rispetto del principio di buona fede e di collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente, l’Amministrazione segnalerà la circostanza sopra evidenziata al contribuente istante, invitandolo, al contempo, a presentare una nuova istanza di interpello ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10-bis della L. n. 212 del 2000 con il rispetto delle formalità previste dal comma 5 del citato articolo 10-bis, senza necessità di allegare i documenti eventualmente già trasmessi con la precedente istanza.

Nel caso in cui il contribuente aderisse al suddetto invito, gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria si asterranno dal contestare l’eventuale assenza di preventività di tale nuova istanza, se presentata entro i 60 giorni successivi alla ricezione dell’invito e sempreché questa abbia ad oggetto la medesima fattispecie rappresentata nella precedente.

Con riferimento alle istanze di cui alla lettera (c), l’articolo 10-bis, comma 5, della L. n. 212 del 2000 prevede che il contribuente possa presentare un’apposita istanza "per conoscere se le operazioni che intende realizzare, o che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto", secondo la procedura e con gli effetti dell’articolo 11 della citata L. n. 212 del 2000.

La specifica previsione contenuta nel citato comma 5 ha determinato l’abrogazione implicita delle previsioni relative alla procedura dell’interpello antielusivo recate dall’articolo 21, comma 9, della L. n. 413 del 1991 (articolo abrogato espressamente dall’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 156 del 2015, solo a decorrere dal 1° gennaio 2016) e dal decreto ministeriale 13 giugno 1997, n. 195 (limitatamente alla sua applicazione agli interpelli antielusivi ex articolo 21, comma 9, citato). A seguito delle richiamate modifiche normative e con effetti dalla loro entrata in vigore (1° ottobre 2015) e fino al 31 dicembre 2015, il contribuente che intenda attivare una richiesta di parere in ordine alla abusività di una determinata operazione dovrà presentare l’istanza ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 5, della L. n. 212 del 2000, ossia secondo le disposizioni, anche procedurali, cui rinvia l’articolo 11 della citata L. n. 212, non essendo più possibile procedervi ai sensi del citato articolo 21, comma 9.

Qualora in fase di prima applicazione il contribuente formuli comunque un’istanza ai sensi del citato articolo 21, comma 9, l’Amministrazione considererà detta istanza presentata ai sensi e per gli effetti del comma 5 dell’articolo 10-bis citato qualora il richiamo al menzionato articolo 21, comma 9, risulti essere il frutto di un mero errore materiale.

Considerato il generico rinvio all’articolo 11 della L. n. 212 del 2000 operato dal comma 5 dell’articolo 10-bis della stessa legge, occorre individuare gli elementi essenziali che devono essere contenuti nell’istanza e gli effetti della risposta all’istanza stessa in relazione alle specificità dell’oggetto di tale tipologia di interpello.

Fermi restando i chiarimenti forniti con i precedenti documenti di prassi in merito alle istanze di interpello ordinario, attraverso l’interpello antiabuso di cui al comma 5 dell’articolo 10-bis, il contribuente - prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento degli altri obblighi tributari connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza - può ottenere il parere dell’Amministrazione finanziaria circa la qualificazione come abuso di diritto delle operazioni che intende realizzare o che siano state realizzate.

Ferma restando la necessità che l’istanza contenga una compiuta descrizione della fattispecie in relazione alla quale il parere è richiesto e sia supportata dalla documentazione considerata essenziale a tali fini, giova sottolineare che il comma 1 dell’articolo 10-bis della L. n. 212 del 2000 ha introdotto una definizione di abuso del diritto che unifica i concetti di abuso e di elusione con valenza generale per tutti i tributi (armonizzati e non) e che il comma 5 del medesimo articolo 10-bis non impone al contribuente istante di presentare una richiesta di parere relativa a tutti i tributi connessi o collegati all’operazione rappresentata; ciò posto, nell’istanza il contribuente è tenuto ad indicare il settore impositivo in relazione al quale il parere viene richiesto, specificando le norme che ritiene applicabili (comprese quelle che lo stesso ipotizza passibili di abuso in relazione all’operazione rappresentata).

Nei casi in cui non sia possibile desumere direttamente o attraverso i riferimenti normativi richiamati dal contribuente il settore impositivo o i settori impositivi cui si riferisce l’istanza di interpello, questa deve ritenersi inammissibile poiché non sufficientemente circostanziata nella definizione della fattispecie concreta in relazione alla quale il parere è richiesto (cfr. la Circ. n. 32/E del 2010).

Va evidenziato che comunque la risposta dell’Amministrazione avrà effetti limitatamente al settore impositivo e alle norme invocati dal contribuente nell’istanza e sempre nei soli limiti delle fattispecie rappresentate e delle richieste formulate.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.